Italexit, messaggio a euroscettici Borghi & Co. Quel piano Z che spiega perchè l’Italia non può uscire dall’euro
La parola Italexit continua ad affascinare gli euroscettici più appassionati e a spaventare i sostenitori dell’euro: ma un’uscita dell’Italia dall’euro è davvero possibile? Sicuramente l’Odissea Brexit avrà freddato e starà freddando chi spera per il proprio paese un divorzio dal blocco dell’Unione europea. La saga va avanti, e in diversi si chiedono se davvero il Regno Unito riuscirà a dire addio a Bruxelles: in realtà l’obiettivo dovrebbe essere ora più a portata di mano visto che, con le elezioni generali UK dello scorso 12 dicembre, il premier Boris Johnson può contare su una maggioranza più solida.
Ma quando si tratta di Brexit, ogni certezza viene messa in discussione, come sta accadendo in queste ore.
L’Italexit è un sogno caldeggiato da molti in Italia, in particolare dalla platea degli euroscettici che, a dispetto di quanto ha affermato proprio oggi l’ex numero uno della Bce Mario Draghi, non credono affatto che l’euro sia irreversibile.
L’hashtag stesso #Italexit è tornato a fare capolino più volte, soprattutto ultimamente con la faccenda del Mes-Fondo salva-stati, che tanto ha provocato rabbia e tensioni nell’arena politica italiana.
Detto questo, gli euroscettici in Italia sono un dato di fatto: esistono e hanno un’influenza molto forte su quell’esercito di italiani disillusi e scoraggiati, che vedono nella moneta unica la fonte di tutti i loro problemi.
Tra i più popolari, ci sono Claudio Borghi (padre dei minibot) e Alberto Bagnai, entrambi economisti della Lega, rispettivamente presidente della Commissione bilancio della Camera e presidente della Commissione di Finanza al Senato.
In un articolo pubblicato su Brookings, l’economista Carlo Bastasin spiega tuttavia perchè l’Italexit sia più facile a parole che a fatti. “Why Italy cannot exit the euro”. Perchè l’Italia non può uscire dall’euro”.
Carlo Bastasin è un economista, editorialista del Sole 24 ore. E’ attualmente associato come Senior Fellow a Brookings Institution. Nel 2009 è stato economista per il Peterson Institute for International Economics di Washington. Come si legge nella stessa biografia del Sole 24 Ore, tra i libri pubblicati da Bastasin c’è “Saving Europe – how national governments nearly destroyed the euro” per Brookings Institution – Marzo 2012., ovvero “Salvare l’Europa. Come i governi nazionali hanno quasi distrutto l’euro”.
Ma torniamo al suo articolo:
“L’ascesa dei partiti euroscettici, avvenuta in Italia negli ultimi anni, ha sollevato forti timori sulla permanenza del paese nell’euro e, sebbene la retorica anti-euro sia ora più pacata, la paura di una ‘Italexit’ è ancora presente nell’economia. Il debito pubblico notoriamente alto dell’Italia è considerato, in generale, sostenibile e non a rischio di default; tuttavia, gli investitori rilevano che le incognite politiche continuano a pesare sulla stabilità finanziaria del paese. E, nel rispecchiare l’incertezza, i bond governativi italiani di lungo termine presentano rendimenti che – sebbene storicamente bassi – sono quattro volte più alti dei loro equivalenti spagnoli o portoghesi”.
Bastasin non sottovaluta affatto il successo degli euroscettici.
“Al momento, i partiti euroscettici sono chiaramente avanti nei sondaggi dell’Italia. Pochi sono i dubbi che, in caso di elezioni anticipate, toccherebbe al leader della Lega Matteo Salvini il compito di formare un nuovo governo. Salvini di recente ha definito l’euro ‘irreversibile (sebbene in seguito abbia fatto dietrofront). Tuttavia, alcuni dei suoi consiglieri valutano pubblicamente l’opzione di una uscita (dell’Italia dall’euro), e il partito più somigliante (alla Lega), Fratelli d’Italia, è forse ancora più anti-europeista della Lega”.
La domanda, dunque, è quasi inevitabile:
“Riuscirebbero Lega e Fratelli d’Italia a portare l’Italia fuori dall’euro?”
“Un documento finora sconosciuto preparato dalle autorità italiane nel 2012, al culmine del dramma della crisi dell’euro, rivela come alcune conseguenze economiche e controversie legali renderebbero l’Italexit praticamente impossibile (Il documento è incluso nel libro pubblicato dalla LUISS University Press a novembre “Viaggio al termine dell’Occidente, La divergenza secolare e l’ascesa del nazionalismo“, scritto dallo stesso Carlo Bastasin. Il documento dovrebbe scoraggiare, una volta per tutte, i consiglieri apertamente anti-euro di Salvini dal realizzare il loro incosciente piano di Italexit”.
“Alla fine del 2011 -ricorda l’economista – venne chiesto a un gruppo di lavoro costituto da alti funzionari del governo italiano e di Bankitalia di studiare le conseguenze di una uscita involontaria dell’Italia dall’euro. La preoccupazione era che la crisi della Grecia potesse provocare una turbolenza più forte, facendo scappare gli investitori dalle economie della periferia dell’area euro. All’inizio di novembre del 2011, la stessa Italia era vicina a perdere l’accesso ai finanziamenti del mercato. Quell’esperienza drammatica, che culminò nelle brusche dimissioni dell’allora primo ministro Silvio Berlusconi (a tal proposito, molti parlano praticamente di una sua cacciata da parte dell’Ue dell’allora Angela Merkel -tuttora in pista – e di Nicolas Sarkozy) motivò l’iniziativa”.
