Bce: da Lagarde batosta hawkish sui tassi. In Germania l’attenti alle banche
Gli esponenti del Consiglio direttivo della Bce si sono trovati d’accordo a lasciare la porta aperta a un ulteriore rialzo dei tassi. E’ quanto emerge dalle minute diffuse dall’Eurotower, relative all’ultimo meeting del 26 ottobre quando la banca centrale, per la prima volta dopo dieci strette monetarie consecutive, ha fatto una pausa nel ciclo dei rialzi dei tassi.
La pubblicazione delle minute conferma quanto affermato negli ultimi giorni da alcuni esponenti hawkish dell’Eurotower e dalla stessa presidente Christine Lagarde.
In un intervento recente, Lagarde ha avvertito infatti che le condizioni non sono ancora tali da consentire alla Bce di cantare vittoria nella lotta lanciata contro l’inflazione.
Nel frattempo, dal paese che viene definito da alcuni esperti “the sick man of Europe”, ovvero dalla Germania, arriva l’alert sulle banche di casa.
E’ la stessa numero due della Bundesbank, banca centrale della Germania, Claudia Buch, ad avvertire che le banche tedesche più grandi, ovvero Deutsche Bank e Commerzbank, dovrebbero effettuare maggiori accantonamenti per far fronte a eventuali perdite sui crediti, dunque a crediti deteriorati o non performing loans (NPL), destinati a salire con l’aumento dei casi di default da parte di imprese e famiglie.
Bce: la Bce non esclude ulteriori rialzi dei tassi se necessario
Così si legge nelle minute della Banca centrale europea relative alla riunione del Consiglio direttivo della Bce del 26 ottobre scorso, nella sezione dedicata all’outlook sulla politica monetaria dell’Eurotower:
“Gli esponenti del Consiglio direttivo si sono trovati d’accordo sulla necessità di continuare a sottolineare la determinazione a fissare tassi, attraverso le loro decisioni future, che siano a livelli sufficientemente restrittivi per il tempo necessario a riportare l’inflazione al target in modo tempestivo. Alla luce dell’elevata incertezza e del rischio che si possano materializzare ulteriori shock dell’offerta, è stato ribadito l’approccio dipendente dai dati del Consiglio direttivo”.
Di conseguenza, “anche se i tassi di interesse sono stati lasciati invariati nel meeting attuale (della fine di ottobre), è stata rimarcato che il Consiglio direttivo si deve tenere pronto, sulla base delle valutazioni del momento, ad alzare ulteriormente i tassi di interesse, se necessario, anche se ciò non faceva parte dello scenario di base”.
Dai verbali emerge il timore che la Bce diventi troppo compiacente nei confronti di un’inflazione dell’area euro che, sebbene in discesa, rimane al di sopra del target del 2% fissato dalla banca centrale.
Di conseguenza, salta all’occhio anche la frase secondo cui “gli esponenti si sono mostrati favorevoli a lasciare la porta aperta a un altro possibile rialzo dei tassi, in linea con l’enfasi che il Consiglio direttivo pone sulla propria dipendenza dai dati”.
Bce: persistenza essenziale per riportare l’inflazione al 2% nel medio termine
Praticamente, “è stato ribadito che il Consiglio direttivo deve essere sia persistente che vigile. La persistenza è stata vista come essenziale per riportare l’inflazione al 2% nel medio termine. E questo significa far convergere anche la perseveranza e la pazienza, di fronte ai nuovi shock che potrebbero concretizzarsi. L’essere vigili comporta che, a fronte della conferma da parte del Consiglio direttivo dell’efficacia delle misure e del riconoscimento dei progressi che sono stati compiuti, si evitino l’eccesso di fiducia e la compiacenza, in vista di nuove sfide che potrebbero stagliarsi all’orizzonte prima che l’inflazione torni al target”.
Gli esponenti dell’Eurotower, si legge ancora nelle minute, si sono inoltre trovati d’accordo con la proposta del Comitato esecutivo di “continuare a essere flessibili a effettuare i reinvestimenti dei titoli in scadenza acquistati con il portafoglio PEPP”.
“C’è stato un ampio consenso sul fatto che continuare a portare avanti i reinvestimenti del PEPP fosse coerente con la decisione di ottobre di lasciare i tassi di interesse invariati, mentre un dibattito sull’eventualità di porre fine in anticipo ai reinvestimenti, nel meeting attuale, è stato considerato prematuro”, recitano i verbali.
