Notizie Notizie Italia Bce non più credibile? BTP e spread snobbano Lagarde

Bce non più credibile? BTP e spread snobbano Lagarde

3 Febbraio 2023 15:59

Niente panico sui BTP, niente fiammata spread post annuncio tassi Bce e parole Lagarde. Che succede?

Perchè i mercati non si sono accaniti contro il debito italiano, visto che non solo l’Eurotower ha fatto orecchie da mercante, ma ha alzato i tassi di 50 punti base, praticamente promettendo poi di fare la stessa cosa a marzo?

La domanda è più che legittima, se si considera che la Bce di Lagarde è apparsa anche la più hawkish rispetto alle altre banche centrali che hanno dominato la scena ieri e l’altro ieri: la Bank of England e la Federal Reserve.

Altro motivo per cui l’interrogativo è spontaneo è il fatto che, se si fa qualche passo indietro nel tempo, torna subito in mente quel terribile BCE-Day del 15 dicembre del 2022, quando la determinazione di Lagarde a sconfiggere il balzo dell’inflazione in Eurozona mandò al tappeto i BTP, facendo volare i tassi oltre il livello di quelli dei bond della Grecia e facendo schizzare lo spread BTP-Bund,  fin oltre quota 200.

Bce: Lagarde falco, ma niente panico BTP-spread

E invece ieri niente di tutto questo: l’incubo tassi BTP e spread non si è ripresentato.

Le ragioni sono diverse e a fornirle sono stati nelle ultime ore economisti e opinionisti.

Ma in queste ore tutto sta per essere messo, di nuovo, in discussione. Chi è che sta prendendo o sta rischiando di prendere una cantonata: le banche centrali o i mercati?

Praticamente, chi ha una percezione distorta della realtà, le banche centrali o i mercati?

Pochi minuti fa è arrivato lo shock positivo del rapporto sull’occupazione Usa.

Probabilmente neanche la Fed di Jerome Powell avrebbe mai potuto immaginare la creazione di nuovi posti di lavoro, nel mese di gennaio, di ben 517.000 unità. E il calo del tasso di disoccupazione al 3,4%.

Altro che recessione: l’economia made in Usa sembra marciare a un ritmo decisamente più spedito di quanto paventato.

D’altronde, qualche giorno fa è stato lo stesso FMI-Fondo Monetario Internazionale a dover ammettere che la resilienza dell’economia (e si parla di quella globale) sta sorprendendo.

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Tornando alle questioni dell’Europa, più precisamente dell’Italia, lo spread BTP-Bund e i BTP stessi stanno dando una prova di forza altrettanto sorprendente.

Le parole proferite ieri dalla presidente della Bce Christine Lagarde non solo non hanno depresso la carta italiana, ma hanno innescato anche un rally (che ha interessato in generale il mercato del reddito fisso, made in Usa incluso).

Andrea Lisi di Equita SIM ha spiegato la reazione positiva dei mercati, facendo notare che, nel corso della conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi della Bce, “la Presidente Lagarde ha indicato che l’intenzione di un rialzo di 50bps nella prossima riunione non rappresenta un commitment assoluto e irrevocabile. Un fattore, questo, che avrebbe lasciato “spazio a possibili interpretazioni di un rallentamento della stretta monetaria”.

Non solo.

A proposito di BTP e del tanto paventato QT-Quantitative Tightening, Lisi ha ricordato che “il Consiglio direttivo ha definito le modalità di riduzione dei titoli nel quadro dell’APP (riduzione di 15bn al mese da inizio marzo a fine giugno, a cui seguirà una successiva rimodulazione nel corso del tempo)”, indicando che “i reinvestimenti parziali continueranno ad essere condotti in linea con la prassi attuale”.

Non per niente, segnala Andrea Lisi, “dopo le decisioni della politica monetaria, la curva forward dell’EUR 3M si è mossa al ribasso, proiettando per il 2023 un livello di tassi medio al 3.2% (circa -20bps rispetto al giorno precedente)”.

I mercati puntano su un dietrofront della Bce

A dare la sua interpretazione alle parole di Christine Lagarde è stato anche Jamie Niven, Senior Fund Manager di Candriam:

È evidente che il mercato si era posizionato per una BCE hawkish”.

