Mps e la tegola dei 10 MLD rischi legali. Perdita 3° trimestre ben oltre stime: aumento capitale urgente. UniCredit ormai un miraggio
I risultati del terzo trimestre del 2020 comunicati da Mps non fanno altro che confermare la necessità di un aumento di capitale per la banca definita spesso l’Alitalia del credito. E’ vero che i requisiti patrimoniali rimangono al momento sopra la soglia di quelli minimi stabiliti dalla Bce. Ma, con il boom di nuovi contagi da coronavirus, il nuovo lockdown in Italia o comunque nelle #RedZone deciso dal Dpcm di Giuseppe Conte, il rischio dunque che l’economia italiana torni a deteriorarsi, Mps è costretta ad alzare la guardia. Anche perchè quei numeri che riassumono la solidità patrimoniale sono superiori alle soglie della Bce, è vero, ma davvero di poco.
Inoltre, il terzo trimestre dell’anno si è concluso con una perdita, per la banca senese, ben superiore alle attese degli analisti, a causa della zavorra dei rischi legali calcolati in 10 miliardi di euro circa.
Con UniCredit determinata a non imbarcarsi in nessuna operazione di risiko del credito – tanto che l’AD Jean Pierre Mustier ha chiarito che il piano strategico di Piazza Gae Aulenti si basa proprio sul ‘no M&A’ -, la situazione di Mps si fa ancora più precaria.
Tutte quelle speculazioni su un ipotetico matrimonio tra UniCredit e Mps erano state in ogni caso già azzoppate, almeno nel breve.
Prioritario, infatti, anche per il Mef – azionista di maggioranza del Monte dei Paschi di Siena dal 2017 con una quota del 67% – è dotare l’istituto di capitali necessari a fare da scudo contro la crisi attuale ed eventuali altri ostacoli.
Veniamo ai risultati di bilancio: Mps ha chiuso il terzo trimestre dell’anno con una perdita netta di 451 milioni di euro, decisamente superiore, come fanno notare gli analisti di Equita, al rosso di 49 milioni atteso dal consensus. Il motivo di un tale disastro?
Il risultato netto del trimestre negativo per 451 milioni di euro, si legge nella nota della banca, è stato impattato da oneri non operativi per 569 milioni di euro, principalmente relativi ad accantonamenti per rischi legali e ai costi di ristrutturazione per le uscite di personale”.
Insomma, Mps ha visto la propria redditività affossata anche per gli oneri legati all’esodo del personale. “Il risultato operativo lordo, invece, si è attestato nel terzo trimestre a 203 milioni di euro, in rialzo dell’8,8% rispetto al secondo trimestre, con aumento del margine di interesse (+3,8%), grazie alla tenuta della componente commerciale e ai benefici del TLTRO (finanziamenti a tassi agevolati erogati dalla Bce) e delle commissioni (+9,6%), a seguito della ripresa della normale operatività post lockdown”.
A livello lordo, gli utili ci sono dunque stati: il periodo a cui ci si riferisce è tuttavia proprio quello illusorio del terzo trimestre, caratterizzato da un rimbalzo del Pil da record.
Una crescita dovuta alla ripresa delle attività post-lockdown, non sostenibile ed eccezionale, che dovrebbe essere seguita però da numeri ben diversi, viste le misure restrittive lanciate dal governo Conte per arginare l’emergenza COVID-19, proprio nelle ultime ore. E visti i danni profondi che l’economia italiana ha già sofferto, tanto che le previsioni della Commissione europea, pur se riviste al rialzo, non lasciano scampo al Pil italiano.
Tornando al bilancio di Mps, nel totale del periodo di nove mesi che si è concluso il 30 settembre del 2020, la banca ha sofferto una perdita netta ( risultato netto negativo) per 1,54 miliardi di euro, rispetto agli utili di 186,9 milioni dello stesso periodo dell’anno scorso, ovvero dei primi tre trimestri), scontando ancora gli accantonamenti effettuati al fondo rischi e altri oneri riconducibili ancora a rischi legali.
L’illusione requisiti patrimoniali. Occhio a effetto nuovo lockdown da COVID-19
C’è da dire che i requisiti patrimoniali della banca senese non solo non sono stati terribili, ma, di primo acchito, sono apparsi anche positivi. I coefficienti patrimoniali e la posizione di liquidità, in base a quanto emerge dal bilancio, sono stati infatti superiori alle soglie minime SREP richieste dalla Bce:
Transitional Cet 1 RATIO: 12,9% rispetto all’8,8% dei requisiti SREP
Total Capital Ratio: 16,2% rispetto al 13,6% SREP
LCR 150%
NSFR >100%
Come ha tuttavia fatto notare un articolo del Sole 24 Ore, il “Tier1 ratio è sul filo del rasoio: è al 10,9% contro un minimo del 10,88%. In tutto questo, peraltro, va detto che i requisiti Srep attualmente in vigore sono più bassi di quanto normalmente dovrebbe essere, ma per una concessione temporanea della Bce a tutte le banche a fronte dello scoppio della pandemia. Da qui l’urgenza di intervenire sul capitale, al massimo – si stima sul mercato – entro il primo trimestre del prossimo anno”.
Ma di quanto sarà l’aumento di capitale? Nella nota con cui ha riportato i conti del terzo trimestre e da inizio anno fino al 30 settembre, si legge che la banca, “con il pieno supporto dell’azionista di controllo (ovvero il Mef), sta lavorando alla revisione del capital plan per le iniziative di rafforzamento patrimoniale in corso di valutazione, alla luce degli accantonamenti per rischi legali contabilizzati nel trimestre, degli impatti del deal con Amco e delle future implicazioni del contesto regolamentare e macroeconomico”.
Voci di mercato rimbalzate più volte nelle ultime settimane hanno pronosticato un aumento di capitale fino a 2,5 miliardi di euro.
Fino ad allora Mps continuerà a ballare da sola. All’indomani delle dichiarazioni rilasciate dal suo ceo Jean Pierre Mustier, UniCredit ha fatto capire infatti di avere priorità ben diverse di una operazione di M&A o, anche, rispetto alla creazione di una subholding in Germania.
Quest’ultimo piano di trasloco in Germania – che rimane comunque in essere, come ha precisato Mustier, ma che semplicemente, per ora, non serve – aveva portato qualcuno a ventilare la possibilità che UniCredit venisse sdoppiata, e che dunque l’UniCredit italiana potesse essere convinta a rilevare la patata bollente di Mps.
Insomma, per Mps si conferma la necessità di muoversi abbastanza in fretta, anche in previsione di altri danni molto probabili che il lockdown infliggerà all’economia italiana e dunque, anche alle sue banche.