Powell umilia Trump e Wall Street ma rischia di fallire. Mercati scommettono su tagli tassi 2020
Che Jerome Powell avrebbe deciso di alzare i tassi di interesse Usa, snobbando qualsiasi appello o monito di Donald Trump, i mercati finanziari se lo aspettavano: la sorpresa negativa è arrivata, più che altro, con le dichiarazioni sul Quantitative Tightening e con la determinazione ad andare avanti con le strette monetarie anche nel 2019.
Nel parlare della necessità di normalizzare il bilancio della Federal Reserve – che per anni, con il Quantitative easing, ha svolto la funzione di ‘aspirapolvere’ , aspirando i vari asset tossici e illiquidi che facevano solo danni al sistema finanziario, Powell ha sottolineato di non ritenere che il Quantitative Tightening sarà un problema.
Continuerà così il programma con cui la Fed si libererà di tutti quegli asset che hanno ingolfato il suo bilancio negli anni precedenti.
Le parole di Jerome Powell non sono state affatto apprezzate dai mercati che, non magari per questo meeting, ma per il 2019, avevano sperato che l’istituzione avrebbe messo il freno. In realtà, un freno è stato messo: dal dot plot che mostra le stime della stessa Banca centrale sul trend dei tassi, emerge ora che la Fed prevede non più tre strette monetarie, ma due, dopo aver alzato i tassi per ben quattro volte nel 2018. Evidentemente non basta.
Soprattutto se si considera che, contestualmente al rialzo dei tassi, la Fed ha tagliato le stime sulla crescita del Pil e dell’inflazione Usa, per il 2018 e il 2019.
Viene di conseguenza in mente quanto detto giorni fa dal premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, riferendosi alla tensione tra Trump e Powell:
“Mi trovo nella posizione peculiare di pensare che la Fed non debba alzare i tassi, ma non debba ascoltare neanche il presidente, e questa è una posizione difficile. Ci sono ragioni piuttosto buone per non alzare i tassi ora. Ma se la Fed non alzerà i tassi in questo meeting, darà l’impressione di poter essere bullizzata”.
E di fatto gli attacchi di Donald Trump vanno avanti ormai da mesi: l’ultimo è arrivato proprio poco prima della riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria, di nuovo con un tweet-minaccia, con cui il presidente americano ha consigliato a Powell & Co di leggere l’articolo sulla Fed del Wall Street Journal Editorial:
I hope the people over at the Fed will read today’s Wall Street Journal Editorial before they make yet another mistake. Also, don’t let the market become any more illiquid than it already is. Stop with the 50 B’s. Feel the market, don’t just go by meaningless numbers. Good luck!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) December 18, 2018
Fa riflettere a tal proposito l’articolo del Wall Street Journal, che aveva invitato la Fed a riconsiderare vivamente l’ipotesi di nuove strette.
Mercati; Powell fallirà e sarà costretto a taglio tassi
Ancora più scioccante, alla luce della decisione di Powell di alzare i tassi Usa al nuovo range compreso tra il 2% e il 2,25%, è il fatto che i mercati stiano scommettendo praticamente sul fallimento della strategia di Powell, dando ragione dunque implicitamente a Donald Trump e ai suoi appelli a fermare il percorso restrittivo imboccato dalla politica monetaria Usa.
Guardando al grafico, si nota infatti come i mercati ora prevedano TAGLI (dunque non rialzi, ma tagli dei tassi, dunque un dietrofront plateale della Fed) di ben 18 punti base nel 2020.
E mentre la situazione a Wall Street si fa sempre più pesante, con il 2018 che si conferma l’anno peggiore dal 2008, il trimestre in corso che è il peggiore dal quarto trimestre del 2008, e il mese di dicembre che è il peggiore dal 1931 Scott Minerd, socio fondatore presso Guggenheim Partners, lancia un avvertimento altrettanto shock: “Questo sell off rischia di diventare un problema sistemico”.
Tra gli analisti che hanno commentato la mossa Fed, occhio al commento di Antoine Lesné, responsabile strategia e ricerca EMEA di SPDR ETFs di State Street:
“Come ampiamente atteso, la Fed ha aumentato nuovamente i tassi per il 2018, portando gli short rate vicini al tasso neutro. Nonostante le pressioni politiche, il calo del momentum dell’economica globale e la scarsa pressione inflazionistica, le condizioni erano sufficienti per continuare ad alzare i tassi in maniera automatica. Tuttavia, questo scenario rende le prossime mosse della Fed potenzialmente più complicate, in quanto il mercato ha recentemente iniziato a incorporare un solo incremento nel 2019. È probabile che la Banca Centrale continui ad adottare un atteggiamento prudente e la guidance diventi ancora più dipendente dai dati. Dato il contesto attuale, i rendimenti potrebbero rimanere intorno ai livelli registrati recentemente e il dollaro potrebbe ridurre la sua forza”.
Così, inoltre, Alessandro Balsotti, Strategist e Gestore del JCI FX Macro Fund:
“La maggior parte dei temi trattati da Powell sono apparsi assolutamente in linea con le attese: a) forte focus sulla data dependency, ovvero la volontà di essere più flessibili nel plasmare la politica monetaria in base alle evidenze macroeconomiche relativamente alle proprie previsioni; b) consapevolezza dell’incertezza sul percorso futuro dei tassi; c) constatazione che la mancanza di vibranti pulsioni inflattive concede la possibilità di essere ‘pazienti’ nella conduzione della politica monetaria. Due gli elementi che possono invece aver deluso e un po’ infastidito il mercato, mostrando un governatore più ‘falco’ delle attese, soprattutto il secondo: a) l’ammissione che la politica monetaria non è da considerarsi allo stato attuale come ‘restrictive’ (precisando che non ha necessità di esserlo), il che implica a parità di condizioni più spazio per ulteriori rialzi; b) il punto di vista che finora le condizioni finanziarie siano peggiorate solo “a little bit”, probabilmente non quello che gli investitori vogliono sentirsi dire con Wall Street a ben più del 10% di distanza dai massimi. Anche la constatazione che la riduzione dello stato patrimoniale sta procedendo senza problemi e che tale riduzione sia al momento da considerarsi “small” vanno nella stessa direzione, non troppo rassicurante per chi vorrebbe una Powell put a rinverdire i fasti delle Bernanke e Yellen put del passato: quella di un governatore ancora lontano da entrare in panic mode sui ribassi di Wall Street”.
In panic-mode ci stanno andando invece le borse, se si considera la pessima reazione di Wall Street – con i tre principali indici S&P 500, Nasdaq e Dow Jones precipitati ai nuovi minimi dell’anno – , della borsa di Tokyo, che ha chiuso in calo del 3% circa, dell’azionario dell’area Asia-Pacifico in generale e ora delle borse europee e, in particolare, di Piazza Affari.