Notizie Notizie Mondo Inflazione euro rallenta, ma petrolio strema Bce. Nuove stime Ocse

Inflazione euro rallenta, ma petrolio strema Bce. Nuove stime Ocse

19 Settembre 2023 14:20

Europa ostaggio dei tassi della Bce, dunque dei dati macro relativi all’inflazione dell’Eurozona e, ora più che mai, per lo stesso motivo, anche dei prezzi del petrolio, che stanno mettendo i bastoni tra le ruote alle banche centrali di tutto il mondo.

Nelle ultime ore, le quotazioni del petrolio Brent hanno toccato anche quota $95 al barile, per poi superarla, balzando al record dal novembre del 2022.

Non proprio una buona notizia per chi spera che le banche centrali siano vicine al capolinea, nella loro lotta praticamente incessante lanciata contro l’inflazione.

Grande attesa per la carrellata di annunci che arriveranno nelle prossime ore da diverse banche centrali. Protagoniste la Fed di Jerome Powell, la Swiss National Bank, la Bank of England e, infine, venerdì 22 settembre, la Bank of Japan di Kazuo Ueda.

La Bce di Christine Lagarde ha fatto già il suo grande annuncio sui tassi giovedì scorso, 14 settembre 2023, in un contesto in cui si parla sempre più di stagflazione, e non solo in Eurozona.

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In tutto questo è arrivato anche il nuovo outlook sull’economia firmato Ocse.

Inflazione area euro rivista al ribasso, +5,2% ad agosto. E ora forte dietrofront ?

Nel presentare il quadro dell’ Europa, così come è stato aggiornato dalle ultime notizie, più nello specifico dell’area euro, va detto in primis che oggi è stato reso noto l’indice CPI (indice dei prezzi al consumo), tra i termometri più importanti per valutare il trend dell’inflazione, relativo all’Eurozona.

Il dato ha dimostrato l’effetto dei dieci rialzi dei tassi consecutivi lanciati dalla Bce di Christine Lagarde, di cui l’ultimo annunciato giovedì scorso, 14 settembre.

Per la precisione, il tasso di crescita dell’inflazione relativo al mese di agosto è stato rivisto al ribasso rispetto a quanto inizialmente reso noto, dal 5,3% al 5,2% su base annua.

Il problema è che la crescita dell’inflazione core – che esclude i prezzi più volatili, rappresentati dai prezzi dei beni alimentari ed energetici – è stata confermata pari a +5,3%.

La buona notizia, comunque, è che, secondo alcuni economisti, l’indice CPI dell’Eurozona ha avallato l’assunto secondo cui la Bce potrebbe aver annunciato, giovedì scorso, l’ultimo rialzo dei tassi.

Tra di loro c’è Maeva Cousin, economista senior dell’area euro di Bloomberg Economics , che rende noto che il consensus di Bloomberg stima “una forte decelerazione dell’inflazione headline e core, nel mese di settembre”.

“Lo scorso 14 settembre, la Bce ha indicato che è possibile che i tassi si trovino a livelli sufficientemente alti per permettere all’inflazione di tornare al target (del 2%)“, ha ricordato Cousin, aggiungendo che i dati di oggi dovrebbero rassicurare ulteriormente il Consiglio direttivo della Bce.

“E’  dunque possibile, a condizione che le pressioni sui prezzi continuino a seguire questo trend, cosa che noi prevediamo, che questo ciclo di rialzi dei tassi sia finito”, ha commentato l’economista.

Notizie dunque positive per l’Eurozona e per la stessa Bce dal fronte macro, condite però anche con l’altolà arrivato nelle ultime ore dal governatore della Banca di Francia ed esponente del Consiglio direttivo della Bce, Francois Villeroy de Galhau:

“Siamo molto pragmatici – ha detto Villeroy, facendo riferimento all’approccio della Banca centrale europea – Guardiamo a come la malattia, l’inflazione, evolve. Ed è vero che ci sono primi segnali incoraggianti”.

Detto questo, ed è qui l’attenti, “non ci troviamo ancora in quella situazione tale da poter dire che possiamo smettere di somministrare la medicina e che i tassi possono a questo punto essere abbassati”.

“E’ importante essere pazienti”, ha insistito il banchiere.

Petrolio Brent oltre quota $95, prima volta in un anno. Caro energia, ci risiamo

E sarà forse necessario munirsi di grande pazienza, e ancora per molto, visto il trend dei prezzi del petrolio, che riaccende la paura di un’inflazione dura a fare dietrofront.

Interpellato dal The Guardian Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, ha detto di temere una “nuova ondata inflazionistica a livello globale, con i prezzi del petrolio che continuano a dirigersi verso quota $100 al barile, per la prima volta in un anno”.

“I prezzi del Brent crude – ha fatto notare Flax – viaggiano al momento sopra la soglia di $95 al barile, a causa delle preoccupazioni sull’offerta scattate a seguito della decisione di Arabia Saudita e Russia di estendere i tagli all’output fino alla fine dell’anno. E con l’Opec+ che annuncia un deficit di 3 milioni di barili per il quarto trimestre del 2023 – ha aggiunto l’esperto – la soglia di 100 dollari al barile è sempre più a portata di mano”.

