Draghi lancia allarme per indipendenza Fed a rischio, ma Trump continua a tuonare contro Powell
I continui interventi del presidente Donald Trump contro la Federal Reserve preoccupano le banche centrali degli altri paesi. Durante la conferenza stampa tenuta al termine dei lavori dell’Fmi e del G20 a Washington, il capo della banca centrale europea Mario Draghi si è detto preoccupato dell’ingerenza della politica nelle scelte degli istituti monetari.
La nomina da parte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di due candidati controversi al consiglio della Fed, tali Herman Cain e Stephen Moore, nonché le insistenti richieste di tagli dei tassi hanno sollevato anche in Mario Draghi il timore dell’interferenza del governo, sfidando un principio fondamentale della moderna banca centrale. “Sono certamente preoccupato per l’indipendenza della banca centrale in altri paesi, in particolare … nella giurisdizione più importante del mondo”, ha detto Draghi a proposito degli Stati Uniti. “Se la banca centrale non è indipendente, allora le persone potrebbero pensare che le decisioni di politica monetaria seguano un consiglio politico piuttosto che una valutazione obiettiva delle prospettive economiche”, ha detto in una conferenza stampa.
I governi dalla Turchia all’India e fino agli Stati Uniti negli ultimi mesi hanno esercitato pressioni crescenti sulle loro banche centrali, accendendo un dibattito sul valore dell’indipendenza. In Turchia, il presidente Erdogan si è scagliato contro il governatore dichiarandosi “nemico dei tassi d’interesse”. Così l’India ha cambiato tre governatori in tre anni. Ma c’è chi sostiene che la politica monetaria oggigiorno prende decisioni sempre più politiche e quindi richiede un maggiore controllo politico.
“Entro il (loro) mandato, tuttavia, le banche centrali dovrebbero essere lasciate libere di scegliere quale sia il modo migliore per rispettarlo”, ha detto Draghi. “Perché se non lasci che siano libere, allora non sono responsabili. Questa è la struttura del sistema bancario centrale sin dagli anni ’80 in tutto il mondo”. Tuttavia, Draghi sostiene di non vedere minacce simili all’indipendenza della BCE date le garanzie legali. Non è la prima volta che Draghi lancia questo richiamo condiviso anche dal capoeconomista del Fondo monetario internazionale, Gita Gopinath, secondo la quale se le pressioni politiche dovessero diventare fortissime, diventerebbero un fattore di rischio sulle prospettive di ripresa dell’economia globale.
Ma Trump continua i suoi attaci
“Se avesse fatto bene il suo lavoro, e non lo ha fatto, la Borsa sarebbe salita da 5.000 a 10.000 punti in più, e il pil sarebbe ben oltre il 4% invece del 3%…con quasi zero inflazione”. Il presidente americano definisce quindi la politica di stretta monetaria “killer”: “Si sarebbe dovuto fare esattamente l’opposto”, cioè tenere bassi i tassi. Un nuovo duro attacco del presidente contro la banca centrale americana, l’ennesimo visto che già in numerose altre occasioni Trump non ha mai fatti tesoro delle sue avversità nei confronti delle decisioni del governatore Jerome Powell.
Pochi giorni fa il tycoon alla guida della Casa Bianca aveva sostenuto che “la Fed dovrebbe smetterla di alzare i tassi” con la scusa che l’economia fa molto forte e “dovrebbe interrompere i piani di Quantitative Tightening”. Tutte accuse che preoccupano dall’altra parte del mondo un altro governatore, Mario Draghi a capo della Bce.