Detto questo, nonostante le dichiarazioni esplicitamente da falco della banca centrale, con un ritorno alla forward guidance (nonostante si pensasse fosse stata abbandonata) e ‘l’intenzione’ di effettuare un altro rialzo da 50 pb a marzo, abbiamo assistito a un forte rally delle obbligazioni”. Inclusi, per l’appunto i BTP.

Il motivo?

“Ritengo che ci sia una buona possibilità di un errore di politica monetaria da parte della Bce. Sebbene l’inflazione sia ancora ben al di sopra dell’obiettivo e i dati sulla crescita siano inequivocabilmente più positivi rispetto a due mesi fa, con l’evoluzione dei prezzi del gas e la riapertura della Cina a portare venti favorevoli, il ciclo di rialzi dei tassi è stato aggressivo in Europa, persino più aggressivo della Fed in termini di ritmo di rialzi dei tassi, nonostante una data di inizio più tardiva. Il timore è che il ritardo nella trasmissione della politica monetaria provochi un indebolimento della crescita nella seconda metà del 2023. La reazione dei prezzi delle obbligazioni dopo l’annuncio della Bce suggerisce che il mercato tende ad essere d’accordo e non crede davvero che la Bce possa mantenere questo tono da falco più a lungo di quanto già previsto”.

Secondo Candriam, i rialzi sarebbero scattati semplicemente perchè, a dispetto di tutto l’impegno profuso dalla presidente della Bce nel cercare di convincere il mondo intero del fatto di non voler arretrare di fronte all’inflazione, il mercato ormai non crede alle sue parole.

Così come i mercati non crederebbero neanche più alla Fed di Jerome Powell.

Mercati alle banche centrali: non vi crediamo

A parlare di questo divorzio tra banche centrali e mercati è un articolo di Reuters, il cui titolo dice tutto:

“Markets to central bankers: we don’t believe you”.

Tradotto: “I mercati alle banche centrali: non vi crediamo”.

Le prove di questa sfiducia non mancano e sono tutte incise nel trend dei mercati, come si legge nell’analisi di Reuters.

“Nella giornata di mercoledì la Federal Reserve ha alzato i tassi sui fed funds di 25 punti base, portandoli al record dal 2007, proseguendo nella sua battaglia contro l’inflazione. Nonostante questo, l’indice S&P 500 ha testato il record degli ultimi cinque mesi, con i trader che credono fermamente che la banca centrale più influente al mondo cambierà presto la rotta”. E “i mercati dei bond governativi (Treasuries Usa) hanno continuato a prezzare la prospettiva di tagli ai tassi entro la fine dell’anno, con la virata del ciclo economico”.

In un certo senso, si può dire che l’assist a questa scommessa dovish è arrivato suo malgrado dallo stesso Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, che ha addirittura parlato di disinflazione.

Dopo la Fed e prima della Bce, è arrivato il turno della Bank of England, che ha alzato i tassi del Regno Unito di 50 punti base, al 4%, valore più alto degli ultimi 14 anni.

La BoE ha però anche scritto nel comunicato che “l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo a livello globale rimane elevata, sebbene è probabile che abbia testato il picco in molte economie avanzate, incluso il Regno Unito”.

La banca centrale britannica ha aggiunto che “i prezzi all’ingrosso del gas sono scesi di recenti, così come le interruzioni che hanno colpito le catena di approviggionamento sono in qualche modo rientrate a causa della domanda globale”.

Messa in evidenza la discrepanza tra mercati e banche centrali:

“Molte banche centrali hanno continuano ad alzare i tassi, sebbene il mercato prezzi una riduzione dei tassi andando più avanti”.

Infine, last but not least, è arrivata la Bce di Christine Lagarde.

Reuters scrive:

“In Europa, la Banca centrale europea ha annunciato un rialzo dei tassi di 50 punti base, promettendo di fare la stessa cosa a marzo e anche oltre. I mercati dell’area euro hanno segnato anch’essi un rally. L’indice Stoxx 600 ha testato il record dallo scorso aprile, i tassi dei Bund tedeschi sono scivolati di 23 punti base, riportando la flessione più forte in quasi un anno, a fronte del balzo dei loro prezzi. I tassi dei BTP hanno segnato il calo più forte in un giorno da quando la Bce ha varato le sue misure di emergenza durante la crisi del Covid-19 nel 2020″.

