Inflazione Usa: taglio tassi Fed di 50 pb? Il trend del CPI che darà il via libera a Powell
Manca poco alla pubblicazione, negli Stati Uniti, del dato market mover relativo all’inflazione che condizionerà la decisione che la Fed di Powell prenderà sui tassi, al termine della riunione del Fomc prevista per i prossimi 17-18 settembre.
Per quella data, la Bce di Christine Lagarde, il cui Consiglio direttivo si riunisce dopodomani, giovedì 12 settembre, avrà già fatto da un po’ di giorni il grande annuncio sui tassi dell’area euro.
- Taglio tassi Bce 25 punti base certo, dubbi su sforbiciata Fed
- Inflazione Usa chiarirà dubbi post report occupazione?
- “La Fed potrà fare ciò che vuole con questo trend inflazione”
- Il livello di inflazione che affosserebbe chance taglio 50 pb
- Wells Fargo punta su taglio tassi più forte degli ultimi 16 anni
Taglio tassi Bce 25 punti base certo, dubbi su sforbiciata Fed
Detto questo, il verdetto della banca centrale americana guidata dal presidente Jerome Powell condizionerà inevitabilmente le mosse successive dell’Eurotower, così come è sempre stato, a causa di quel rapporto di cambio euro-dollaro che, per quanto Lagarde faccia finta di ignorare sbandierando l’indipendenza dell’Eurotower viene attenzionato, per evitare che si manifesti il fenomeno dell’inflazione importata.
Se in attesa della Bce le aspettative sono di un taglio dei tassi di nuovo mini, pari a -25 punti base, è evidente sui mercati la maggiore incertezza su quanto la Fed potrebbe annunciare tra una settimana circa.
Questa maggiore incertezza è stata scatenata venerdì scorso dalla Nonfarm Payrolls di agosto, ovvero dal report occupazionale Usa che, nel fornire indicazioni contrastanti, ha portato diversi analisti a interrogarsi sulla possibilità di un taglio dei tassi di interesse, nella imminente riunione, di 50 punti base:
ipotesi che era stata alimentata da alcuni numeri arrivati sempre dal mercato del lavoro nelle sedute precedenti di Wall Street, e che poi si è fatta meno probabile nel momento in cui i dati di venerdì hanno presentato a Wall Street e alla stessa Fed un’economia non proprio così in difficoltà da lanciare un SOS.
Non solo: dal rapporto dei Nonfarm Payrolls è emersa una crescita dei salari che ha accelerato il passo, confermandosi superiore alle attese, a conferma di come lo spettro dell’inflazione non sia stato del tutto scacciato.
Inflazione Usa chiarirà dubbi post report occupazione?
A tal proposito, la conferma o la smentita di questo sospetto arriverà solo domani, con la pubblicazione del CPI, indice dei prezzi al consumo, tra i parametri più importanti che misurano il trend dell’inflazione.
E’ questo il dato che, prima del Fed Day, i trader di tutto il mondo attendono con trepidazione, in quanto probabile market mover imprescindibile per capire quelle che potrebbero essere le prossime decisioni di Jerome Powell:
gli analisti prevedono un rialzo, per l’indice CPI Usa, pari al 2,6% su base annua, in chiaro indebolimento rispetto al +2,9% di luglio, quando l’indice (headline) aveva segnato una crescita su base annua inferiore alla soglia del 2% per la prima volta dal marzo del 2021.
Il core PCI è atteso rimanere in crescita del 3,2% su base annua, a fronte di un aumento dello 0,2% su base mensile, che dovrebbe riguardare anche l’indice headline.
“La Fed potrà fare ciò che vuole con questo trend inflazione”
Interpellato dal Financial Times James Knightley, capo economista globale di ING, ha detto che, nel caso in cui il verdetto fosse quello di una componente core in crescita di solo lo 0,2% su base mensile, come da attese, la Fed potrebbe fare ciò che vuole, tagliando dunque i tassi sui fed funds anche di 50 punti base.
Ma diversi sono gli analisti a ritenere che le aspettative di una riduzione di 50 punti base da parte della Fed, in occasione del meeting di settembre siano per ora, a meno che il trend dell’inflazione Usa non stupisca davvero al ribasso, eccessivamente dovish.
Jeffrey Cleveland, capo economista di Payden & Rygel, ha per esempio fatto notare che, a suo avviso, i dati macro non sembrano giustificare un taglio da 50 punti base.
Il riferimento è proprio al rapporto sull’occupazione negli Stati Uniti, pubblicato lo scorso venerdì che, pur confermando il rallentamento della crescita dei posti di lavoro, non ha dato informazioni sufficienti da avallare una riduzione dei tassi di mezzo punto percentuale:
“È vero, dunque, la crescita dei posti di lavoro è rallentata, ma il dato è ancora ben al di sopra dello zero, non indicativo di una recessione e abbastanza forte da mantenere una pressione al ribasso sul tasso di disoccupazione”.
