Notizie Notizie Mondo Banche Centrali Primo taglio tassi Fed, inflazione e Pil Usa: l’outlook degli economisti

Primo taglio tassi Fed, inflazione e Pil Usa: l’outlook degli economisti

14 Maggio 2024 15:10

Mentre il taglio dei tassi a giugno da parte della Bce sembra un fatto ormai assodato, si affievoliscono sempre di più le speranze che la Fed di Jerome Powell sforbici presto i tassi sui fed funds Usa.

Gli stessi mercati – e anche da un po’ di tempo – si sono rassegnati all’idea che bisognerà aspettare almeno che passi l’estate prima che la banca centrale americana annunci la grande svolta.

Cruciale sarà sicuramente il dato sull’inflazione degli Stati Uniti che sarà reso noto domani, mercoledì 15 maggio: si tratta dell’indice dei prezzi al consumo relativo al mese di aprile che, secondo il consensus degli economisti, è salito del 3,4% su base annua e dello 0,4% su base mensile.

La speranza è che i numeri in arrivo domani non tornino ad alimentare il rischio, non rientrato del tutto che, invece di abbassarli, la Fed decida piuttosto di alzare i tassi.

Fed taglia i tassi o no? Su cosa scommettono i mercati

Non aiutano certo a calmare i nervi degli investitori dichiarazioni come quelle proferite ieri dallo stesso vice presidente della Fed, Philip Jefferson che, parlando nel corso di un evento che si è svolto a Cleveland, in Ohio, ha detto che, a suo avviso, la Federal Reserve dovrebbe lasciare i tassi di interesse fermi agli attuali livelli “restrittivi” fino a quando non arrivino segnali certi di un progresso reale nella lotta contro l’inflazione, che va avanti ormai da più di due anni.

“Continuiamo a cercare ulteriori prove di una inflazione che si diriga verso il nostro target del 2%”, ha detto il numero due della Fed, aggiungendo di credere che, “fino a quel momento, sarà appropriato lasciare i tassi in un territorio restrittivo”.

I commenti di Jefferson hanno ricalcato quanto detto all’inizio di maggio dal presidente della Fed, Jerome Powell, ovvero che “è probabile che ci voglia più tempo rispetto a quanto atteso in precedenza per avere una fiducia maggiore” nell’indebolimento delle pressioni inflazionistiche.

Guardando al mercato dei futures sui fed funds, dai dati raccolti dal CME Group emerge che la probabilità che i tassi Usa vengano tagliati nel meeting di settembre non è neanche molto alta, in quanto pari al 65%.

La conferma dei tassi in occasione della prossima riunione di giugno del Fomc, il braccio di politica monetaria, è data con una probabilità del 96%, mentre la prospettiva di tassi fermi per tutta l’estate è vista con una probabilità del 75%.

Inflazione Usa persistente, ci vorrà più tempo per il vero dietrofront

La persistenza dell’inflazione, insieme all’incredibile resilienza che il Pil Usa ha mostrato più di una volta, rende di fatto non necessario un intervento immediato da parte della Fed.

Di questo fenomeno ha parlato anche Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments, ricordando che “uno dei maggiori ostacoli alla disinflazione negli Usa è la crescita degli affitti che si attesta intorno al 6%”.

Ora, visto che “gli alloggi rappresentano il 36% dell’indice, è necessario che questa componenti rallenti per avere qualche possibilità di raggiungere l’obiettivo del 2%”.

Per Bell “una buona notizia è che la Fed ha preso in considerazione il deflatore della spesa personale dei consumatori, che ha un peso minore sugli alloggi”.

Tuttavia questo indicatore, “attestandosi al 18% è comunque doppio rispetto agli stessi indici in Europa e nel Regno Unito”, il che significa che “raggiungere l’obiettivo del 2% potrebbe quindi essere un processo più lungo negli Stati Uniti”.

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Sondaggio Reuters: outlook degli economisti sui tassi Usa

Reuters ha pubblicato nel frattempo i risultati di un sondaggio lanciato nei giorni compresi tra il 7 e il 13 maggio, da cui è emerso che 2/3 circa degli economisti interpellati stimano il primo taglio dei tassi negli Stati Uniti, dopo le strette monetarie varate nel 2022 e nel 2023, nel mese di settembre.

L’outlook dei 2/3 degli economisti, 70 dei 108 totali, è di un taglio di 25 punti base, che porterebbe il range dall’attuale 5,25%-5,5% alla nuova forchetta compresa tra il 5% e il 5,25%.

La quota di chi ritiene che i tassi saranno alzati a settembre era inferiore nel sondaggio precedente, poco superiore al 50%.

Sono invece stati soltanto 11 gli economisti che hanno detto di credere in una riduzione del costo del denaro Usa nel prossimo meeting di luglio, mentre nessuno punta su una mossa a giugno. Nel sondaggio precedente, erano stati in 26 a prevedere un taglio a luglioe 4 a pronosticarne uno a giugno.

“In tutto il primo trimestre del 2024 abbiamo avuto solo notizie negative dal fronte dell’inflazione – ha commentato Chris Low, responsabile economista di FHN Financial, che stima due tagli ai tassi da parte della Fed nel corso dell’anno, a settembre e a novembre – Tutti quegli aumenti dell’inflazione sono stati troppo significativi per rendere possibili tagli ai tassi”.

Ancora Low:

“Affinché la Fed tagli i tassi, dobbiamo assistere a un cambiamento del trend. Un mese di buone notizie non sarà sufficiente a consentire un taglio, ci vogliono diversi mesi. Ed esiste un rischio piuttosto significativo che la Fed tagli meno di due volte”.

In media il 60% circa degli intervistati da Reuters, ovvero 65 su 108, ha risposto al sondaggio dicendo di puntare su due tagli dei tassi ciascuno di 25 punti base, nel corso del 2024, mentre sono stati solo 17 gli esperti che hanno detto di prevedere più di due tagli dei tassi.

Per le colombe è positivo in ogni caso il fatto che una maggioranza superiore al 60% degli economisti che hanno risposto a un altro quesito, 26 su 41, crede che la probabilità che Jerome Powell non intervenga affatto sui tassi sia bassa o molto bassa.

Allo stesso tempo, l’outlook sul tasso neutrale della Fed è stato alzato al range compreso tra il 3% e il 3,25%, mentre riguardo all’inflazione e al trend del CPI così come anche del parametro preferito dalla Fed, ovvero il PCE core, nessuno ha detto di prevedere un ritorno al target della Fed del 2% prima del 2026.

Anzi, tutti i parametri che misurano l’inflazione, ovvero il CPI, il CPI core, il PCE core e il PCE sono stati rivisti al rialzo dagli economisti interpellati per il secondo mese consecutivo.

La crescita del Pil Usa, infine, che nel primo trimestre del 2024 è stata pari a un ritmo annualizzato dell’1,6%, è stimata dagli esperti al +2,4%, decisamente oltre il tasso di crescita atteso dai funzionari della Fed, pari a +1,8%. Tutti numeri fin troppo alti, di fatto, per pensare che la Fed debba avere l’urgenza di tagliare i tassi.