Tassi Fed: ultimo atto Powell a rischio con petrolio. Outlook dot-plot

E dopo la Bce, tocca alla Fed di Jerome Powell fare questa settimana il grande annuncio sui tassi, per la precisione al Fomc, il braccio di politica monetaria della banca centrale americana.

Il grande annuncio sui tassi arriverà oggi, mercoledì 20 settembre, alle 20 circa ora italiana.

In calendario, nelle prossime ore, non ci sarà solo la Fed.

Attesi infatti anche gli annunci sui tassi della banca centrale svizzera (Swiss National Bank), della Bank of England (BoE), nelle sessioni di giovedì, e della Bank of Japan, nella giornata di venerdì 22 settembre.

Tutte le istituzioni dovranno valutare, prima di fare i rispettivi grandi annunci, il trend e l’outlook sia dell’inflazione che della crescita dell’economia, in un momento in cui  il rialzo anomalo dei prezzi scatenato dalla guerra in Ucraina non è stato ancora domato. E in un momento in cui ora, a fronte di un indebolimento dei fondamentali economici, si ripresenta anche l’incubo della fiammata dei prezzi del petrolio.

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Fed: dilemma tra disoccupazione e inflazione. Ma si scommette su un nulla di fatto

Per quanto riguarda la Fed di Jerome Powell, se da un lato il report occupazionale Usa di agosto ha alimentato le speranze su uno stop dei rialzi dei tassi finora annunciati dalla banca centrale, con la sorpresa rappresentata dal tasso di disoccupazione, dall’altro lato il dato clou relativo all’inflazione Usa ha fatto sorgere il dubbio che, invece, parlare di stop totale sia alquanto prematuro.

Lo stesso presidente della Fed Jerome Powell, nel suo discorso di Jackson Hole, aveva avvertito che la banca centrale sarebbe stata “pronta ad alzare ulteriormente i tassi”,  sulla scia di una inflazione che rimane “troppo alta”.

I mercati scommettono tuttavia un nulla di fatto sui tassi, almeno per questa riunione del Fomc di settembre.

Le speculazioni sono su un altro rialzo che potrebbe arrivare entro la fine del 2023.

Anche gli economisti interpellati da Reuters, così come i trader, credono che Powell & Co. confermeranno il costo del denaro Usa, per procedere poi a un’altra mossa successivamente.

Dal sondaggio di Reuters emerge che più del 95% degli economisti che sono stati intervistati, ovvero 94 su 97, ritengono che la banca centrale manterrà lo status quo in questo meeting di settembre al range attuale, compreso tra il 5,25% e il 5,50%, in linea con le attese dei mercati.

Una percentuale vicina al 20%, 17 su 97, crede però che la Fed opterà per un’altra stretta monetaria entro la fine di quest’anno.

Sui mercati, i trader scommettono su una nuova stretta monetaria da parte della banca centrale, nel meeting di novembre, con una probabilità pari al 29%.

“Sebbene continuiamo a prevedere che la Fed confermerà i tassi nel meeting del Fomc del 20 settembre, non saremmo sorpresi se la maggior parte dei suoi funzionari prevedesse un altro rialzo entro la fine dell’anno, nel dot-plot aggiornato”, ha riferito all’agenzia Reuters Brett Ryan, economista senior Usa presso Deutsche Bank, ricordando che, domani, il Fomc pubblicherà anche il suo nuovo dot plot, ovvero il documento contenente le previsioni dei banchieri sul trend dei tassi, che viene reso noto su base trimestrale.

Il 27 luglio scorso la Federal Reserve ha alzato i tassi sui fed funds Usa di 25 punti base, al nuovo range compreso tra il 5,25% e il 5,5%, record degli ultimi 22 anni. Era dal 2001, di fatto, che i tassi non erano così alti.

