Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Fed e tassi: e ora? Quella strana risposta di Powell

Fed e tassi: e ora? Quella strana risposta di Powell

2 Febbraio 2023 09:58

Tassi e inflazione in Usa: la Fed di Jerome Powell alza i tassi sui fed funds Usa per l’ottava volta da quando ha dato il via alle strette monetarie, nel marzo del 2022.

Il costo del denaro Usa viene alzato di 25 punti base al nuovo range compreso tra il 4,5% e il 4,75%, record dall’ottobre del 2007.

I mercati, si sa, guardano al futuro: Wall Street prima punta verso il basso dopo l’annuncio sui tassi, da cui emerge l’intenzione della banca centrale americana di continuare a rimanere sull‘attenti nei confronti dell’inflazione.

Tempo che Jerome Powell prende la parola in conferenza stampa, fino a concludere il suo discorso e a rispondere alle domande, e la borsa Usa punta verso l’alto.

Cosa ha detto il timoniere della Federal Reserve Jerome Powell?

E cosa emerge dal comunicato dello stesso Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed?

Nel comunicato si legge che l’inflazione “in qualche modo è rallentata, ma rimane elevata”: fattore che è stato confermato poi dallo stesso banchiere centrale:

“I dati sull’inflazione arrivati nel corso degli ultimi tre mesi mostrano una riduzione nel ritmo di crescita mensile” dell’inflazione, a cui si guarda con favore, sottolinea il banchiere.

Powell rimarca tuttavia che il lavoro della banca centrale Usa non è finito.

“Sebbene gli ultimi sviluppi siano incoraggianti, avremo bisogno in modo significativo di altre prove che ci permettano di credere che il trend al ribasso dell’inflazione sia sostenibile”.

La volontà e la determinazione di Powell contro l’inflazione sono rimaste dunque intatte.

Powell, la svolta c’è. Per la prima volta si parla di disinflazione

Eppure qualcosa è cambiato rispetto a un mese fa, ed é su questo qualcosa che trader e investitori decidono di scommettere, permettendo a Wall Street di incassare (a parte il trend anemico del Dow Jones), solidi rialzi.

Con tutta la cautela possibile, Jerome Powell ammette, di fatto, che “ora possiamo dire, credo per la prima volta, che il processo disinflazionistico sia iniziato”.

Certo, la precisazione arriva veloce come un lampo. Il banchiere centrale dice subito infatti che sarebbe “molto prematuro dichiarare vittoria” contro l’inflazione. E infatti, a dire le cose come stanno è il comunicato stesso del Fomc – il braccio di politica monetaria della Federal Reserve – in cui si legge che si intravede ancora la necessità di “ulteriori rialzi nel target range”.

Detto questo, nel comunicato qualcosa è cambiato: i funzionari della Fed hanno scritto infatti che determineranno “l’entità” delle prossime strette monetarie, sulla base di fattori come gli effetti prodotti dagli stessi rialzi dei tassi, il tempo necessario affinché la politica monetaria produca le sue conseguenze e lo sviluppo delle condizioni finanziarie ed economiche.

In precedenza, nel comunicato del Fomc si faceva riferimento al “ritmo” dei rialzi futuri dei tassi.

E questa modifica porta i trader e gli investitori a sperare che il Fomc, pur conservando i toni da falco, stia iniziando a valutare un percorso caratterizzato da strette monetarie della stessa portata di quella annunciata ieri, ovvero di 25 punti base, lasciandosi alle spalle quei maxi rialzi da 75 punti base che erano stati ripetutamente varati nel corso del 2022.

Ma c’è un’altra frase che rinfocola le scommesse su una Fed meno hawkish: “E’ possibile” che i tassi (terminali) rimangano al di sotto della soglia del 5%”.  E’ la risposta che Powell dà alla domanda che gli è stata posta da Steve Liesman della CNBC nel corso della conferenza stampa.

Dimenticatevi però almeno per ora la speranza che, in questo 2023, i tassi possano essere tagliati:

“Considerato il nostro outlook, non credo che taglieremo i tassi nel corso di quest’anno, se il nostro outlook si confermerà corretto”, ha detto il presidente della Fed, che ha risposto anche di “non essere preoccupato” del fatto che il mercato dei Treasuries stia prezzando un taglio dei tassi, andando ben oltre le aspettative della Banca centrale americana. Detto questo, “se assisteremo a un calo dell’inflazione molto più veloce (delle attese), è certo che ci saranno ripercussioni sulla nostra politica monetaria”.

