Bce e tassi: Lagarde sarà costretta ad ascoltare l’Italia
Alla fine, sui tassi, la Bce sarà costretta ad ascoltare l’Italia. Mentre non si placano, in Italia, le polemiche contro i rialzi dei tassi anti-inflazione che la banca centrale ha tutta la determinazione a portare avanti, Bloomberg pubblica i risultati di un sondaggio che sancisce il dietrofront che, secondo la platea degli economisti intervistati, Lagarde & Co saranno costretti a fare.
I tassi dell’area euro – emerge dal sondaggio – saranno alzati fino al picco del 3,25%, rispetto al livello attuale del 2%, a cui sono stati alzati lo scorso 15 dicembre.
Saranno tre le strette che porteranno il costo dell’Eurozona al 3,25%:
gli economisti stimano due rialzi dei tassi, ciascuno di 50 punti base, nei meeting del Consiglio direttivo della Bce previsti per i mesi di gennaio e di febbraio, seguiti da una nuova mossa di 25 punti base nella riunione di maggio o di giugno.
Poi tutta la determinazione di Christine Lagarde, aggiungono gli economisti, si frantumerà già all’inizio del terzo trimestre, quando la Banca centrale europea dovrà tagliare i tassi, riportandoli subito al 3%.
Tassi terminali Bce: la view degli investitori
Questo outlook, precisa Bloomberg, contrasta con la view dell’Eurotower:
la maggior parte degli esponenti del Consiglio direttivo prevede infatti che, una volta raggiunto il picco, i tassi saranno lasciati invariati per un po’ di tempo. La prospettiva di un taglio ai tassi non è stata di fatto neanche ventilata da Francoforte.
Dal canto loro, scrive Bloomberg, gli investitori scommettono su un tasso sui depositi terminale ancora più elevato, in rialzo fino al 3,5% o anche oltre, stando a quanto emerso dall’ultimo sondaggio di MLIV Pulse.
Nell’Eurozona, l’inflazione sta moderando il passo, almeno in base a quanto emerge dalla lettura preliminare diffusa dall’Eurostat, che ha indicato che, alla fine di dicembre, la crescita del tasso di inflazione è rallentata al 9,2% su base annua, rispetto al 10,1% di novembre, grazie al forte calo dei prezzi del gas, che sono tornati al livello precedente la guerra in Ucraina.
Guardando in avanti, gli economisti intervistati da Bloomberg prevedono che l’inflazione core – quella depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici ed alimentari – testerà il picco, in media del 5,1%, nel corso di questo primo trimestre del 2023, prima di fare dietrofront e scendere al 3,5% negli ultimi tre mesi del 2023.
L’inflazione headline è attesa rallentare dall’8,5% del quarto trimestre del 2022 al 3,7%.
Va detto che, subito dopo l’ultimo rialzo dei tassi annunciato lo scorso 15 dicembre, e a dispetto dei vari alert che sono arrivati da più parti soprattutto in Italia (da alcuni stessi esponenti del governo Meloni, vedi ministro della Difesa e dal ministro delle Infrastrutture ovvero Guido Crosetto e Matteo Salvini) , la Banca centrale europea ha continuato a ribadire fino a pochi giorni fa l’intenzione di andare dritta per la sua strada, auspicando tra l’altro che i governi dell’area euro non esagerino con gli aiuti per blindare le famiglie e le imprese dall’incubo del caro-energia.
Altolà alla Bce da Antonio Patuelli, numero uno ABI
Nelle ultime ore, a rincarare la dose contro la Bce è stato Antonio Patuelli, numero uno dell’Abi, Associazione bancaria italia. L’altolà a Christine Lagarde è più che chiaro.
“La Bce smetta di alzare i tassi, dobbiamo evitare la recessione“, è il titolo dell’articolo de La Stampa, che ha intervistato il numero uno dell’Associazione bancaria italiana.
Patuelli ha lanciato un avvertimento sugli effetti che ulteriori strette monetarie hanno sul debito pubblico, in particolare dell’Italia.
“Tutte le volte che aumentano i tassi della Bce cresce l’aggravio per il servizio del debito pubblico. E quest’anno si stimano emissioni a medio-lungo termine per 310-320 miliardi di euro. Per l’Italia vuol dire appesantire i conti pubblici, senza contare le ripercussioni su famiglie e imprese”.
Patuelli ha messo in evidenza l’approccio diverso nei confronti dell’inflazione tra i paesi del Nord come la Germania e quelli del Sud come l’Italia, ricordando che “i paesi nordici non sono abituati ad alte inflazioni, la Germania, dopo Weimar, ne ha un ricordo traumatico. Al contrario, i paesi del Sud come l’Italia o la Francia ne hanno maggior consuetudine”.
Per Patuelli, la prospettiva di una recessione “si può e si deve evitare, sostenendo lo sviluppo, ponderando molto bene le politiche monetarie e dosando queste ultime con molta attenzione”.
Il numero uno dell’ABI ha ricordato anche che ulteriori strette monetarie da parte di Christine Lagarde rischierebbero di far balzare gli NPL, ovvero i crediti deteriorati:
“Per le banche significa accantonamenti, cessioni, perdite. Pensi ai portafogli di titoli pubblici in mano alle banche: anche qui ci sarebbero minusvalenze con impatti sugli indici patrimoniali e conseguentemente con la necessità, già raccomandata dalle autorità di vigilanza europee e nazionali, di accantonare a riserva ulteriori utili”. Qualcosa che tra l’altro sta già accadendo negli Stati Uniti, come ha dimostrato la trimestrale di JP Morgan.
Un attenti al rischio NPL è stato lanciato negli ultimi giorni anche da Massimo Doris, numero uno di Banca Mediolanum :
Riferendosi alle mosse della Bce, Doris ha sottolineato che l’aumento dei tassi “è un’opportunità per i conti” delle banche ma, anche, che “la grana NPL (crediti deteriorati), in caso di recessione non si può sottovalutare“.
Tornando a cosa farà la Bce di Lagarde, va detto che Bloomberg ha riportato in un altro articolo che, dal sondaggio lanciato da MLIV Pulse, è emerso che, contrariamente a quanto emerge dai commenti rilasciati da alcuni esponenti della Banca centrale, che hanno detto di sperare che il TPI – cosiddetto scudo anti spread – non venga attivato, alla fine il cosiddetto scudo anti-spread verrà lanciato. Proprio per salvare l’Italia.
“Credo che ci sia una probabilità non irrilevante che il TPI verrà utilizzato, se si pensa sia ai rialzi dei tassi (da parte della Bce) che alla massiccia offerta (emissioni di BTP & Co) – ha commentato Greg Peters, co-responsabile degli investimenti di PGIM Fixed Income – La Bce non può permettersi che lo spread italiano (spread BTP-Bund) esploda”.
Insomma, l’Italia sarà ascoltata. Oppure salvata.
Ma nulla è certo. Tanto che qualcuno ha anche spiegato il motivo per cui quello scudo anti-spread alla fine non potrebbe neanche essere attivato per l’Italia.