Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Tassi e inflazione Usa, Fed Day: la mossa di Powell e il fattore Bullard

Tassi e inflazione Usa, Fed Day: la mossa di Powell e il fattore Bullard

19 Luglio 2023 13:32

Si avvicina il Fed Day, il giorno in cui la Federal Reserve guidata dal presidente Jerome Powell annuncerà la propria decisione sui tassi.

Powell

Dopo la pausa del mese di giugno, quando il braccio di politica monetaria Fomc ha lasciato i tassi sui fed funds nel range compreso tra il 5% e il 5,25%, e in vista del grande rimpasto ai vertici, inizia ad affacciarsi la speranza che la stretta prezzata dai mercati possa essere l’ultima.

Al momento, i mercati scommettono sull’annuncio di una nuova stretta monetaria di 25 punti base– l’undicesima, dopo la pausa di giugno successiva ai dieci rialzi dei tassi consecutivi lanciati da Jerome Powell – il prossimo mercoledì 26 luglio, con una probabilità del 97,3%.

Praticamente, la mossa della Fed di Powell viene considerata certa, stando alle rilevazioni effettuate dal CME Group, attraverso il suo strumento FedWatch Tool.

Il dubbio riguarda, piuttosto, l’esito del meeting del Fomc previsto per il mese di settembre.

Ovviamente, ad avere l’ultima parola, nel caso della banca centrale americana, è sempre il presidente, in questo caso Jerome Powell, che non ha escluso la possibilità di varare anche due rialzi consecutivi dei tassi.

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Se questo scenario si concretizzasse, l’annuncio della prossima settimana non avrebbe certo per oggetto l’ultimo atto di quel ciclo di strette monetarie lanciato più di un anno fa.

Ma qualcosa nella Fed sta cambiando, e non si tratta di qualcosa di irrilevante.

L’addio di Bullard cambierà qualcosa? Falchi VS colombe

Qualche giorno fa James Bullard, presidente della Fed di St. Louis, conosciuto per essere l’esponente più hawkish della Federal Reserve, ha annunciato la decisione di rassegnare le dimissioni nel mese di agosto.

Bullard ha ricoperto un ruolo cruciale nel corso del 2022, anno in cui la Fed di Jerome Powell ha alzato ripetutamente i tassi per cercare di affossare l’impennata dell’inflazione.

Un articolo della CNN ha ricordato che è stato lui il primo e unico esponente del Fomc a votare a favore di un rialzo dei tassi, nel marzo del 2022, pari a 50 punti base, contro la stretta di 25 punti base decisa dalla maggioranza, rappresentata dagli altri 11 esponenti.

Sempre la CNN ha riportato che il presidente della Fed di St Louis James Bullard sarà sostituito da Adriana Kugler, dirigente Usa della World Bank.

Va detto che, dopo aver votato in qualità di esponente del Fomc nel corso del 2022, anno in cui è scaduto il suo mandato, dall’inizio del 2023 Bullard non ha contribuito ad alcuna decisione assunta dalla Commissione di politica monetaria.

E il suo voto, con le dimissioni ormai alle porte (l’addio ufficiale scatterà il prossimo 14 agosto), sarà assente anche nel prossimo meeting del Fomc del 25-26 luglio.

L’economista Adriana Kugler, che prenderà il suo posto, è conosciuta per il suo approccio diametralmente opposto a quello del banchiere uscente, dunque dovish o, anche, da colomba.

Detto questo, il grande rimpasto all’interno della Fed secondo molti esperti non si tradurrà necessariamente in una svolta sui tassi visto che, a prescindere da Bullard, i falchi determinati a sconfiggere l’inflazione batteranno ancora per numero le colombe.

Fed: Powell verso due rialzi consecutivi dei tassi?

Viene ricordato quanto ha detto il governatore della Fed Christopher Waller, che ha un voto permanente all’interno del Fomc.

La scorsa settimana Waller ha ribadito che, all’interno della banca centrale americana, l’approccio condiviso è quello di alzare i tassi di interesse altre due volte, nel corso di quest’anno.

“Dalla riunione di giugno, mese in cui sono stati diffusi altri dati macro sulle condizioni di erogazione dei prestiti, sono diventato ancora più fiducioso nel fatto che la crisi bancaria (che ha colpito gli Stati Uniti nel mese di marzo) non sia un problema significativo per l’economia – ha detto Waller, nel corso dell’evento Money Marketeers organizzato dalla New York University giovedì scorso “.

Dunque, ha aggiunto il banchiere della Fed, “non vedo alcuna ragione per cui il primo di quei due rialzi dei tassi non debba essere deciso nel corso della nostra riunione, prevista per la fine di questo mese”.

Fed: su cosa stanno scommettendo i mercati

Ma i mercati hanno una view diversa, alimentata probabilmente dalla speranza che il ciclo dei rialzi dei tassi sia ormai al capolinea.

E certo un fatto è innegabile: la crescita dell’inflazione, negli Stati Uniti, ha davvero rallentato il passo, come dimostrato dal report CPI (indice dei prezzi al consumo). E’ vero d’altro canto che indicazioni meno confortanti sono arrivate proprio dal parametro preferito dalla Fed per monitorare l’inflazione, ovvero dall’indice PCE core.

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Dall’ultimo sondaggio di Reuters è emerso che la maggior parte degli analisti interpellata dall’agenzia di stampa ha detto di ritenere che quello di mercoledì prossimo sarà l’ultimo atto.

Tutti i 106 economisti intervistati credono che la Fed annuncerà un rialzo di 25 punti base la prossima settimana, portando così i tassi sui fed funds all’interno del range compreso tra il 5,25% e il 5,50%.

Tra gli stessi, soltanto 19 prevedono che la Fed alzerà di nuovo i tassi, nel meeting successivo di settembre.

Va detto, allo stesso tempo, che la percentuale di economisti che prevede un taglio dei tassi da parte della Fed entro la fine di marzo del 2023 è scesa dal 78% del mese scorso al 55%.

Dal canto suo, Waller è stato chiaro nel ribadire che la Fed preferisce comunque che i rialzi dei tassi sui fed funds arrivino alla fine il prima possibile:

Da qui, dovrò vedere quale sarà il trend dei dati – ha sottolineato – Se l’inflazione non farà progressi e non ci saranno indicazioni di un rallentamento significativo dell’attività economica, allora sarà preferibile che il secondo rialzo dei tassi di 25 punti base arrivi prima”.

Il problema, così come per la Bce di Christine Lagarde è che, a confermarsi persistente, è soprattutto l’inflazione core.

Lo ha dimostrato in modo inequivocabile l’indice PCE – per l’appunto il parametro preferito dalla Fed – che, nel mese di maggio, è salito del 3,8% su base annua, in sensibile calo rispetto al +4,3% di aprile.

Allo stesso tempo, il PCE core ha rallentato il passo in modo decisamente poco convincente, scendendo dal 4,7% al 4,6%.

Sebbene abbia riportato il tasso di crescita più basso dall’ottobre del 2021, la componente core ha fatto rimanere la Fed sull’attenti. E’ dunque improbabile che l’ingresso nel Fomc di un nuovo esponente dovish cambi davvero le carte in tavola,  allontanando l’ipotesi di un rialzo dei tassi anche a settembre.