Notizie Notizie Mondo Giornata X per Fed, attenti a dot-plot. Intanto Trump studia la cacciata di Powell e sbraita contro Draghi

Giornata X per Fed, attenti a dot-plot. Intanto Trump studia la cacciata di Powell e sbraita contro Draghi

19 Giugno 2019 10:22

Maggior chiarezza sul trend che prenderanno i tassi sui fed funds Usa arriverà con la pubblicazione del dot-plot, il grafico da cui emerge il valore mediano che i tassi avranno alla fine dei prossimi tre anni, calcolato sulla base delle proiezioni dei membri del Fomc. Il dot-plot, reso noto ogni tre mesi – ricorda ING in una nota che affronta la correlazione tra il dot-plot e il dollaro – è osservato con attenzione dai partecipanti al mercato, essendo considerato uno strumento valido per valutare il timing e il grado di eventuali cambiamenti nella politica monetaria della Fed.

Oggi, giorno della Fed – nella serata italiana arriverà l’annuncio sui tassi di interesse – la trepidazione dei mercati è anche e forse soprattutto sul dot-plot. Cambierà rispetto a quello precedente? In un momento in cui si intensificano le speculazioni su imminenti tagli dei tassi di interesse, le aspettative ‘anonime’ dei 19 membri del Fomc includeranno per caso anche una manovra di politica monetaria espansiva nel corso di quest’anno? Ancora, si chiedono gli analisti di ING, in che modo una eventuale modifica del dot-plot inciderebbe sulla performance del dollaro?

I tassi sui fed funds dovrebbero essere lasciati invariati nel range compreso tra il 2,25% e il 2,5% nella giornata di oggi, per poi essere tagliati, secondo le speculazioni dei mercati, in occasione della riunione di luglio. Nelle ultime settimane, si sono rafforzate anche le speculazioni su altri due tagli a settembre e ottobre.

Di conseguenza, “noi crediamo che il Fomc potrebbe rivedere il dot plot al ribasso di 75 punti base, cambiando le aspettative da quelle di un rialzo dei tassi nel 2019 a due tagli dei tassi. Una tale decisione – si legge nella nota di ING – potrebbe essere accompagnata da un comunicato, che potrebbe indicare l’intenzione della Fed di “monitorare attentamente il rischio”, rassicurando così i mercati sulla sua prontezza ad agire, nel caso in cui una eventuale escalation delle tensioni commerciali dovesse avere gravi conseguenze sull’economia”.

Un downgrade del dot-plot di una tale portata sarebbe il più forte dal 2012 –  continuano gli analisti – e potrebbe coprire la maggior parte di quei 120 punti base di differenza con i tassi OIS”.  Di conseguenza, “il segmento della curva a 1 e 2 anni rimarrebbe probabilmente sotto pressione, con il Dollar Index che potrebbe scendere dello 0,5%-1%” sulla scia della pubblicazione del (nuovo) dot-plot”.

Fed: Non solo dot-plot, rabbia Trump contro Powell

L’attenzione non è rivolta tuttavia ‘solo’ alle nuove previsioni dei membri del Fomc. Nelle ultime ore si sta parlando molto di Fed non solo riguardo al contenuto dell’annuncio di oggi, ma ancora di più, forse, per l’ennesima minaccia di Donald Trump contro Jerome Powell.

Bloomberg ha riportato le indiscrezioni shock, secondo cui il presidente americano, stremato dall’atteggiamento del banchiere, che finora ha fatto orecchie da mercante ai suoi rimproveri, avrebbe consultato il personale legale della Casa Bianca per verificare se esistano le basi per rimuovere Jerome Powell dall’incarico di presidente della Federal Reserve.

Le consultazioni sarebbero avvenute negli ultimi giorni, con Trump che, sempre più frustrato dal mancato taglio dei tassi che auspica da tempo, avrebbe parlato in privato con alcuni consulenti per capire come mandare a casa il numero uno della Fed. I legali avrebbero però avvertito il presidente sul fatto che una decisione del genere potrebbe confermarsi disastrosa, in quanto innescherebbe preoccupazioni tra gli investitori, inficiando l’indipendenza della Federal Reserve.