Cleveland ha avvertito contestualmente che, “se l’inflazione dovesse continuare a moderarsi, il rischio per la Fed sarebbe quello di rimanere restrittiva troppo a lungo, facendo inutilmente precipitare l’economia Usa in una fase recessiva”.
Detto questo, a suo avviso “i dati macro, al momento, non sembrano giustificare un taglio da 50 punti base, nonostante il mercato obbligazionario continui ad attribuire a quest’ipotesi una probabilità molto elevata. Un’argomentazione a favore potrebbe essere data dal fatto che, in presenza di una politica monetaria restrittiva (con un tasso sui Fed Funds pari al 5,33%) e del timore di un ulteriore rallentamento del mercato del lavoro, i policymaker potrebbero decidere di calare tutte le carte, pur di tornare a un orientamento neutrale della politica monetaria”.
L’economista ha confermato che, a questo punto, “gli occhi degli investitori sono puntati sulla pubblicazione dell’indice dei Prezzi al Consumo di agosto, prevista per domani, che dovrebbe schiarire le idee dei policymaker”.
Il livello di inflazione che affosserebbe chance taglio 50 pb
C’è una situazione che potrebbe dare però il colpo di grazia alla possibilità che la Fed di Powell tagli i tassi di interesse di 50 punti nell’imminente riunione del Fomc, il suo braccio di politica monetaria:
“In particolare, se l’IPC core di agosto fosse aumentato dello 0,3% rispetto allo 0,2% del consenso, le attese del mercato per un taglio di 50 pb dovrebbero ridimensionarsi sensibilmente”, ha detto ancora il Chief Economist di Payden & Rygel.
Un trend del genere dell’inflazione core misurata dall’indice dei prezzi al consumo core confermerebbe infatti la persistenza dell’inflazione, a livelli superiori alle stime, costringendo la banca centrale americana a rimanere sull’attenti e, dunque, a essere cauta nel decidere di tagliare i tassi di interesse per la prima volta in più di quattro anni, dopo la carrellata di strette monetarie che si è fermata nel luglio del 2023, con cui la Banca centrale americana ha alzato i tassi di 525 punti base in 11 riunioni.
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Wells Fargo punta su taglio tassi più forte degli ultimi 16 anni
In vista del dato sull’inflazione Usa che sarà reso noto domani, il faro per la Fed rimane il report occupazionale Usa, che, anche secondo Jan Hatzius, capo economista di Goldman Sachs, giustifica una riduzione di 25 punti base, e di non oltre.
Hatzius ha detto di stimare in tutto tre tagli consecutivi dei tassi firmati dalla Fed a partire dal meeting di settembre.
L’economista del colosso di Wall Street ha ammesso tuttavia anche che ha senso pensare a un taglio di 50 punti base da parte della Fed.
Nel commentare lo stesso dato, Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm ha confermato che il rapporto non è stato capace di fornire “chiarimenti significativi alla Fed in termini di tagli dei tassi, rispetto ai quali si discute ancora dell’entità (25 o 50 punti base), in vista della riunione della prossima settimana”.
Secondo Flax i dati relativi al mercato del lavoro hanno suggerito “uno scenario di soft landing, aumentando il rischio che un taglio di 50 punti base sia visto come una reazione eccessiva, anche se un’ulteriore serie di dati più deboli del previsto potrebbe essere sufficiente a far pendere l’ago della bilancia verso una riduzione più consistente”.
La parola, a questo punto, spetta al grande market mover in arrivo domani.
“Il report sul lavoro di agosto ha fatto poco per rispondere all’interrogativo di un taglio di 25 punti o di 50 punti base nella riunione (della Fed) di questo mese. Noi crediamo ancora in un taglio di 50 punti base, ma riconosciamo che una riduzione di 25 punti base è una possibilità reale“, hanno scritto in una nota gli economisti di Wells Fargo, rimarcando la fiducia su quella che sarebbe la sforbiciata dei tassi più importante della Fed degli ultimi 16 anni.
Per ora, in attesa della riunione del Fomc e stando al CME FedWatch Tool, i trader scommettono su un taglio dei tassi di 25 punti base con una probabilità pari al 71%: una riduzione del genere porterebbe i tassi Usa a scendere dal massimo degli ultimi 23 anni a cui oscillano oggi, al range compreso tra il 5% e il 5,25%.
La probabilità che la Fed tagli i tassi di 50 punti base è scontata invece con una probabilità per ora pari al 29%.
Ma il CPI potrebbe sdoganare ulteriormente questa ultima ipotesi.