Notizie Notizie Italia Rischio SVB-Credit Suisse su banche italiane? La Fabi risponde

Rischio SVB-Credit Suisse su banche italiane? La Fabi risponde

24 Marzo 2023 16:01

Banche italiane: cosa rischiano post crac Svb e caso Credit Suisse. L’analisi Fabi

La Fabi risponde agli interrogativi sulle banche italiane che stanno affollando le menti di correntisti, investitori, trader:

fino a che punto gli istituti sono blindati dai problemi che, nell’arco di due settimane appena, hanno messo KO le due banche americane Silicon Valley Bank e Signature Bank, costretto la Svizzera a orchestrare il salvataggio di Credit Suisse bussando alla porta della rivale UBS, e mandato a picco – è la notizia di oggi – le azioni e i bond di Deutsche Bank?

Di carne al fuoco ce n’è decisamente troppa, e riuscire a non farsi travolgere dall’ansia non è cosa da poco, in un momento in cui si torna a parlare di rischio evento Lehman , Bond AT1 del valore di miliardi di dollari polverizzati, e ora anche dell’impennata dei credit default swap sui bond della prima banca in Germania.

Ma la Fabi, sindacato italiano dei lavoratori bancari, rassicura gli italiani sulle condizioni di salute delle banche italiane, rispondendo alle domande che stanno assillando gli operatori con la presentazione, anche, di alcune tabelle, che paragonano gli istituti del made in Italy con quelli di Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Austria, Finlandia, Paesi bassi, Belgio, Lussemburgo e altri paesi in Europa.

“Le crisi di Silicon Valley Bank e Credit Suisse sono replicabili altrove? – si chiede la Fabi, rispondendo immediatamente all’interrogativo –  Impatti significativi in Italia sono quasi impossibili“.

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Banche italiane, Fabi: Cet1 in media al 14,7%, rispetto a 8% minimo Bce

Coefficienti patrimoniali, indici di redditività e di liquidità danno uno spaccato ancora più preciso della capacità di tenuta a shock finanziari dell’industria bancaria del nostro Paese – si legge nell’analisi Fabi – Dai numeri dei principali istituti di credito italiani, emergono indicazioni più che positive e rassicuranti in tema di patrimonializzazione, qualità del credito e profittabilità”.

In particolare, “l’Italia vanta un Roe (return on equity) superiore alla media europea, un Cet1 che si attesta in media al 14,7% rispetto all’8% stabilito come valore minimo dalla Bce e un Tier1 al 16,2%”.

Tra l’altro in Europa e in Italia le banche e le stesse autorità di vigilanza sul settore bancario hanno imparato la lezione della crisi finanziaria globale del 2008:

“La Vigilanza dell’Unione europea e le autorità finanziarie del Vecchio continente, che hanno norme più stringenti e impongono controlli differenti e maggiori rispetto a quelle dei due Paesi degli istituti falliti, hanno fatto tesoro di quanto accaduto con la precedente crisi globale del 2008 e hanno ampliato il proprio lavoro, chiedendo alle banche di rafforzare soprattutto la loro posizione patrimoniale e i requisiti di liquidità”.

Un “sacrificio”, sottolinea la Fabi, “durato anni, che però oggi porta i suoi frutti: gli istituti di credito dell’area euro, che tra l’altro sono per nulla presenti in Silicon Valley Bank, sono solidi e meno esposti alle turbolenze finanziarie di questi giorni”.

I numeri parlano chiaro e sono riassunti in alcune tabelle che presentano dati della Bce che sono stati elaborati dalla Fabi.

Il paragone con banche di Germania, Francia, Spagna

Viene messo in evidenza, analizzando le prime quattro nazioni in cui spiccano le banche significative, ovvero l’Italia, la Germania, la Francia e la Spagna, che “l’Italia con 12 banche significative è al quarto posto per totale di attivi (2,8 miliardi di euro) e per profitti (12,87 miliardi di euro), con un roe (return on equity) dell’8,95%, al di sopra della media dell’Unione europea”.

E’ la Francia che si aggiudica i valori più alti: a fronte di ‘sole’ 10 banche significative, ha attivi per 9,47 miliardi, profitti per 25,11 miliardi con un roe del 6,21%, anche se di quasi due punti percentuali inferiore al dato dell’Italia.

C’è poi la Germania (21 istituti significativi), che “registra attivi per 5,3 miliardi, profitti per 10,06 miliardi, con un roe ancora più basso, al 5,19%” e, “prima dell’Italia, per attivi (3,87 miliardi) e profitti (17,81 miliardi), si colloca la Spagna, che incassa un roe al 10,53%”.