Nella giornata di domenica, intervistato dall’ABC, Trump è tornato a puntare il dito contro il Powell: “Francamente, credo che se avessimo avuto un altro presidente alla Fed che non avesse alzato i tassi di interesse così tanto, saremmo cresciuti almeno di un punto e mezzo in più”, ha detto, riferendosi alla crescita del Pil Usa nel primo trimestre dell’anno, che è stata pari a +3,2%.

“Sono totalmente contrario a ciò che ha fatto, non sono contento di come ha agito e “sarebbe sciocco” procedere a un altro rialzo dei tassi, ha insistito Trump.

Alla domanda poi dei giornalisti, che ieri lo hanno interrogato di nuovo sulla possibilità che dia il benservito a Powell, il presidente ha poi risposto: “Vediamo cosa farà”.

Fed: gli affondi di Trump contro Powell e anche Draghi

Trump continua a portare avanti la sua crociata contro la politica monetaria restrittiva della Federal Reserve che, in realtà, è in pausa da qualche mese.

L’ultima volta in cui i tassi Usa  sono stati alzati è stato nel dicembre del 2018, quando il costo del denaro è stato alzato al range attuale compreso tra il 2,25% e il 2,5%.

Il presidente, tutto concentrato sull’Election Day e dunque sull’obiettivo di presentare agli elettori il pacchetto di un’economia cresciuta sotto il suo mandato – ritiene che i sette rialzi dei tassi di interesse che hanno interessato il 2017 e il 2018 – dai livelli attorno allo zero a cui erano stati abbassati dopo la crisi finanziaria – abbiano frenato l’espansione americana.

In realtà, Jerome Powell ha fatto dietrofront rispetto al percorso rialzista dei tassi, tanto che qualcuno, già all’inizio del 2019, aveva pronosticato una strategia wait-and-see versione Greenspan negli anni ’90. Finora il numero uno della Fed non si è fatto mai condizionare dalle minacce, ricatti e affondi vari di Trump. In un’occasione, anzi, Powell ha anche umiliato il presidente : è stato a dicembre quando, in concomitanza con il rialzo dei tassi, ha mostrato la determinazione ad andare avanti con le strette monetarie anche nel 2019.

Ma già allora i mercati avevano previsto come alla fine il timoniere della Fed sarebbe stato costretto a tagliarli, invece che ad alzarli i tassi, inginocchiandosi non tanto ai voleri di Trump, ma a quelli dell’economia.

Gli attacchi di Trump continuano da mesi.

Lo scorso ottobre, il presidente veva confidato che forse era “troppo presto per dirlo, ma probabilmente” avrebbe rimpianto la decisione di aver nominato Powell numero uno della Fed. “Ogni volta che facciamo qualcosa di straordinario, lui alza i tassi di interesse – si era sfogato -“E’ come se alzare i tassi lo rendesse felice”.

Ma i suoi appelli sono stati sempre ignorati, come quando la Fed ha  snobbato  l’invito a tagliare il costo del denaro di ben l’1% e a reintrodurrre, anche, il Quantitative easing.

Trump aveva fatto anche notare che, “se (Powell) avesse fatto bene il suo lavoro, e non lo ha fatto, la Borsa sarebbe salita da 5.000 a 10.000 punti in più, e il pil sarebbe ben oltre il 4% invece del 3%…con quasi zero inflazione”. In quell’occasione il presidente americano aveva definito la politica di strette monetarie “killer” e la carrellata di critiche aveva messo in allerta anche Mario Draghi, preoccupato per l’indipendenza della Fed.

Tra le espressioni forse più colorite di Trump contro Powell, c’è anche quella con cui ha detto che la Federal Reserve stava andando “loco” (Esattamente “is going loco”, ovvero impazzendo. Loco significa pazzo in spagnolo).

Nelle ultime ore Trump ha attaccato tra l’altro anche la Bce di Mario Draghi dopo che quest’ultimo, nel discorso di apertura del Forum delle banche centrali a Sintra, in Portogallo, ha mostrato la sua natura dovish, in stile Whatever It Takes, provocando un calo dell’euro. Calo che non è piaciuto affatto al presidente americano, che ha tuonato:

“Mario Draghi ha appena annunciato che potrebbero arrivare ulteriori stimoli, facendo immediatamente cadere l’euro contro il dollaro e rendendo ingiustamente più facile per loro competere contro gli Stati Uniti”. “Sono anni che fa così – ha attaccato Trump – allo stesso modo di Cina e altri”.