Wall Street: fari puntati sull’inflazione dopo occupazione Usa. Fed non esclude nuovo rialzo dei tassi
Wall Street con i piedi di piombo, in attesa dell’importante market mover di questa settimana, ovvero dell’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti relativo al mese di marzo, che sarà reso noto dopodomani, mercoledì 10 aprile.
Gli economisti prevedono un rialzo del dato, tra gli indicatori più importanti per monitorare il trend dell’inflazione, pari a +0,3% su base mensile e del 3,5% su base annua.
Wall Street appesa a dati macro e a dichiarazioni Fed
Il sentiment è incerto, dopo la pubblicazione del report occupazionale Usa di marzo, avvenuta venerdì scorso, che ha messo in evidenza la creazione di 303.000 nuovi posti di lavoro, ben al di sopra delle 200.000 nuove buste paga attese dagli economisti interpellati da Dow Jones, e un tasso di disoccupazione al 3,8%.
I salari orari sono saliti dello 0,3% su base mensile, segnando un rialzo pari a +4,1% su base annua. Numeri non proprio di un’economia che ha bisogno di una mano tesa dalla banca centrale per risollevarsi.
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L’attenzione degli operatori continua a essere rivolta sia ai dati macro Usa che alle dichiarazioni dei funzionari della Fed:
con una crescita economica che si conferma robusta, diversi esponenti della banca centrale americana guidata dal presidente Jerome Powell hanno avvertito la scorsa settimana che potrebbe essere troppo presto per tagliare i tassi sui fed funds, fattore che ha innescato immediatamente una forte corsa al rialzo dei tassi dei Treasury americani:
quelli decennali, in particolare, continuano oggi a viaggiare al record del 2024 e dalla fine di novembre, attorno al 4,434%, dopo essere schizzati di oltre 9 punti base venerdì scorso, a seguito dei dati positivi arrivati dal fronte del mercato del lavoro Usa.
Forte rialzo anche per i tassi dei Treasury a 2 anni, che venerdì scorso sono volati di oltre 10 punti base, fino al 4,75% e che oggi proseguono la marcia al rialzo, superando il 4,77%.
Per avere un’idea della fiammata dei rendimenti dei Treasury, basta tenere in considerazione che, soltanto nel corso della scorsa settimana, il balzo dei tassi decennali è stato di quasi 20 punti base.
Fed delusa dall’inflazione ammette: tassi potrebbero tornare a essere alzati
In evidenza venerdì scorso le dichiarazioni della governatrice della Fed Michelle Bowman, che ha fatto riferimento alla presenza di diversi rischi al rialzo per l’inflazione e che ha avvertito che, “sebbene non probabile, è possibile che la Fed debba alzare i tassi un’altra volta per raffreddare l’inflazione”.
“Non è ancora il momento per noi di considerare un taglio ai tassi”, ha detto Bowman, precisando che “ridurre i tassi troppo presto o troppo velocemente potrebbe far rimbalzare l’inflazione, rendendo necessari ulteriori rialzi, al fine di far tornare l’inflazione al target del 2% nel più lungo periodo”.
Dunque, “sebbene non sia il mio scenario di base, continuo a ritenere che ci sia il rischio di dover alzare ulteriormente i tassi, nel caso in cui i progressi compiuti dall’inflazione dovessero arrivare a una fase di stallo o, addirittura, fare passi indietro”.
Le dichiarazioni di Michelle Bowman si sono affiancate a quelle della presidente della Fed di Dallas Lorie Logan che, parlando sempre venerdì scorso, ha detto di credere che “sia davvero troppo presto” pensare all’eventualità di tagliare i tassi, mettendo in evidenza la “necessità che si dissolva ulteriormente l’incertezza sulla traiettoria dell’economia”.
Insomma: “il Fomc dovrebbe essere pronto a rispondere in modo appropriato alla possibilità che l’inflazione smetta di rallentare il passo”.
Anche Logan ha ammesso di “essere sempre più preoccupata dei rischi al rialzo per l’inflazione”.
Nei giorni precedenti, altre dichiarazioni hawkish erano arrivate da altri esponenti della Fed, in primis dal presidente della Fed di Minneapolis Neel Kashkari, che aveva addirittura ventilato la possibilità che, nel corso del 2024, non ci fosse neanche un taglio dei tassi da parte della banca centrale, riferendosi al trend dell’inflazione.
“Se continueremo ad assistere a una inflazione che si muoverà lateralmente, mi chiederò se davvero ci sia questo bisogno di tagliare i tassi”, ha detto Kashkari, sottolineando che l’economia è “molto resiliente”.
Ma Goldman Sachs ci crede ancora
Va detto tuttavia che le dichiarazioni di Kashkari non hanno fatto cambiare idea a Jan Hatzius, responsabile economista di Goldman Sachs, che ha detto di ritenere tuttora che la Fed annuncerà tre tagli di interesse quest’anno – outlook confermato tra l’altro dall’ultimo dot plot della Federal Reserve – aggiungendo che sarebbe “molto sorpreso” se la banca centrale americana reputasse non necessario avviare una sforbiciata al costo del denaro Usa nel corso del 2024.
Vale la pena sottolineare che, sebbene continuerà a condividere le sue opinioni con gli altri esponenti del Fomc in occasione delle prossime riunioni di politica monetaria, Neel Kashkari non sarà tra i membri votanti della commissione fino al 2026.
Fatto sta che i mercati hanno ridimensionato le loro scommesse sull’avvento imminente di tagli ai tassi.
Stando allo strumento FedWatch Tool del CME, i trader scommettono su un nulla di fatto sui tassi da parte della Fed nel prossimo meeting del Fomc, il suo braccio di politica monetaria, che si concluderà con l’annuncio delle decisioni di politica monetaria il prossimo 1° maggio.
La probabilità di un taglio ai tassi nel mese di giugno – quello che era stato indicato il più probabile per l’arrivo della grande svolta della Fed guidata da Jerome Powell – si è ridimensionata invece al 46,6%.
Wall Street riparte dopo settimana di sell. Attenzione massima a CPI Usa
Wall Street riparte intanto oggi dopo una settimana negativa, che ha visto il Dow Jones perdere il 2,3% la scorsa settimana e riportare così la settimana peggiore dal marzo del 2023.
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Male anche lo S&P 500, che è arretrato di quasi l’1%, soffrendo la settimana peggiore dall’inizio di gennaio, mentre il Nasdaq Composite ha ceduto lo 0,8%, archiviando la sua quarta settimana in rosso delle ultime cinque.
Fondamentale a questo punto sarà l’indice CPI Usa, ovvero l’indice dei prezzi al consumo Usa che sarà reso noto dopodomani, alle 14.30 ora italiana.
Nel prevedere un rialzo del dato headline pari a +3,5% nel mese di aprile, su base annua, il consensus degli economisti anticipa un’accelerazione delle pressioni inflazionistiche, rispetto al +3,2% di febbraio.
Per quanto riguarda l’inflazione core – quella depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari e dei beni energetici – il trend previsto è di un rialzo dello 0,3% su base mensile, rispetto al +0,4% di febbraio, e di una crescita su base annua pari a +3,7%, rispetto al 3,8%.
Si tratta di numeri che rimangono ostinatamente più alti rispetto al target di crescita annua pari a +2% della Fed, e che non per niente hanno portato già alcuni economisti ed analisti, dunque non solo Bowman & Co, a non escludere che Powell possa addirittura tornare sui suoi passi e decidere di alzare, più che di abbassare, i tassi.
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