La Fabi spiega che la solidità delle banche europee non è confermata soltanto dai “coefficienti patrimoniali e di redditività”, visto che “dai numeri dei principali istituti di credito italiani, emergono indicazioni più che positive e rassicuranti per il settore”.

Ed è così che si nota che le banche italiane, contraddistinte da una “massa di attivi pari alla metà di quella tedesca e a circa un terzo di quella francese” vantano “un roe (return on equity) superiore non solo alla media europea, ma anche ai principali concorrenti dell’area euro (Italia: 8,95%, media europea: 7,50%).

Questo, a fronte di “una percentuale relativa al cost/income pari al 64,2%, un Cet1 che si attesta in media al 14,7% rispetto all’8% stabilito come valore minimo dalla Bce e un Tier1 al 16,2%”.

Il sindacato ricorda che tra altro, in alcuni casi, “gli indici patrimoniali delle banche italiane di minore dimensione raggiungono valori ben più alti, a testimonianza che anche le piccole realtà hanno rafforzato il proprio patrimonio per fronteggiare eventuali altre crisi sistemiche”.

“Tornando ai grandi gruppi bancari – continua l’analisi della Fabi – valori simili all’Italia li troviamo in Germania (cost/income al 69,2%, Cet1 al 14,9% e Tier1 al 16,1%) e in Francia (cost/income al 67,9%, Cet1 al 15% e Tier1 al 16%)”, mentre “la Spagna, mostra più ‘fragilità’ pur rimanendo su valori sufficienti per rispondere a eventuali crisi, ma decisamente più bassi delle altre tre nazioni: il cost/income è al 49,8%, Cet1 al 12,5% e Tier1 al 14%.

Il fattore NPL delle banche italiane ed europee

Ci sono poi i coefficienti relativi a NPL e liquidità.

In questo ambito, viene posto l’accento sulle conseguenze positive delle politiche di derisking attivate dalle banche italiane, che hanno permesso al rapporto tra totale crediti e non performing loan dell’Italia di attestarsi al 2,6%.

Dai dati emerge praticamente che “le banche italiane vantano un profilo di liquidità solido e robusto, con un indicatore (Lcr ratio) del 176%, ampiamente distante dal 100% minimo stabilito dalle regole di Basilea. Quest’ultimo si attesta al 147% per la Germania e per la Francia e al 193% per la Spagna”.

Riguardo al “rapporto tra crediti e NPL, per le più importanti banche tedesche è allo 0,93%, per le francesi allo 1,8% e per le spagnole al 2,7%, mentre per quelle italiane è al 2,6%”.

Così  il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni:

“La solidità finanziaria delle banche italiane dipende da tre fattori cruciali: le regole e i controlli efficaci della vigilanza, la qualità professionale dei vertici dei gruppi e la resilienza assicurata dalle lavoratrici e dai lavoratori che con il loro impegno, la serietà e lo spirito di abnegazione hanno fornito un formidabile contributo alla tenuta e alla stabilità del settore bancario italiano in un periodo di profonda trasformazione non privo di incertezze, sia quelle legate alla pandemia sia quelle derivanti dalla guerra in Ucraina. Si tratta di un dato di fatto, di un merito che andrà adeguatamente riconosciuto, dalle banche, anche dal punto di vista economico, in occasione del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro che sarà al centro del prossimo negoziato. Il lavoro ha consentito alle banche italiane di compiere un salto di qualità estremamente significativo sotto tutti i punti di vista: per gli indici di liquidità, la bontà del patrimonio e il livello di redditività, tutti e tre superiori alla media europea”.

Il rapporto della Fabi arriva proprio nel giorno in cui sui mercati già assillati dalle crisi bancarie esplose negli Stati Uniti e nella stessa Europa si sono trovati a fare i conti con l’effetto domino sui titoli bancari del tracollo di Deutsche Bank .

Anche Credit Suisse e UBS  si sono confermate tristi protagoniste delle banche made in Europe, anche se per questioni legate piuttosto ai presunti aiuti forniti agli oligarchi russi amici di Vladimir Putin colpiti dalle sanzioni dell’Occidente.

Il tonfo di Deutsche Bank ha mandato a picco le borse europee, che sono riuscite poi ad arginare i danni dopo l’annuncio arrivato dalla stessa banca tedesca, che a sorpresa, nel mezzo del panico che stava già colpendo le sue azioni, ha reso noto un piano per riacquistare alcuni dei suoi bond più rischiosi, i bond Tier 2, il prossimo 24 maggio.

La notizia ha acceso i buy sulle obbligazioni che, stando a quanto riportato dal Wall Street Journal, sono rimbalzati stamattina fino a 99 cents di dollaro, dai 90 cents di inizio settimana. Da qui a dire che il peggio per le banche americane ed europee sia finito, ce ne passa.