Bce, quanti tagli nel 2025? Le previsioni del mercato
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Dopo un ciclo di inasprimento durato poco più di un anno, seguito da nove mesi di stabilità, nel 2024 la Bce ha iniziato a tagliare i tassi di interesse. Tra luglio 2022 e settembre 2023 il costo del denaro è aumentato di 450 punti base; quest’anno, invece, sono state effettuate quattro riduzioni da 25 punti base nelle riunioni di giugno, settembre, ottobre e dicembre, per un allentamento complessivo di 100 bp. Ma quali sono le intenzioni dell’istituto guidato da Christine Lagarde per il 2025? Ecco le previsioni degli analisti, sulla base delle recenti indicazioni provenienti dall’agenda macro e dagli esponenti della banca centrale.
Il cambio di rotta della Bce a dicembre
A dicembre, la Bce ha abbassato nuovamente il costo del denaro dello 0,25%, portando il tasso sui depositi (il riferimento della politica monetaria) al 3,0%. Il Consiglio direttivo ha anche modificato il proprio linguaggio, abbandonando l’orientamento politico restrittivo che aveva contraddistinto le precedenti riunioni.
L’impegno a mantenere i tassi “su livelli sufficientemente restrittivi” è stato dunque tramutato in determinazione ad “assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sull’obiettivo del 2% a medio termine”.
In un recente intervento, Lagarde ha illustrato i motivi che hanno portato a questa svolta, pur sottolineando che il lavoro non è finito e che saranno necessari più progressi, soprattutto nell’inflazione dei servizi, per giustificare un’ulteriore normalizzazione della politica monetaria.
Attese mercati: due tagli a gennaio e marzo, 100 bp entro giugno
Subito dopo la riunione, tuttavia, sono circolate indiscrezioni sull’intenzione dei funzionari di effettuare altri due tagli dei tassi nei primi appuntamenti del 2025, in calendario a gennaio e marzo. Ciò, fermo restando l’approccio guidato dai dati e la volontà di non vincolarsi a un percorso predeterminato sui tassi.
I mercati scontano quattro tagli da 25 punti base in altrettante riunioni, fino a giugno. In tal caso, il tasso sui depositi scenderebbe dall’attuale 3,0% al 2,0%, un livello in linea con l’ipotetico tasso neutrale (che non stimola né frena l’economia), non determinabile a priori.
Il membro del Consiglio direttivo Villeroy ha supportato questa visione, affermando di essere sostanzialmente a suo agio con le previsioni dei mercati. Anche altri funzionari accomodanti (le cosiddette “colombe”) hanno sostenuto la necessità di abbassare i tassi, lasciando aperta la porta persino a tagli più aggressivi. È comunque probabile che la Bce mantenga il ritmo attuale di 25 bp, riservandosi la possibilità di una mossa da 50 bp solo in casi di emergenza.
Focus su crescita eurozona
Posto che l’inflazione si stabilizzi intorno al 2%, in linea con le proiezioni più recenti della Bce, uno dei motivi che potrebbe convincere la Bce ad accelerare con i tagli potrebbe essere un rapido deterioramento della crescita.
Le ultime stime economiche del Consiglio direttivo hanno rivisto al ribasso il Pil dell’eurozona allo 0,7% quest’anno e all’1,1% nel 2025. Gli ultimi indici Pmi, tuttavia, hanno dipinto un quadro leggermente migliore delle attese. L’attività economica complessiva si è quasi stabilizzata, grazie ad un miglioramento del settore terziario, mentre il manifatturiero continua a contrarsi.
Altri fattori da monitorare includono l’incertezza politica nelle due principali economie europee, Germania e Francia, e il potenziale impatto del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. L’eventuale implementazione delle politiche protezionistiche promesse dal presidente eletto rischierebbe infatti di frenare la crescita globale e avrebbe effetti ad oggi incerti sull’inflazione.