Trump vuole taglio tassi 1% e QE. Ma Fed Jerome Powell lo snobba ancora
Ormai non c’è più alcun dubbio sul fatto che Jerome Powell, il numero uno della Federal Reserve scelto tra l’altro dallo stesso Donald Trump, stia mettendo a dura prova la pazienza del presidente americano.
Snobbando il pieno l’appello di Trump, che il giorno prima aveva invitato la Fed a tagliare il costo del denaro di ben l’1% e a reintrodurrre, anche, il Quantitative easing, a seguito dell’annuncio relativo alla decisione della banca centrale di lasciare i tassi sui fed funds invariati nel range compreso tra il 2,25% e il 2,5%, Jerome Powell ha proferito una frase che ha freddato i mercati, Wall Street in primis.
Il timoniere della Fed ha detto praticamente che è possibile che le pressioni inflazionistiche stiano scontando “fattori transitori”, aggiungendo che l’inflazione, di conseguenza, dovrebbe tornare a centrare il target desiderato nel corso del tempo.
“Il nostro sospetto è che si stiano dispiegando fattori transitori” che fanno pressione sull’inflazione, ha affermato Jerome Powell, lasciando intendere che il recente indebolimento dell’inflazione – quella misurata dall’indice core PCE, attentamente monitorato dalla Fed – ad appena l’1,6%, rispetto al target del 2% della Fed – per ora non lo preoccupa, e che dunque non è impellente al momento la necessità di tornare a una politica monetaria espansiva.
Powell ha così deciso di non accontentare, oltre che Trump, neanche i mercati. I futures sui fed funds scommettevano infatti, ormai, su un taglio dei tassi di 25 punti base entro il mese di dicembre.
La reazione dei mercati alle parole di Jerome Powell è stata immediata, con i tassi sui Treasuries Usa a due anni balzati al 2,30%, rispetto al 2,20% precedente il comunicato della Fed.
Negativa la reazione di Wall Street, con il Dow Jones che ha chiuso la sessione cedendo più di 160 punti, a 26.430,14 punti, il Nasdaq Composite sceso dello 0,6% a 8.049,64 punti e lo S&P 500 che ha riportato la sessione peggiore dallo scorso 22 marzo, scendendo dello 0,8% a 2.923,73 punti.
Certo, il presidente della Fed non ha fatto finta di nulla.
“Nel caso in cui dovessimo assistere a un’inflazione che scendesse in modo persistente, allora la commissione se ne preoccuperebbe e ne prenderebbe atto nelle sue decisioni di politica monetaria”.
Outlook dopo annunci Fed di Jerome Powell
Così Margaret Yang, Market Analyst presso CMC Markets a Singapore, ha commentato gli annunci arrivati dalla Fed e da Powell nella giornata di ieri:
“Il dollar index è rimbalzato bruscamente durante la notte in seguito ad un ottimistico report sull’occupazione del settore privato diffuso da ADP e ai commenti del presidente della Fed Powell, secondo cui non vi è alcun pregiudizio a stringere o alleggerire nel breve termine. Ciò ha attenuato le aspettative per un taglio dei tassi. La Fed vede anche la bassa inflazione come una situazione temporanea, che potrebbe aprire la strada a un tono più aggressivo nei mesi a venire, se il mercato del lavoro e l’inflazione aumentassero. Il rendimento dei titoli del Tesoro USA a 10 anni è balzato di 6 punti base al 2,51% dopo la riunione del FOMC e i mercati azionari statunitensi hanno subìto un ampio selloff mentre gli investitori hanno riadattato le loro aspettative in termini di tagli dei tassi”.
Occhio alle reazioni presenti sul mercato derl forex, con il rapporto euro-dollaro che “è tornato indietro all’area 1,120 dal picco della scorsa notte a 1,126. Lo scenario a medio termine rimane ribassista per l’euro poiché ha formato “massimi decrescenti” consecutivi e “minimi decrescenti” contro il biglietto verde. Il supporto immediato e il livello di resistenza possono essere trovati rispettivamente a 1,115 e 1,123″.
Yang, nel parlare del rafforzamento del dollaro, ha parlato anche del cambio dollaro australiano -dollaro, “sceso a 0,7018 questa mattina, scambiando appena sopra un livello di supporto chiave a 0,700″.
Quali saranno a questo punto gli effetti della view meno dovish e più hawkish, ovvero più da falco, della Federal Reserve?
“Il dollaro più forte e una prospettiva da falco nel commento della Fed probabilmente eserciteranno pressione sugli asset dei mercati emergenti asiatici, compresi titoli azionari, obbligazioni e tassi di cambio. Dopo un inizio forte all’inizio dell’anno, i mercati azionari di tutto il mondo stanno assistendo a una crescente probabilità di una correzione tecnica. L’indice Hang Seng non è riuscito a superare un livello di resistenza chiave a circa 30.000 punti e da quel momento è entrato in una fase di consolidamento. Un pullback più profondo da qui potrebbe vedere i livelli di supporto rispettivamente a 29.000 e 28300 (38.2% di Fibonacci Retracement). Il mercato cinese è chiuso per la “settimana d’oro 5.1″ e riprenderà gli scambi solo il prossimo lunedì”.
A dire la sua dopo gli annunci della Fed di Jerome Powell anche David Madden, analista di mercato presso CMC Markets UK, che ha presentato l’outlook sui principali rapporti di cambio, descrivendone la recente performance:
EUR/USD – ha ampiamente spinto al ribasso dall’inizio di gennaio e se la mossa negativa continuasse potrebbe mirare all’area di 1.1000. La resistenza potrebbe essere trovata a 1.3220.
GBP/USD – ha spinto al rialzo dall’inizio di dicembre, e se si mantenesse al di sopra della media mobile a 200 giorni a 1,2964, potrebbe mettere nel mirino l’area di 1,3200. Una mossa al ribasso potrebbe ritestare la regione di 1.2775.
EUR/GBP – finchè il prezzo resta al di sotto della media mobile a 200 giorni a 0,8813, le sue prospettive sono probabilmente negative. 0.8471 potrebbe fungere da supporto. Un rally potrebbe incontrare resistenza a 0.8800.
USD/JPY – è stato in gran parte spinto al rialzo per tutto il 2019 e una rottura sopra l’area 112.00 potrebbe portare in gioco 113,70. L’area di 110,77 – corrispondente alla media mobile a 100 giorni, potrebbe fornire supporto.