Notizie Valute e materie prime Petrolio a $100 al barile con deficit? Cosa dice Goldman Sachs

Petrolio a $100 al barile con deficit? Cosa dice Goldman Sachs

20 Settembre 2023 14:02

Goldman Sachs torna a far parte del club degli economisti bullish sul petrolio, che scommettono su un ritorno dei prezzi a quota $100 al barile.

D’altronde, manca poco: nelle ultime sessioni, i prezzi del Brent sono volati anche oltre la soglia di $95 al barile scontando le prospettive, ma anche la situazione attuale, di un deficit sui mercati.

Gli analisti del colosso bancario americano hanno annunciato di aver rivisto al rialzo il target a 12 mesi per i prezzi del petrolio Brent da $93 a $100 al barile, dopo che le quotazioni del contratto sono volate di oltre il 30% dalla metà di giugno, fino a superare, nella seduta di ieri, quota $95.

Petrolio: prezzi giù dopo corsa Brent fino a oltre $95 al barile

Oggi, dopo la corsa durata quattro sessioni consecutive, il trend del petrolio è al ribasso. Alle 14.10 circa ora italiana, il contratto sul petrolio WTI perde lo 0,90% circa, a quota $90,40 al barile, mentre il contratto Brent arretra dello 0,75%, a $93,63.

Grande attenzione oggi all’annuncio sui tassi che la Fed di Jerome Powell farà alle 20 ora italiana.

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Tornando al petrolio, Goldman Sachs ha motivato l’upgrade con alcuni fattori: primo piano, lo schiaffo arrivato dall’Arabia Saudita e dalla Russia, paesi che hanno deciso entrambi di estendere di altri tre mesi i tagli all’offerta che avevano deciso di avviare già nei mesi precedenti.

Con la doppia mossa, i due paesi appartenti all’Opec+, – associazione dei paesi produttori di petrolio facenti parte dell’Opec, come l’Arabia Saudita e non Opec, come la Russia – hanno alimentato ulteriormente la paura di un mercato di oil in deficit, ovvero caratterizzato da un’offerta non sufficiente a soddisfare la domanda.  Domanda tra l’altro destinata, così sembra, a rafforzarsi, come dimostrano il miglioramento degli outlook sui Pil di Usa e Cina e lo stesso trend delle scorte di crude di entrambe le economie, che continuano a scendere velocemente.

A scatenare le pressioni rialziste sui prezzi del petrolio, ha spiegato Goldman Sachs, c’è anche il fatto che, in questo momento, la maggior parte delle principali economie al mondo non sia orientata al tanto temuto hard landing (una situazione che, di per sé, avrebbe affossato i consumi di petrolio, provocando dunque un dietrofront dei prezzi,) ma da un soft landing,   (dunque dalla possibilità che la domanda di oil si confermi resiliente, sostenendo le quotazioni del crude).

Petrolio, Goldman Sachs presenta l’outlook sulle prossime mosse dell’Opec

“Crediamo che l’Opec riuscirà a sostenere i prezzi del Brent in un range compreso tra $80 e $105 al barile, nel corso del 2024, facendo leva sulla crescita robusta della domanda a livello globale, proveniente soprattutto dall’Asia”, hanno commentato gli analisti di Goldman Sachs Daan Struyven, Callum Bruce e Yulia Zhestkova Grigsby, in una nota che porta la data di oggi, mercoledì 20 settembre, il cui contenuto è stato riportato dall’ articolo di Bloomberg ‘Goldman raises Brent oil forecast to $100 as rally builds’.

Allo stesso tempo, hanno però detto gli esperti, “è improbabile che l’Opec porti i prezzi a livelli estremi, in quanto così facendo distruggerebbe la domanda residuale di lungo termine”.

Guardando ai fondamentali del mercato del petrolio, Goldman Sachs ha detto di prevedere per il trimestre attuale (terzo trimestre del 2023) un deficit stimato in 2 milioni di barili.

Le previsioni sono di un altro deficit di 1,1 milioni di barili nell’ultimo trimestre dell’anno, a fronte di consumi globali, hanno fatto notare gli analisti, che viaggiano a livelli record.

Toni bullish dal gigante di Wall Street? Si, ma neanche troppo.