Inflazione: attenti a effetti scioperi auto e rialzo petrolio

“Negli Stati Uniti, le aspettative sono per una Fed in stand by, sebbene con rischi di commenti inclini un po’ di più verso il lato dei falchi dopo un rapporto sull’inflazione di agosto più forte del previsto – ha commentato Gabriel Debach, market analyst di eToro – L’aumento del core è stato guidato da un’inflazione dei servizi più rapida, in particolare dei biglietti aerei, ma nel complesso le pressioni sui prezzi sottostanti sembrano essere rimaste leggermente più alte di quanto previsto all’inizio del terzo trimestre. In questo contesto, i mercati terranno d’occhio il modo in cui i partecipanti al FOMC valuteranno la necessità di ulteriori rialzi”.

“Gli economisti hanno definito il mercato del lavoro come resiliente e la stessa Fed si sente a disagio nella sua politica monetaria a causa di questo fenomeno – ha messo in evidenza Debach – Va notato che tale resilienza non si traduce necessariamente in benessere, come dimostra il fatto che nel corso del 2023 molti settori, dai professionisti di Hollywood alle infermiere, dagli operai ai baristi di Starbucks, hanno incrociato le braccia“.

Di fatto, “negli Stati Uniti, i lavoratori stanno registrando livelli record di scioperi. Solo nel mese scorso, a causa degli scioperi, sono stati persi 4,1 milioni di giorni lavorativi, calcolato moltiplicando il numero di giorni di lavoro persi in ogni sciopero per il numero approssimato di lavoratori coinvolti. Questo rappresenta il volume più alto di interruzioni del lavoro dall’agosto del 2000″.

In questa situazione, riguardo all’inflazione, l’analista ha avvertito che “la situazione è stata ulteriormente oscurata dall’aumento dei prezzi del petrolio”, con il contratto del Brent che è scattato nelle ultime ore anche oltre la soglia di $95 al barile.

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Debach ha comunque fatto notare oggi la resilienza dell‘economia degli States:

“Gli Stati Uniti, forti dei loro 11 rialzi dei tassi, stanno registrando una crescita quasi senza precedenti del 4,96% in questo trimestre, secondo il NOWCast della Fed di Atlanta. È un dato molto lontano dalla temuta recessione, e notevole se si considerano i forti aumenti dei tassi degli ultimi 18 mesi”.

Occhio però a non esultare troppo:

Si tratta anche di un picco di crescita, con gli indicatori di riferimento che si attenuano man mano che i rialzi dei tassi vengono raggiunti. L’economia ha funzionato a tre cilindri su quattro. La crescita dei consumi, degli investimenti e della spesa pubblica ha compensato l’indebolimento del commercio, ma è destinata ad attenuarsi. L’ipotesi di base è quella di un atterraggio morbido”.

L’esperto di eToro prevede “un messaggio del numero uno della Fed (Jerome Powell) equilibrato, che evidenzi gli sviluppi positivi nel raffreddamento della domanda di lavoro e nella ripresa dell’offerta, ma sottolineando che c’è ancora strada da fare prima di dichiarare la vittoria sull’inflazione. L’attenzione principale sarà focalizzata sui ‘dots’, cioè le previsioni individuali dei membri del comitato, e sulla possibilità che alcuni dei 12 partecipanti che precedentemente avevano sostenuto un tasso terminale compreso tra il 5,50% e il 5,75% abbiano ora cambiato idea e ritirato la loro richiesta di ulteriori rialzi”.

Fed: Powell annuncerà pausa dovish o hawkish?

Dal canto suo, interpellato dalla Cnbc Quincy Krosby, strategist globale di LPL Financial, ha detto di ritenere che, in questa imminente riunione di settembre, “per le aspettative sulle decisioni sui tassi che verrannoprese nei meeting di novembre e di dicembre, cruciale sarà il modo in cui la Fed annuncerà la pausa”.

Nello specifico, “i mercati finanziari si concentreranno soprattutto sul fatto se la pausa verrà presentata con un tono dovish o hawkish”.

Anche Krosky ha parlato dell’effetto degli scioperi indetti dai lavoratori dipendenti del settore auto sulle spinte inflazionistiche, dicendo di prevedere un aumento dei prezzi legato alla solidità del mercato del lavoro, ma anche allo stop deciso dai lavoratori del comparto:

lo sciopero, negli Stati Uniti, della forza lavoro dei colossi auto, ha spiegato Krosby, potrebbe esercitare, di fatto, ulteriori rialzi dei prezzi, a causa delle nuove proposte (aumenti dei salari) che i giganti del settore presenteranno per placare la rabbia dei dipendenti.

