Tassi Bce, capoeconomista Lane apre a tagli ma con incognite inflazione e Trump
Se i tassi di interesse dovessero rimanere su livelli restrittivi troppo a lungo, l’economia dell’eurozona rischierebbe di frenare eccessivamente, determinando un rallentamento dell’inflazione sotto il target del 2%. A lanciare l’allarme è Philip Lane, capoeconomista della Bce, che prevede un graduale allentamento della politica monetaria e il raggiungimento di un nuovo equilibrio nel 2025, pur senza sbilanciarsi su tempistiche ed entità dei tagli. Nel frattempo, cresce l’attesa per i dati di venerdì sui prezzi al consumo della zona euro, dopo la sorpresa negativa sul fronte della crescita giunta dagli indici Pmi.
Lane: “Tassi non restrittivi per troppo tempo”
“Non ci impegniamo anticipatamente su un ritmo predeterminato, ma dovremo gradualmente ridurre i nostri tassi di interesse“, ha affermato Philip Lane in un’intervista al quotidiano economico francese Les Echos. “La politica monetaria non dovrebbe rimanere restrittiva per troppo tempo. Altrimenti, l’economia non crescerà a sufficienza e l’inflazione scenderà, credo, al di sotto dell’obiettivo”, ha aggiunto, ricalcando in parte le dichiarazioni della scorsa settimana del governatore di Bankitalia, Fabio panetta.
“Gran parte del tratto finale per riportare l’inflazione in maniera sostenibile al target del 2% verrà coperto l’anno prossimo. Penso quindi che, in assenza di nuovi shock, la politica restrittiva non sarà più necessaria e potremo raggiungere un nuovo equilibrio”.
Per Bce ancora lavoro da fare su inflazione
“Al momento, l’inflazione è vicina all’obiettivo, ma questo riflette principalmente una combinazione di prezzi energetici più bassi e un’inflazione dei servizi ancora elevata”, ha dichiarato il capoeconomista della Bce. “C’è ancora strada da percorrere, in termini di aggiustamento, affinché l’inflazione torni al livello desiderato in modo più sostenibile”.
Per quanto riguarda l’economia dell’area euro, nonostante i segnali di stagnazione nel quarto trimestre, secondo Lane “ci troviamo in una fase di ripresa ciclica. Quest’anno, stiamo assistendo a un miglioramento dei redditi delle famiglie, con salari che aumentano più rapidamente dell’inflazione in diversi paesi”, ha affermato. “Ci sono buone ragioni per credere che i consumi aumenteranno significativamente l’anno prossimo e nel 2026“.
Focus su inflazione dopo i Pmi
L’ultima riunione di quest’anno della Bce si terrà il prossimo 12 dicembre. In tale data, oltre a comunicare la decisione sui tassi, l’Eurotower diffonderà anche le proiezioni economiche aggiornate, elaborate sulla base dei dati aggiuntivi in uscita in queste settimane.
Venerdì sono stati pubblicati gli indici Pmi preliminari di novembre, da cui è emerso un quadro preoccupante sul fronte della crescita. Nel complesso, l’attività economica della regione ha segnalato una contrazione, con un deterioramento più marcato nel manifatturiero e il primo declino del settore terziario negli ultimi dieci mesi.
Ora l’attenzione è rivolta al rapporto di venerdì sui prezzi al consumo, che dovrebbe evidenziare un’accelerazione dell’inflazione headline al 2,3% su base annua (dal 2,0%) e un indice Cpi core in rialzo al 2,8% (dal 2,7%).
Le attese sulle manovre della Bce
Le previsioni del mercato in vista della riunione di dicembre propendono per un taglio dei tassi da 25 punti base, anche se le probabilità implicite di un intervento più deciso, da mezzo punto percentuale, sono aumentate dopo i Pmi di venerdì e si attestano attualmente intorno al 35%.
Tuttavia, l’aumento previsto dell’inflazione potrebbe suggerire una maggior cautela, avvalorando la tesi dei “falchi” del Consiglio direttivo.
Con Trump “molta incertezza”
Una delle questioni più spinose per le banche centrali riguarda il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare dal punto di vista commerciale. Il prossimo presidente, infatti, ha minacciato l’introduzione di dazi del 60% sulla Cina e fino al 20% per tutti gli altri. Le tariffe rischiano di danneggiare le esportazioni dell’eurozona, oltre a determinare pressioni al rialzo sui prezzi negli Usa e alimentare una divergenza di politica monetaria tra la Bce e la Fed.
“Qualsiasi aumento del protezionismo sarebbe negativo per l’economia globale”, afferma Lane. “La portata del problema dipenderà dal livello delle restrizioni e dalla velocità con cui verranno implementate. Se l’incremento delle tariffe sarà rapido e universale, le aziende europee avranno poco tempo per prepararsi e il rischio di interruzioni significative sarà molto elevato”. Ma anche in caso di applicazioni a pochi prodotti o di introduzione più lenta, Lane prevede “molta incertezza”, che “potrebbe scoraggiare gli investimenti in Europa e rendere i consumatori riluttanti a spendere”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il membro del Consiglio direttivo Francois Villeroy de Galhau, secondo il quale il ritorno di Trump ” significherà probabilmente più inflazione negli Stati Uniti e meno crescita ovunque”. In ogni caso, il funzionario ha precisato che “le decisioni prese dalla Bce rimangono indipendenti da quelle della Fed. Con il calo dell’inflazione e un aumento dei salari mediamente superiore a quello dei prezzi saremo in grado di continuare ad abbassare i tassi”.