Vaticano: donazioni Obolo di San Pietro usate per taglio deficit? I rumor del WSJ
Le donazioni dell’Obolo di San Pietro utilizzate per rimpinguare le casse del Vaticano? Sì, secondo il Wall Street Journal, che ha pubblicato poche ore fa l’articolo “Vatican Uses Donations for the Poor to Plug Its Budget Deficit”.
La rivelazione-accusa è pesante:
“Ogni anno, i fedeli cattolici di tutto il mondo donano decine di milioni di dollari al Papa. I vescovi invitano i fedeli ad aiutare i più deboli e chi soffre attraverso il principale canale caritatevole, chiamato obolo di San Pietro. Ciò che la Chiesa non dice, è che la maggior parte di quelle somme raccolte, di un valore superiore ai 50 milioni di euro su base annua, viene convogliata nelle casse del Vaticano mentre, stando fonti vicine al dossier, solo il 10% viene realmente utilizzato per opere di carità“.
Il quotidiano americano ha riferito che l’utilizzo delle donazioni all’Obolo di San Pietro per tagliare il budget “sta portando alcuni leader della Chiesa cattolica a temere che i fedeli vengano ingannati sull’utilizzo delle loro offerte, fattore che potrebbe minare ulteriormente la credibilità della gestione delle casse del Vaticano sotto il mandato di Papa Francesco“.
Il Wall Street Journal ha riportato – sempre sulla base di fonti vicine al dossier a conoscenza dell’utilizzo dei fondi, che gli asset dell’Obolo di San Pietro sono scesi, dall’anno in cui Papa Francesco si è insediato nel Vaticano, ovvero dal 2013, da più di $775 milioni ai $665 milioni attuali.
Allo stesso tempo, il deficit della Santa Sede è raddoppiato nel 2018 a più di $76 milioni, su un budget pari a $333 milioni.
Che nel Vaticano ci fosse una vera e propria emergenza deficit, è noto da un po’ di tempo. Nel mese di settembre sempre il Wall Street Journal aveva riportato indiscrezioni, secondo cui Papa Francesco, in una lettera datata maggio scorso, aveva chiesto al capo del Consiglio di controllo finanziario del Vaticano, il cardinale Reinhard Marx, “di studiare tutte le misure necessarie per salvaguardare il futuro economico della Santa Sede”.
Nell’articolo si faceva riferimento alle lamentele di alcuni funzionari del Vaticano, che accusavano la Santa Sede di essere troppo lassista nel controllo delle spese e delle entrate. Troppi posti di lavoro, acquisti dispendiosi e un costoso parco auto fanno lievitare i costi del Vaticano, senza dimenticare le proprietà immobiliari nei dintorni di Roma che a volte non vengono mantenute al meglio e affitti non riscossi, stando a quanto reso noto dai funzionari. Inoltre il Vaticano ha subìto una pesante perdita l’anno scorso per aver cancellato un prestito a favore di un ospedale cattolico.
Alla fine di ottobre, una vera e propria bomba è scoppiata sulla testa del Vaticano. Sempre il Wall Street Journal, per l’ennesima volta, ha parlato di incubo default, citando le rivelazioni di monsignor Salerno e il ruolo di JP Morgan.
In quei giorni il quotidiano la Repubblica aveva anticipato alcuni estratti del libro “Giudizio Universale” (Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi sui misteri del Vaticano.
“Il deficit che affligge la Santa Sede – scrive Nuzzi nel libro – ha raggiunto livelli preoccupanti, a rischio di condurre al default. C’è un altro grande problema che emerge e che sembra affliggere la Santa Sede: la mancanza di trasparenza“.
Anche nel libro si parla dell’Obolo di San Pietro: “il 58% dell’Obolo di San Pietro non finisce in opere di carità, ma serve a ripianare i buchi della Curia, mentre il 20% viene tenuto fermo nei depositi: a conti fatti su 10 euro raccolti nelle offerte solo 2 vanno ai bisognosi”.
E dei guai del Vaticano si è parlato fino a meno di un mese fa anche in relazione allo scandalo immobiliare londinese, con Papa Francesco che ha silurato il capo dell’Authority finanziaria, (Aif), l’avvocato svizzero Brülhart rimpiazzandolo poi, alla fine di novembre, con Carmelo Barbagallo, ex responsabile della vigilanza di Bankitalia. Nella speranza che le cose possano finalmente cambiare.