Italexit: conseguenze drammatiche nel Piano Z
Il riferimento è al cosiddetto “Piano Z”, che venne stilato dal gruppo di funzionari: “un documento di 11 pagine, concepito per descrivere le implicazioni di una eventuale adozione da parte dell’Italia dell’opzione estrema (uscita appunto dall’euro). Lo studio considerò l’eventualità di una crisi di fiducia nell’area euro, che avrebbe portato i correntisti a ritirare i loro soldi dalle banche italiane. A quel punto, le autorità italiane sarebbero state costrette a imporre controlli (sui capitali); limitando i prelievi di contante e impedendo i trasferimenti di soldi all’estero. Queste misure, sebbene inevitabili, avrebbero aggravato il panico della gente“.
“La conseguenza sarebbe stata il default dell’Italia sul suo debito pubblico. All’inizio, sotto forma di una estensione della scadenza dei bond sovrani. In un secondo momento, attraverso la riduzione del valore nominale dei bond”.
“A quel punto – si legge ancora – l’Italia sarebbe uscita dall’euro. E ciò sarebbe accaduto senza un quadro giuridico predeterminato, visto che i Trattati Ue non contemplano l’opzione di lasciare l’Unione monetaria. Tecnicamente, una nuova valuta chiamata Eurolira sarebbe stata introdotta a cui i depositi bancari sarebbero stati convertiti in tempo reale”.
Il documento menzionato da Bastiasin fa riferimento a una grave recessione che si sarebbe abbattuta sull’economia italiana, difficile da stimare in anticipo.
Italexit e l’introduzione dell’Eurolira
“Inizialmente, il tasso di cambio sarebbe stato fissato a 1 Eurolira per 1 euro. Ma successivamente, il mercato avrebbe costretto l’Eurolira a deprezzarsi in un modo difficile da prevedere. Il calo del valore della nuova valuta sarebbe dipeso da quale meccanismo sarebbe stato deciso per avviare la ristrutturazione del debito pubblico. Un livello del debito-Pil pari all’80% venne considerato coerente con il rifinanziamento dei debiti ricorrendo soltanto agli investitori domestici. Venne considerato essenziale per l’Italia evitare qualsiasi ricorso agli investitori stranieri, per prevenire una svalutazione (della nuova moneta) ancora più drammatica. In ogni caso considerato l’avanzo primario, venne sottolineato che, in caso di riduzione del debito-Pil all’80%, sarebbe stato possibile servire il debito pubblico”.
“Un’opzione che venne valutata (da quel gruppo di lavoro) – scrive ancora l’economista – fu la possibilità di non apportare modifiche al valore nominale dei bond, e annunciare invece una vendita imponente di aziende di proprietà dello Stato (privatizzazione beni e aziende pubbliche), insieme a una considerevole patrimoniale sugli asset finanziari presenti nei conti correnti. Una seconda opzione studiava una riduzione del 10-20% del valore nominale dei bond governativi, insieme a una estensione della loro scadenza, al fine di evitare in modo attento un ‘default’ vero e proprio. Ma quest’ultima opzione, tra l’altro considerata legale, avrebbe dato il via a enormi controversie legali e a costi enormi per rimborsare gli investitori (detentori di BTP etc). E comunque, evitare una dichiarazione di default sarebbe stato quasi impossibile”.
“Di fatto, la conseguenza più drammatica di una Italexit sarebbe un costante contenzioso su ogni singola misura adottata dal governo. Un lungo allegato tecnico al documento descrive uno scenario spaventoso di controversie legali, che durerebbero anni, e che renderebbero l’intera operazione (dell’Italexit) del tutto irrealistica e destinata a provocare conseguenze catastrofiche che si ripercuoterebbero anche al di là dell’area euro”.
“Infine – rende noto Bastasin – ci sono due versioni del documento: una preparatoria, iniziata nel 2011, e una finale, con data 27 luglio 2012. L’ultima data è significativa, perchè corrisponde al giorno successivo alla famosa frase “Whatever It Takes“ proferita da Mario Draghi, che salvò l’euro. L’esistenza di un “Piano Z” per l’Italia aveva proiettato d’altronde una luce più vivida sulle sfide esistenziali dell’Europa, che Draghi riuscì a battere”.
Carlo Bastasin conclude il suo lungo articolo ricordando tuttavia che “l’incertezza sulla determinazione dell’Italia a rimanere nell’euro continua a fare da deterrente agli investimenti e a danneggiare in modo grave la crescita economica”.
Tra l’altro, “la retorica anti europeista dei leader italiani è anche un fattore di distrazione politica che allontana quelle riforme di cui il paese ha bisogno”.
Di conseguenza, il messaggio più o meno implicito che l’economista rivolge ai sovranisti à la Borghi e Bagnai è il seguente:
“Ammettere – e non in modo ambiguo – che uscire dall’euro sarebbe disastroso dovrebbe essere il primo passo e anche il passo più cruciale per chiunque volesse governare l’Italia”.