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A tal proposito, Gabriel Debach ha ricordato che “la scorsa settimana l’azionario Usa ha registrato una brusca diminuzione”, proprio a causa dei rischi associati allo sciopero dell’UAW nel settore automobilistico“, aggiungendo anche che “è la prima volta, in 88 anni di storia del sindacato, che viene presa di mira contemporaneamente l’intera triade delle principali case automobilistiche di Detroit”.

“Questa situazione – ha continuato il market analyst di eToro – è motivo di particolare preoccupazione, poiché mette a rischio quasi la metà della produzione automobilistica degli Stati Uniti. Tuttavia, ciò che emerge in modo più evidente è il disagio economico generale causato dall’inflazione sul mercato del lavoro”.

I vari blocchi e interruzioni del lavoro rischiano inoltre di scatenare anche altri ennesimi shock dal lato dell’offerta che, da soli, come ha dimostrato il reopening dell’economia dai lockdown imposti durante la pandemia Covid, spingono al rialzo i tassi di inflazione.

Tassi Fed: dot plot e nuovo outlook Pil e inflazione. Le stime di La Francaise AM

Ha detto la sua nelle ultime ore anche François Rimeu, Chief Strategist di La Française AM, prevedendo anche lui un nulla di fatto sui tassi da parte della Fed. Rimeu ha tuttavia avvertito che questa riunione di settembre potrebbe scatenare “molta volatilità sui mercati, viste le numerose incertezze sulla direzione delle sue future decisioni”.

Il responsabile strategist di La Francaise AM riassume così il suo outlook:

  • Il tasso di riferimento rimarrà invariato al 5,25%-5,50%.
  • Coerenza nel messaggio lanciato da Powell; dovrebbe ripetere quanto già detto alla conferenza di Jackson Hole: “la lotta contro l’inflazione è tutt’altro che conclusa”, la Fed “continuerà a impegnarsi finché il lavoro non sarà terminato” e “il ripristino della stabilità dei prezzi richiederà probabilmente un periodo prolungato di tassi di interesse elevati”.
  • Anche se la Fed è e rimane “data dependent”, riteniamo che Jerome Powell inizierà a preparare il mercato per un potenziale aumento dei tassi prima della fine dell’anno, a causa di una crescita economica ancora al di là del suo livello potenziale (surriscaldamento), di un mercato del lavoro che mostra pochi segni di moderazione e di un barile di petrolio in forte aumento da giugno.
  • Continua la riduzione del bilancio al ritmo di 95 miliardi di dollari al mese.
  • Un “dot plot” che dovrebbe continuare a mostrare un ulteriore rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, anche se i cambiamenti degli elettori rendono difficili le previsioni. I “punti” per il 2024 e il 2025 dovrebbero essere invariati e il “punto” per il 2026, che appare per la prima volta, dovrebbe essere in linea con il “punto” a lungo termine. Per quanto riguarda quest’ultimo, non ci sembra impossibile che venga rivisto al rialzo.

Per quanto riguarda le previsioni macroeconomiche, Rimeu prevede che l’outlook sulla crescita del Pil Usa sarà rivista significativamente al rialzo nel 2023, dall’1% al 2%, per essere però lasciata invariata nel 2024 e nel 2025.  Nel 2026 la Fed dovrebbe stimare inoltre una crescita vicina a quella potenziale, pari all’1,8%.

“Anche il tasso di disoccupazione del 2023 dovrebbe essere rivisto leggermente al ribasso, dal 4,1% al 3,9%”, mentre “il tasso di inflazione non dovrebbe essere rivisto in modo significativo”, ha aggiunto lo strategist, che ha così concluso il suo commento:

In sintesi, ci aspettiamo che la Federal Reserve mantenga un orientamento da falco in questa conferenza stampa e ribadisca il messaggio che i tassi dovranno rimanere elevati per un lungo periodo di tempo al fine di riportare l’inflazione al 2%. Questa riunione potrebbe quindi portare a un aumento dei tassi e a un moderato appiattimento delle curve dei rendimenti”.