Pil Usa sorprende al rialzo. La Fed di Powell drizza le antenne
Pil Usa, grande sorpresa con maxi revisione al rialzo. Più faticoso il lavoro della Fed di Jerome Powell per sfiammare l’inflazione?
Pil Usa: una sorpresa sicuramente positiva per l’economia degli Stati Uniti, non tanto, invece, per chi spera che i rialzi dei tassi di interesse della Fed di Jerome Powell siano vicini al capolinea.
Il dato sul Pil Usa finale appena snocciolato avrà colto di sorpresa, forse, lo stesso numero uno della Banca centrale americana Jerome Powell che, proprio nella giornata di ieri, in occasione del Forum delle banche centrali di Sintra, in Portogallo, aveva ammesso di essere stato sorpreso dall’inflazione persistente negli Stati Uniti.
Powell aveva motivato la dinamica rialzista dei prezzi, in particolare, con la solidità del mercato del lavoro degli States.
Economia troppo solida, inflazione difficile da estirpare: era stato praticamente questo il messaggio con cui il presidente della Fed aveva motivato la necessità di andare avanti, e di riprendere così ad alzare i tassi sui fed funds dopo la pausa dell’ultima riunione del Fomc.
E oggi, con la diffusione del Pil Usa, l’equazione economia più forte-inflazione più persistente è stata ulteriormente confermata, stavolta dal fronte macroeconomico degli Stati Uniti.
Pil Usa, maxi revisione al rialzo del dato: +2% nel I trimestre 2023
Veniamo ai dettagli della maxi revisione del Pil Usa, relativo al primo trimestre del 2023.
La revisione è stata l’ultima, dopo la lettura preliminare e la prima revisione, rese note nell’arco delle ultime settimane.
Si può parlare sicuramente di maxi revisione al rialzo. Il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha reso noto, di fatto, che, nei primi tre mesi del 2023, il Pil Usa è salito al ritmo annualizzato del 2%, decisamente superiore alla prima revisione, che aveva indicato un tasso di espansione pari a +1,3%.
La crescita dell’economia americana ha stracciato anche le attese degli economisti intervistati da Dow Jones, che si aspettavano un rialzo dell’1,4%.
Va detto che una notizia positiva ha riguardato, in realtà, proprio il trend dell’inflazione.
Esaminando il dato, emerge infatti che la componente core dell’indice dei prezzi che monitora il trend delle pressioni inflazionistiche, ovvero il PCE core (che esclude le componenti più volatilità rappresentate dai prezzi energetici e dei beni alimentari), ha segnato nel periodo un aumento del 4,9%, a un ritmo di crescita che è stato rivisto al ribasso di 0,1 punti percentuali rispetto ai numeri precedentemente indicati.
Detto questo, l’indice PCE che misura l’inflazione headline è cresciuto del 3,8%, allo stesso ritmo di quanto reso noto con la pubblicazione della seconda revisione del Pil Usa.
Basterà dunque il rallentamento – praticamente irrisorio – del tasso di crescita dell’inflazione core a calmare Jerome Powell?
Più che solida anche la componente della spesa per consumi: nel primo trimestre del 2023, il rialzo è stato di ben +4,2%, il più alto su base trimestrale dal secondo trimestre del 2021.
Boom anche per le esportazioni, balzate del 7,8%, rispetto alla flessione del 3,7% del quarto trimestre del 2022.
Va detto che, sebbene abbia sorpreso al rialzo, il Pil Usa comunque certifica il rallentamento della crescita dell’economia degli States:
nell’ultimo trimestre del 2022, la crescita del prodotto interno lordo era stata infatti pari a +2,6% su base annua. Ancora prima, nel terzo trimestre dello scorso anno, il ritmo di espansione era stato pari a +3,2%.
La decelerazione, evidente, è stata provocata proprio dalla Fed di Jerome Powell, che ha alzato i tassi sui fed funds per dieci volte consecutive, per poi fare una pausa (che però, ha precisato lo stesso Powell, non sarebbe stato uno stop).
Proprio ieri, seduto al fianco della numero uno della Bce Christine Lagarde e ai presidenti della Bank of England e della Bank of Japan, rispettivamente Andrew Bailey e Kazuo Ueda, Powell era tornato a parlare della necessità di continuare ad alzare i tassi, per sconfiggere la minaccia dell’inflazione.
“E’ necessario assistere a un ulteriore indebolimento del mercato del lavoro Usa”, aveva detto il numero uno della Fed.
Progressi nel cercare di sfiammare l’inflazione, Powell li ha sicuramente fatti: dal balzo del 9,1% su base annua dello scorso anno, record in 40 anni, l’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti ha più che dimezzato la sua corsa, riportando un rialzo del 4%.
Tuttavia, la solidità del Pil Usa conferma come l’economia americana continui a essere resiliente, forse fin troppo affinché il ritmo di crescita dei prezzi torni al target della Federal Reserve, pari a +2%.