Mps-UniCredit: nessun matrimonio a breve anche per ostilità M5S. Ma occhio a quei bond che ci credono, con rendimenti da urlo
Dal Mef nuova iniezione di liquidità a favore di MPS, con un altrettanto nuovo aumento di capitale pubblico, il secondo, per la precisione. Il primo avvenne, ricorda un articolo di La Repubblica, nel luglio del 2017, quando sempre il Tesoro italiano divenne il primo azionista della banca senese, acquistando una quota del 68,5% per 5,4 miliardi.
Questo secondo aumento di capitale pubblico dovrebbe aggirarsi secondo fonti interpellate dal quotidiano a oltre 2 miliardi di euro, in linea con quanto riportato nelle ultime sessioni da altri quotidiani: la scorsa settimana si è parlato di un aumento di capitale fino a 2,5 miliardi, resosi necessario a causa dei rischi legali, aumentati ora con la sentenza di condanna a carico degli ex vertici, l’ex presidente ed ex AD, rispettivamente Alessandro Profumo e Fabrizio Viola.
I rischi e la necessità di preservare il CET 1 ratio, sceso anche per il recente smobilizzo degli NPL ad Amco, hanno costretto la banca a effettuare accantonamenti, il cui valore non è stato annunciato, e il Tesoro a fare pressing per “un aumento di capitale tra 1,5-2,5 miliardi necessario per ripristinare gli indici patrimoniali, a seguito della scissione di NPL ad Amco e dei nuovi accantonamenti relativi alla sentenza di condanna per falso in bilancio dei vecchi vertici”, come riportato giorni fa dal Messaggero.
Nozze con UniCredit? Nel breve no M&A per Mps, anche per ostilità M5S
“Fonti finanziarie non commentate dalla banca stimano un fabbisogno di oltre 2 miliardi di euro, per far sì che le perdite in arrivo non portino il patrimonio al disotto del minimo stabilito dalla vigilanza Bce (indicazione Srep della Bce è di un patrimonio pari all’11%) “, scrive oggi Repubblica, che fa capire come la priorità sia questa: procedere all’aumento di capitale e solo dopo, “dalla prossima primavera” trovare una banca pronta ad acquistare la banca: il Tesoro, si ricorda, si è impegnato infatti con l’Europa a trovare un compratore “entro l’aprile 2022”, non proprio entro domani.
Di conseguenza, “vista la situazione contabile della banca, il proibitivo contesto economico (a causa della pandemia del coronavirus COVID-19) e l’ostilità al progetto dei M5s che hanno da poco indicato l’ad Guido Bastianini, è poco probabile che Mps trovi marito nel breve. Nel fine settimana sono tornate le voci su Unicredit, cui anche tramite l’advisor Mediobanca il Tesoro propone il dossier senese da luglio”.
E il mercato ci ha creduto, anche con tanto di smentita da parte del Tesoro: le quotazioni di Mps sono volate dell’11% circa, e bene ha fatto anche UniCredit, salita di oltre il 3%.
A questo punto si attendono di nuovo le parole dell’AD di UniCredit, Jean-Pierre Mustier, che ha detto più volte di non avere alcun interesse a qualsiasi operazione di M&A.
Non per niente, il titolo Mps oggi perde terreno, arretrando di oltre -1%, nonostante il balzo superiore a +2% dell’indice Ftse Mib e a fronte dei solidi guadagni che interessano il settore bancario sulla scia, anche, dei risultati di bilancio migliori delle attese di BNP Paribas.
Ieri Bloomberg ha affrontato di nuovo il dossier Mps, facendo riferimento alla riunione del cda, che ha discusso proprio la necessità di procedere a un aumento di capitale.
Stando a quanto riportato da una fonte, “nessuna decisione finale è stata ancora presa, in un momento in cui la banca pianifica di contabilizzare gli accantonamenti nel terzo trimestre”. Altre fonti hanno parlato di un aumento di capitale compreso nel range tra 1,2 e 1,8 miliardi di euro. Il portavoce della banca ha preferito non rilasciare commenti, in vista del prossimo meeting del board atteso per la giornata di domani, mercoledì 5 novembre, per l’approvazione del bilancio.
Intanto, come ha riportato Milano Finanza, “i bond subordinati dell’istituto toscano stanno beneficiando di queste voci (ovvero dei rumor tornati alla ribalta su un matrimonio tra Mps e UniCredit), come ha più volte scritto MF-Milano Finanza. Infatti il Tier 2 da 300 milioni di euro, emesso il 3 settembre scorso a 100, “dopo essere sceso a 82,5”, spiega a milanofinanza.it Giacomo Alessi, analista di Marzotto Sim, “ha visto il prezzo salire a 87 negli ultimi due giorni grazie all’ipotesi di una fusione in vista“.
MF si riferisce anche ad altre obbligazioni di tipo Tier 2. In particolare, c’è quel bond che è stato “collocato a gennaio 2018, dopo il salvataggio del Mef, che oggi è azionista di riferimento con il 68% delle quote, quota 80 e stacca una cedola del 5,375%. L’emissione ha scadenza nel 2028 e un rendimento alla call, il 18 gennaio 2023, del 17%“. Ora, “per chi crede che il Mef organizzi un aumento da 2,5 miliardi e poi possa far inglobare Mps in Unicredit, un bond come quello che alla call nel 2023 rende il 17% potrebbe rappresentare un’occasione di investimento da tenere in considerazione“, ha concluso l’esperto di Marzotto Sim, intervistato da MF che, non per niente, ha intitolato l’articolo con il seguente titolo: “Mps, quei bond che rendono il 17% per chi scommette sulla fusione con Unicredit”