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Inflazione Usa: indice PCE core assilla ancora la Fed

30 Giugno 2023 14:56

Pce core, ergo il parametro preferito della Fed. Inflazione core ancora ostinata

A Wall Street massima attenzione al PCE core, l’indice preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione Usa.

Il dato, reso noto con il rapporto sulle spese per consumi e i redditi personali del mese di maggio, ha messo in evidenza il rallentamento delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti, a conferma di come la lunga carrellata dei rialzi dei tassi, lanciata dalla Fed di Jerome Powell, stia funzionando.

Il rapporto ha messo tuttavia in evidenza, così come è emerso stamattina nell’area euro, la persistenza della crescita dell’inflazione core.

PCE +3,8% a maggio, ma occhio a componente core

Il ritmo di crescita su base annua dell’indice PCE headline, ovvero dell’indice dei prezzi per le spese personali, si è indebolito in modo significativo, passando dal +4,3% di aprile (dato rivisto al ribasso dal +4,4% inizialmente reso noto), al +3,8%.

Rallentamento anche per il trend su base mensile: il PCE headline è salito infatti di appena lo 0,1% m/m, rispetto al +0,4% precedente.

Fin qui, le speranze sull’efficacia delle strette monetarie lanciate dalla Fed di Jerome Powell sulla dinamica dei prezzi negli Stati Uniti sono state in qualche modo soddisfatte.

Il nodo è stato rappresentato tuttavia dall’inflazione core, ovvero dall’inflazione depurata dai prezzi più volatili, quelli dei beni energetici e dei beni alimentari: nel caso dell’indice appena pubblicato, dal trend del PCE core, il parametro per l’appunto preferito della Fed.

In questo caso, la crescita su base mensile è stata pari a +0,3%, come da attese, ma allo stesso ritmo di crescita del mese precedente.

Su base annua, il trend del PCE core è stato inoltre di un aumento del 4,6%, appena 0,1 punti percertuali in meno rispetto alle attese, e rispetto al +4,7% precedente.

Anche l’inflazione core, dunque, si è indebolita: ma certo un ritmo di crescita che su base annua rimane pari a +4,6% non basta a decretare la fine della minaccia della fiammata dei prezzi.

L’inflazione core si è mostrata dunque ancora ostinata, ricalcando quanto emerso nella giornata di oggi dai numeri relativi all’inflazione dell’area euro.

Il CPI headline dell’Eurozona, così come ha fatto il PCE Usa, ha smorzato di fatto il proprio ritmo di crescita in modo sostenuto. Ma anche qui, l’inflazione core si è confermata nota stonata e mal di testa per la banca centrale del blocco, ovvero per la Bce guidata da Christine Lagarde.

Salari accelerano e il Pil Usa straccia le attese

Tra l’altro, negli Stati Uniti, si è messa in evidenza l’accelerazione della crescita dei salari.

In particolare, i salari dei lavoratori del settore privato sono balzati del 5,8% su base annua, al record dall’ottobre 2022, mentre quelli dei dipendenti federali sono saliti del 5,5%, al massimo dal maggio del 2022.

In entrambe le aree, quella dell’Eurozona e degli Stati Uniti, si può dire che la persistenza dell’inflazione core ha dato ragione a quanto detto sia da Jerome Powell che da Christine Lagarde qualche giorno fa, in occasione del Forum delle banche centrali di Sintra, in Portogallo.

La solidità dei fondamentali Usa, e dunque dell’inflazione, è stata tra l’altro confermata ieri dalla revisione finale del Pil del primo trimestre, che ha sorpreso al rialzo.

Dal dato è emerso infatti che, nei primi tre mesi del 2023, l’espansione dell’economia americana è stata pari al ritmo annualizzato del 2%, decisamente superiore alla prima revisione, che aveva indicato un ritmo di crescita pari a +1,3%.

Il Pil Usa ha stracciato inoltre le attese degli economisti intervistati da Dow Jones, che si aspettavano un rialzo dell’1,4%.

Oggi, il PCE conferma come la dinamica dei prezzi rimanga robusta, seppur in rallentamento, in un contesto in cui i trader si sono messi già l’anima in pace, prevedendo una nuova stretta sui tassi da parte della Fed, nel prossimo meeting di luglio.

I mercati dei futures prezzano di fatto un rialzo di 25 punti base nella prossima riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, con una probabilità dell’87% circa, stando a quanto emerge dai calcoli del CME Group.

Per finire, va detto che il rapporto con cui è stato reso noto il PCE ha messo in evidenza, anche, un indebolimento delle spese per consumi che, nel mese di maggio, sono salite appena dello 0,1%, decelerando in modo significativo rispetto al rialzo dello 0,6% di aprile, e confermandosi anche inferiori alle stime di un aumento dello 0,2%.

Questo, a dispetto del rafforzamento dei redditi personali, che hanno messo a segno un rialzo dello 0,4%, oltre il +0,3% stimato dal consensus.