A spiegare la reazione dei mercati è stato  Salman Ahmed, responsabile della divisione macro globale e di strategic asset allocation presso Fidelity International.

Così Ahmed all’agenzia di stampa Reuters:

“I mercati stanno dicendo ‘Potete dire quello che volete ora, ma noi sappiamo che cambierete idea”.

A parlare a gran voce, nel post Fed, sono stati anche i Treasuries Usa, portando avanti un trend iniziato con il 2023.

Basti pensare che i rendimenti a 10 anni sono crollati YTD di 50 punti base attorno al 3,3%, dopo che erano schizzati di 236 punti base, nel corso del 2022.

Oggi i tassi dei BTP a 10 anni tornano a scattare, balzando di 10,5 punti base al 3,99% secondo le rilevazioni di Reuters.

Ma ieri gli stessi tassi sono crollati di 40,5 punti base, riportando il tonfo più significativo dal marzo del 2020, anno a cui si fa risalire l’inizio della pandemia Covid-19.

Il mercato sta cercando tutti i segnali che indichino un rallentamento dell’inflazione e la fine del ciclo dei rialzi dei tassi”, ha commentato Jan von Gerich, responsabile analista di Nordea, che ha aggiunto:

“Non credo che la reazione a cui abbiamo assistito ieri sia stata in linea con quello che la Bce intendeva comunicare, ma al momento il mercato prezza questo, e potrebbe continuare così nel breve periodo. Certo, ci potrebbe essere una certa delusione in avanti, in quanto le banche centrali potrebbero mostrarsi più hawkish di quanto i mercati stiano scommettendo in questo momento”.

Una reazione da ‘taglio dei tassi’

Occhio anche al commento di Gareth Jandrell, del team Public Fixed Income di M&G Investments:

“Come previsto, la Bce ha effettuato un altro rialzo di 50 pb. Inoltre, la Lagarde ha rivelato l’intenzione di effettuare un analogo rialzo a marzo. Il Consiglio direttivo è rimasto fermo nella sua dichiarazione di aumentare i tassi ‘in modo significativo’, ‘a un ritmo costante’ e ‘mantenendo i tassi di interesse a livelli restrittivi’. Si potrebbe quindi pensare che la Bce sia ancora su una traiettoria da falco. I mercati l’hanno pensata diversamente, reagendo come se la Bce avesse appena annunciato un taglio dei tassi, con un forte rally dei titoli obbligazionari della zona euro e un indebolimento dell’euro.

Jandrell ha spiegato così la reazione:

È chiaro che il mercato è alla disperata ricerca di un segnale che indichi che la Bce inizierà presto a rallentare il ritmo di inasprimento, quindi parte della reazione dovish potrebbe essere dovuta al posizionamento. Anche la Presidente Lagarde, che ha descritto i rischi di inflazione e crescita come più equilibrati, avrà dato fiducia agli investitori obbligazionari. Ciononostante, questo rally sembra prematuro: l’inflazione complessiva rimane molto lontana dall’obiettivo, l’inflazione di fondo non ha ancora registrato una riduzione significativa e, come abbiamo visto di recente in Spagna, l’inflazione di fondo può ancora sorprendere al rialzo”.

Per quanto riguarda la manovra anti-BTP e anti-titoli di stato dell’area euro, ovvero il Quantitative Tightening, l’esperto di M&G Investments ha così commentato:

Non c’è molto altro da aggiungere sul QT europeo rispetto a quanto già sentito nella riunione di dicembre, se non che i reinvestimenti saranno ampiamente proporzionali tra i portafogli APP e che i reinvestimenti del portafoglio di corporate bond della BCE (CSPP) saranno orientati verso gli emittenti con migliori credenziali climatiche”.

Il punto è che “non è ancora chiaro come verranno definite queste credenziali, in quanto saranno determinate da un mix di misure che vanno dalle emissioni assolute alle buone pratiche di rendicontazione”. Dunque, “sospetto che gli investitori si concentreranno su quali obbligazioni vengono acquistate e vendute dalla Bce ogni settimana per capire chi è sulla lista dei cattivi”.

Ma nella sessione di ieri, subito dopo l’annuncio della Bce, BTP e spread hanno fatto orecchie da mercante anche su tale questione.