Bloomberg presenta poi una frase che ha datto da assist ai mercati, LA frase.

Su questa si è soffermata un articolo , che ha messo in evidenza una sorta di ‘finta’ o chissà, forse di strategia, a cui Powell potrebbe aver deciso di ricorrere, per far rimanere aperte tutte le opzioni.

Per il secondo meeting consecutivo del Fomc, la prima domanda in assoluto che è stata rivolta al banchiere centrali è se
il rally dei mercati stia creando conzioni finanziarie più accomodanti che rischiano di ostacolare la lotta della Fed contro l’inflazione.

Powell: la strana risposta che legittima la febbre sui mercati

E per l’ennesima volta, Powell ha lanciato lo stesso messaggio:

“La nostra attenzione non è sui movimenti di breve termine, ma sui cambiamenti sostenibili”, ha risposto.

Questa risposta è stata commentata a Bloomberg TV da Jeffrey Rosenberg, analista di BlackRock:

“C’è una vera discrepanza tra quanto (Powell) ha detto, quanto è emerso dal comunicato, forse tra quanto Powell avrebbe voluto dire e quello che i mercati hanno deciso di sentire. Ma quello che i mercati hanno sicuramente sentito è questo conflitto tra l’allentamento delle condizioni finanziarie, e l’interrogativo (che persiste) se questo fattore sia destinato ad avere un impatto sulla politica monetaria. Lui (Powell) lo ha negato”.

E il fatto che la Fed non si stia opponendo, almeno formalmente, al rally dell’azionario Usa – particolarmente importante dall’inizio dell’anno – fa pensare che, probabilmente, Powell & Co non ritengano né le fiammate di buy che stanno interessando l’azionario e l’obbligazionario siano così fuori luogo, né che siano un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi.

Per i mercati, le parole significano in sintesi un via libera ai buy, il riconoscimento che la validità degli acquisti finora effettuati non è smentita dal contesto macroeconomico e del credito. E, in tempi di incertezza, sicuramente non è poco.

L’altra interpretazione è che Jerome Powell voglia lasciarsi tutte le opzioni aperte, proprio a causa di questa storica incertezza.

Così ha commentato intanto Laura Frost, Investment Director del Public Fixed Income Team di M&G Investments:

Ieri la Fed ha aumentato i tassi di 25 punti base, in linea con le aspettative del mercato. Non è stato tanto il rialzo a essere percepito come ‘morbido’, quanto la dichiarazione che ne è seguita. È chiaro che la Fed è ancora concentrata sull’inflazione, ma questa è la svolta più dovish che abbiamo visto dalla Fed nel 2018/19. È anche chiaro che siamo più vicini alla fine del ciclo dei rialzi, ma i dati sono divisi e il persistere di un mercato del lavoro forte fa sperare in un atterraggio morbido.

Frost ha continuato, ricordando che, negli Stati Uniti, “il rapporto tra posti di lavoro vacanti e disoccupati è salito a 1,9, segno di una continua forza del mercato del lavoro, con 11 milioni di posti vacanti. Se la Fed si basa davvero sui dati, allora la pubblicazione di venerdì della retribuzione media oraria e dell’inflazione sarà interessante se le cifre non mostreranno ciò che ci si aspetta. Ciò potrebbe costringere la Fed, ora accomodante, a riconsiderare il cambio di narrativa”.

Tra l’altro, “sebbene Powell abbia affermato che sono necessarie ‘prove sostanzialmente più evidenti che l’inflazione sia su un percorso duraturo di discesa ‘, non ha rigettato la possibilità di tagli di 50 pb verso la fine del 2023. Questi sono in effetti già prezzati dal mercato (insieme a un tasso terminale leggermente più basso, ora al 4,9%). A mio avviso, la Fed dovish fa disperare i mercati sul trade di duration e questo cambiamento nella narrativa generale potrebbe ricordarci – ancora una volta – di non andare contro la Fed”.