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Per quanto riguarda l’inflazione, i banchieri dell’area euro hanno confermato che il “processo di disinflazione sta andando avanti in gran parte come da attese, riflettendo non solo i minori effetti derivanti da quei fattori esogeni che avevano spinto al rialzo l’inflazione, ma anche l’impatto della politica monetaria”.
E’ stato sottolineato che “l’inflazione headline si è evoluta come da attese, sebbene la crescita si sia dimostrata più debole delle previsioni, in parte a causa del concretizzarsi dei rischi al ribasso”.
Inoltre,”è stato notato che il rallentamento dell’attività economica ha riflettuto anche l’effetto depressivo dei rialzi dei tassi di interesse lanciati in passato“.
Detto questo, “è stato avvertito che la maggior parte degli effetti depressivi delle strette monetarie del passato sull’inflazione dovrà ancora manifestarsi nel corso dei prossimi due anni”.
Lagarde & Co. rimangono sull’attenti nei confronti dell’inflazione
Il messaggio contenuto nelle minute non sarà piaciuto sicuramente alla platea sempre più nutrita di chi chiede da un pezzo, a Lagarde, di fermare la corsa dei tassi.
D’altronde, la stessa presidente della Bce aveva affrontato il tema dei tagli ai tassi, indicando anche una possibile data.
La piaga da sconfiggere e da debellare per la Bce rimane l’inflazione, alle prese con due diversi rischi.
“Da un lato, rischi al rialzo sull’inflazione potrebbero arrivare da costi dei beni alimentari e da prezzi energetici più alti. L’escalation delle tensioni geopolitiche potrebbe far salire i prezzi energetici nel breve termine, rendendo più incerto l’outlook di medio termine”.
Citati anche il fattore delle condizioni meteo “estreme” e il rischio che “l’avverarsi di una crisi climatica più ampia possa far salire i prezzi dei beni alimentari più di quanto atteso”.
L’inflazione, ha avvertito ancora l’Eurotower, potrebbe essere sostenuta al rialzo anche dalla crescita delle aspettative sull’inflazione al di sopra del target dell’inflazione, o dagli aumenti più forti delle attese dei salari o dei margini di profitti, anche nel medio termine”.
“Dall’altro lato la domanda più debole – per esempio quella dovuta a una trasmissione più forte della politica monetaria o a un peggioramento del contesto economico nel resto del mondo, in una situazione di rischi geopolitici maggiori – potrebbe allentare le pressioni sui prezzi, soprattutto nel medio termine”.
Il punto è che la Bce parla di incertezza sia per quanto riguarda il trend dell’economia dell’area euro che, di conseguenza, di quello dell’inflazione.
Dalla Bundesbank l’alert NPL e default alle banche tedesche
A fronte di una Bce che non ha nessuna intenzione di abbassare la guardia contro l’inflazione, oggi si è messa in evidenza anche la tirata di orecchie che la Bundesbank ha dato alle banche tedesche.
La numero due della banca centrale tedesca Buch, in un’intervista rilasciata alla CNBC, da un lato ha ammesso che “il settore finanziario ha gestito molto bene l’aumento dei tassi di interesse”.
Allo stesso tempo, tuttavia, confermando quanto è emerso anche con le minute dell’Eurotower, “i pieni effetti non sono ancora visibili, dunque non si sono fatti ancora sentire sui bilanci delle banche, motivo per cui siamo cauti” verso il settore.
D’altronde, la recessione tecnica in cui è piombata la Germania rende più alto il rischio che le famiglie e le aziende non riescano a onorare i loro debiti e che, dunque, le banche non vedano più ripagare i prestiti che hanno erogato.
“La resilienza è davvero di somma importanza in questo momento – ha detto la vice presidente della Bundesbank – Le banche ora sono molto redditizie, e credo che sia positivo se ricorrano alla loro redditività per aumentare la loro resilienza, dunque dotarsi di livelli di capitali e di liquidità sufficienti, ma anche investire in IT per proteggersi contro i rischi cibernetici”.
Il monito è stato rivolto agli accantonamenti che le banche tedesche hanno effettuato per proteggersi contro eventuali perdite sui crediti che, evidentemente, secondo la stessa autorità teutonica non sono sufficienti:
“Gli accantonamenti sono aumentati un po’, ma se si fa un paragone con le medie storiche, si nota che i livelli sono ancora relativamente bassi”, ha detto Buch, invitando di conseguenza le banche tedesche a dotarsi di cuscinetti più pesanti per far fronte al rischio di una crescita degli NPL.