Nuovo trauma caro energia caro bollette in vista?

“Il costo elevato dell’energia – ha aggiunto il direttore degli investimenti di Money farm – continuerà a confermarsi fonte di preoccupazione per le banche centrali, visto che sosterrà le pressioni inflazionistiche, in un momento in cui l’obiettivo è quello di porre fine ai cicli di restrizione monetaria avviata”.

Insomma, sembra non esserci pace per le economie dell’area euro, alle prese con un nuovo capitolo della persistenza dell’inflazione.

I prezzi del petrolio portano intanto avanti la loro marcia al rialzo.

Alle 14.20 circa ora italiana, i prezzi del contratto Brent guadagnano lo 0,66%, scattando al di sopra della soglia di $95 al barile.

Il contratto scambiato a New York WTI segna un progresso di oltre l’1%, a $92,64 al barile.

Le quotazioni del petrolio avanzano per la quarta sessione consecutiva, scontando la fame di crude nel mondo, a fronte di una produzione penalizzata dalla doppia decisione di Arabia Saudita e Russia.

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Il petrolio è reduce da ben tre settimane consecutive di guadagni, che hanno portato i due contratti WTI e Brent a balzare al record degli ultimi dieci mesi.

Sia il WTI che il Brent, inoltre, sono orientati a riportare il rialzo trimestrale più sostenuto dal primo trimestre del 2022, ovvero dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia (avvenuta il 24 febbraio del 2022).

Pil Italia, Germania & Co: l’Ocse presenta il suo nuovo outlook

L’altra novità di oggi è che l’Ocse ha aggiornato il proprio outlook sull’economia dei rispettivi paesi, annunciando di prevedere un rallentamento della crescita del Pil al 2,7% nel 2024, dopo un ritmo di espansione, anch’esso al di sotto del potenziale, pari a +3% per il 2023.

A eccezione del trend del 2020, azzannato dalla pandemia Covid, il Pil dei paesi Ocse riporterebbe così, nel 2024 e secondo l’organizzazione parigina, il tasso di crescita più debole dai tempi della crisi finanziaria globale.

Per quanto riguarda l’Italia, l’Ocse ha rivisto al ribasso l’outlook sulla crescita del Pil a +0,8% per i due anni 2023-2024, annunciando un downgrade rispetto alle precedenti attese, a seguito della crescita pari a +3,8% riportata dall’economia italiana nel corso del 2022.

Per l’intera area euro, l’outlook è di un rallentamento del Pil al +0,6% nel 2023, dal +3,4% del 2022, e di una ripresa poi pari a +1,1% nel 2024.

Entrambi gli outlook sono stati, anche in questo caso, rivisti al ribasso.

“Sebbene l’inflazione elevata continui a rallentare il passo, l’economia mondiale versa in condizioni difficili”, ha commentato la respo0nsabile economista dell’Ocse, Clare Lombardelli, nel corso della conferenza stampa indetta oggi per commentare il nuovo outlook.

Per la Germania, l’Ocse prevede una recessione, per la precisione una contrazione pari a -0,2% nel 2023, che renderebbe il paese l’unico del G20, a eccezione dell’Argentina, a soffrire una crescita negativa del Pil.

Alzata invece la stima sulla crescita del Pil Usa per il 2023, ora pari a +2,2%.

L’economia americana dovrebbe tornare tuttavia a indebolirsi nel 2024, con un ritmo di espansione pari ad appena +1,3%.

Per la Cina, le attese sono di una crescita del 5,1% nel 2023 e del 4,6% nel 2024.

Per quanto riguarda l’inflazione, l’Ocse prevede per le economie emergenti del G20 un tasso in calo dal 9,1% del 2022 al 7,2% nel 2023 e al 6,6% nel 2024:

il ritmo di crescita dei prezzi dovrebbe scendere inoltre sotto il 4% in Brasile, Indonesia e Messico, rimanendo molto basso in Cina.

Nei paesi avanzati del G20, l’inflazione core è attesa sfiammare il ritmo di crescita al 4,3% quest’anno e al 2,8% nel 2024, rimanendo tuttavia al di sopra dei target fissati dalle banche centrali.

“I rischi rimangono orientati verso il basso – si legge nel comunicato dell’Ocse, con cui è stato presentato oggi il nuovo Outlook “Confronting inflation and low growth”, ovvero far fronte “all’inflazione e a una bassa crescita” – L’incertezza sulla forza e sulla velocità della trasmissione delle politiche monetarie e la persistenza dell’inflazione rappresentano le preoccupazioni chiave. Gli effetti avversi di tassi di interesse più alti potrebbero confermarsi più significativi di quanto atteso, e una maggiore persistenza dell’inflazione richiederebbe una ulteriore restrizione della politica monetaria, che potrebbe mettere in evidenza vulnerabilità finanziarie”.

Insomma, ancora tempi molto duri per l’economia mondiale.