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La Fed di Powell si spaccherà sui tassi? Cosa dicono le minute

6 Luglio 2023 09:46

La Fed di Powell divisa sui tassi? Cosa è emerso dalle minute del Fomc

Per quanto nel caso degli Stati Uniti l’inflazione si stia davvero sfiammando, la Fed di Jerome Powell, così come la Bce di Christine Lagarde, affossa le speranze delle colombe, frenando i rialzi di Wall Street.

Dalle minute del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve, è emersa infatti l’intenzione della banca centrale americana di alzare ulteriormente i tassi sui fed funds Usa.

Le minute, diffuse nel pomeriggio di ieri ora di New York, sono relative all’ultimo meeting del Fomc del 13-14 giugno, che si è concluso con la decisione di Powell & Co. di lasciare i tassi sui fed funds invariati al range compreso tra il 5% e il 5,25%.

Powell era stato tuttavia subito chiaro nell’avvertire i mercati che, quella annunciata, era stata solo una pausa, non uno stop nel ciclo dei rialzi dei tassi, lanciato nel 2022 contro l’impennata dell’inflazione.

La determinazione a continuare a lottare contro un’inflazione testarda negli Stati Uniti era stata ribadita successivamente anche in occasione del Forum di Sintra – noto anche come forum delle banche centrali – organizzato dalla Bce, che si è svolto nei giorni compresi tra il 26 e il 28 giugno.

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Nonostante questo, la pubblicazione delle minute del Fomc relative all’ultima riunione di giugno ha scosso i mercati.

Minute Fed: l’attenti al trend dell’inflazione core

“Quasi tutti i partecipanti hanno affermato che, con l’inflazione ancora ben al di sopra del target di più lungo termine della Commissione, e con le condizioni del mercato del lavoro che rimangono rigide, i rischi al rialzo per l’outlook dell’inflazione o la possibilità che l’inflazione alta in modo persistente possa portare le aspettative sull’inflazione a diventare non più ancorate, rimangono gli elementi chiave nel dare una direzione all’outlook della politica (monetaria)”, si legge nelle minute.

Messa in evidenza la persistenza dell’inflazione core:

“L’inflazione core non ha mostrato un allentamento sostenuto dall’inizio dell’anno – si legge nei verbali – e, “in generale”, gli esponenti del Fomc hanno notato che le spese per consumi si sono confermate “più forti delle attese”.

I funzionari della Fed hanno detto, anche, di aver ricevuto informazioni dalle aziende contrastanti: se alcune hanno citato condizioni economiche più deboli, altre hanno ammesso la presenza di “una solidità più forte delle stime”.

Il risultato è che alcuni esponenti del Fomc avrebbero preferito un ennesimo rialzo dei tassi, di 25 punti base, anche nell’ultimo meeting del 13-14 giugno, culminato nella decisione della banca centrale americana di lasciare i tassi invariati.

E questo significa che nella Fed si stanno aprendo anche alcune crepe e tensioni, evidentemente, tra gli esponenti più hawkish e quelli più propensi ad allentare la presa contro l’inflazione.

Sorpresa tassi: ‘La decisione era stata venduta come unanime’

Quasi tutti gli esponenti del Fomc hanno ritenuto “appropriato o accettabile” mantenere i tassi invariati al range compreso tra il 5% e il 5,25%. Ma alcuni avrebbero voluto appunto procedere a un ulteriore rialzo già a giugno.

Interpellata da Bloomberg Lindsey Piegza, capo economista presso Stifel Nicolaus, ha fatto commentato così i verbali della Fed:

“Sorprendono un po’, visto che la decisione era stata venduta dai funzionari della Fed come unanime“.

E invece no, il che significa che “è piuttosto chiaro che c’è stata una divergenza di opinioni, con alcuni funzionari che, in modo piuttosto chiaro, hanno espresso una qualche riluttanza a fare una pausa di un mese”.

Dalle minute è emerso inoltre che “quasi tutti” (“almost all”) hanno concordato sulla necessità di avviare altre strette monetarie, nel corso di quest’anno.

I dati macro non sono di buon auspicio

Nel discorso proferito a Sintra, Powell aveva fatto notare che, “quello che sta sostenendo l’inflazione è un mercato del lavoro molto forte”, aggiungendo che “non è passato molto tempo da quando la politica monetaria (della Fed) è diventata restrittiva” e che, in particolare, “non abbiamo assistito a molti progressi nel comparto dei servizi non immobiliare”.

Progressi sul fronte dei prezzi, che continuano a essere elevati, non sono stati ravvisati, aveva spiegato Powell, nei settori alberghiero, healthcare e viaggi.

Sempre in questi settori, inoltre, “i costi sono elevati“, fattore – aveva continuato Jerome Powell – che sostiene ulteriormente le pressioni inflazionistiche”.

Le ultime indicazioni arrivate dal fronte macroeconomico degli Stati Uniti non sono confortanti per chi spera in un dietrofront della Fed sui tassi:

il dato sul Pil Usa del primo trimestre avrà fatto scattare già sull’attenti Powell & Co. mettendo in evidenza una espansione dell’economia Usa che contrasta decisamente con quegli scenari di hard landing e anche di soft landing temuti dai mercati e paventati da alcuni esperti.

Un altro attenti ai tassi è arrivato poi con la pubblicazione del dato sull’inflazione misurata dal parametro preferito dalla Fed, ovvero dal PCE core.

Se è vero che l’indice PCE headline, relativo al mese di giugno, si è indebolito in modo significativo,
passando dal +4,3% di aprile al +3,8%, il trend del PCE core è stato di un aumento del 4,6%, appena 0,1 punti percertuali in meno rispetto alle attese, e rispetto al +4,7% precedente. Un indebolimento praticamente insoddisfacente, e troppo contenuto per permettere alla Fed di Powell di abbassare la guardia.

Questi dati, uniti a quanto emerso dai verbali, lanciano un messaggio ben preciso: la Fed di Powell ha ancora strada da fare per rimettere in riga l’inflazione.