Goldman ha infatti precisato di ritenere che la maggior parte del rally dei prezzi del petrolio sia ormai “alle nostre spalle”, in un momento in cui il caro petrolio torna a essere il grande mal di testa delle banche centrali, per l’effetto che il balzo delle quotazioni può avere sui tassi di inflazione.

ING non alza le stime sui prezzi. Ecco perchè

Un commento simile sul trend dei prezzi del petrolio è arrivato anche da Warren Patterson, responsabile della divisione di strategia sulle commodities di ING.

Anche Patterson ha detto di intravedere prezzi del petrolio in rialzo verso la soglia di $100 al barile, anzi anche oltre, a causa del restringimento dell’offerta disponibile di crude sui mercati.

Ma anche lui non ha una view del tutto bullish sui prezzi, guardando oltre il breve termine.

“I tagli all’offerta annunciati dall’Opec – si legge nel commento – hanno avuto l’effetto sperato sul mercato del petrolio, almeno dal punto di vista dell’Opec+,  meno per i consumatori. I tagli volontari aggiuntivi dell’Arabia saudita, che si sono estesi fino alla fine di quest’anno – ha continuato l’esperto – fanno sì che il mercato rimanga in una situazione di profondo deficit per il resto del 2023″.

Patterson ha consigliato però di prestare attenzione, oltre che all’andamento dei prezzi del petrolio, anche agli spread tra i contratti, in particolare allo spread tra il contratto di dicembre 2023 e il contratto con scadenza a dicembre 2024, che si sta avvicinando ai 10 dollari al barile: una situazione di “profondo backwardation”, ovvero una situazione in cui i prezzi con consegna a breve del petrolio sono superiori a quelli futuri prezzati dai contratti futures, a conferma della scarsità attuale dell’offerta nel mercato fisico.

“Così come stanno le cose – si legge nella nota di Patterson – nel breve termine c’è pco sollievo per i mercati, visto che il contesto di deficit è destinato a persistere fino alla fine dell’anno”.

Le stime di ING, a tal proposito, sono di “un deficit superiore ai 2 milioni di barili al giorno fino al quarto trimestre di quest’anno”.

Proprio “questa scarsità, insieme alla solidità dei margini di raffinazione”, spiega Patterson, “lascia pensare che, probabilmente, i prezzi del petrolio continueranno a fornire, nel breve termine, un’ulteriore prova di forza”.

Dunque, “presupponendo che l’Opec+ non faccia marcia indietro sui tagli nel breve termine, il superamento di quota $100 al barile da parte del Brent è solo questione di tempo”.

E tuttavia, sottolinea ING, “non crediamo che una tale rialzo sia sostenibile, motivo per cui confermiamo il nostro outlook attuale, di un Brent in media a quota $92 al barile per il quarto trimestre di quest’anno”.

Un motivo per cui Patterson ammette di essere “riluttante ad alzare l’outlook sui prezzi” del petrolio è “dovuto principalmente alle crescenti pressioni politiche che l’Opec+, probabilmente, dovrà affrontare, in caso di rafforzamento continuo dei prezzi”.

Viene ricordato, infatti, che “storicamente l’Opec ha detto sempre che il suo obiettivo è di stabilizzare i mercati, senza puntare a un target preciso dei prezzi”: impostazione che è stata ribadita questa settimana in Canada, nel corso di una conferenza, dal ministro saudita dell’Energia.

“Tuttavia, con un deficit di oltre 2 milioni di barili al giorno e prezzi che si avvicinano a $100 al barile, è difficile che l’organizzazione possa fare questi commenti se poi la produzione dell’Opec+ rimane al di sotto dei livelli di produzione di più di 3,5 milioni di barili al giorno”.

E’ tra l’altro probabile che “i governi di tutto il mondo diventino sempre più preoccupati per le pressioni inflazionistiche a causa della forza del petrolio e che chiedano all’Opec di aprire un po’ di più i rubinetti“.

Per non parlare poi del fatto che nel 2024” ci saranno elezioni in due paesi consumatori di petrolio chiave, ovvero negli Stati Uniti e in India”. E basta questo a far pensare che le pressioni sull’Opec potrebbero ulteriormente intensificarsi”. Non solo dinamiche di domanda e offerta, dunque. A pilotare i prezzi del petrolio, saranno anche cruciali appuntamenti elettorali del 2024.