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Draghi torna a sferzare l’Ue su competitività. I nodi difesa, energia e mercato dei capitali in Europa

16 Aprile 2024 14:01

Nell’Ue c’è bisogno di “un cambiamento radicale”. Parola dell’ex presidente della Bce ed ex presidente del Consiglio Mario Draghi, che parla di competitività intervenendo alla conferenza europea sui diritti sociali “European Pillar of Social Rights: watch the High-Level Conference”, in corso a La Hulpe, in Belgio.

L’ex premier, che è stato scelto dalla Commissione europea capitanata dalla presidente Ursula von der Leyen per stilare un rapporto sulla competitività Ue, ha detto chiaramente che le regole che finora hanno dato una direzione agli investimenti dell’Europa sono ormai obsolete, in quanto riferite a un mondo che non esiste più.

Le nostre regole per gli investimenti sono costruite su un mondo che non c’è più: il mondo pre-Covid, pre-guerra in Ucraina, pre-crisi in Medio Oriente”. Un mondo, anche, dove la competizione tra nazioni rivali si è fatta più agguerrita, a seguito dell’esplosione delle tensioni geolitiche che hanno diviso il pianeta.

Mario Draghi cita la frase “ossessione pericolosa” di Paul Krugman

“In un certo senso, questa è la prima volta che ho l’opportunità di iniziare a condividere con voi, non direi una filosofia, visto che non ci siamo ancora, ma il modo in cui questo rapporto (sulla competitività) sta prendendo forma”, ha detto Mario Draghi, in vista della presentazione ufficiale di quel rapporto che è stato chiamato a redigere, prevista per il mese di giugno.

“Per molto tempo la competitività è stata una questione controversa per l’Europa. Nel 1994, l’economista che sarebbe diventato Premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman, definì l’attenzione data alla competitività una ossessione pericolosa”, sostenendo come “la crescita di lungo termine derivasse dall’aumento della produttività, di cui beneficiano tutti”, più che da quel percorso con cui ognuno “cerca di migliorare la propria posizione rispetto a quella degli altri, catturando la loro parte di crescita”.

“L’approccio che abbiamo adottato in Europa a seguito della crisi dei debiti sovrani sembra dare ragione a Krugman – ha continuato Draghi – Abbiamo adottato deliberatamente una strategia volta ad abbassare i costi dei salari“.

Questo fattore, “unito alle politiche fiscali procicliche”, ha finito per “indebolire la nostra domanda interna”, mettendo a repentaglio “il nostro modello sociale”.

Tuttavia la questione, ha continuato Mario Draghi, è che la colpa non è della competitività.

“Non è la competitività a essere un concetto errato. E’ il modo in cui l’Europa si è concentrata su di essa che è stato sbagliato”.

“Ci siamo rivolti verso l’interno, abbiamo visto i nostri concorrenti come noi stessi, perfino in settori come la difesa e l’energia, dove abbiamo interessi comuni profondi. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato in modo sufficiente all’esterno”, ha detto l’ex numero uno della Bce, noto anche come Mr. WhateverItTakes, intervenendo all’evento European Pillar of Social Rights.

Finché il contesto internazionale è stato “benigno”, le cose sono andate bene, visto che la partita è stata giocata su un campo globale disciplinato dalle stesse regole. Ma “ora il mondo sta cambiando rapidamente, e ci ha colti di sorpresa”.

L’ex presidente del Consiglio ha fatto notare che ci sono infatti, ormai, diverse “economie che non si stanno più muovendo rispettando quelle regole, ideando piuttosto politiche volte a rafforzare la loro posizione competitiva”.

L’angoscia della dipendenza dell’Europa dal mondo. Draghi sulla Cina

A farne le spese è una Europa che è rimasta indietro, avvinghiata a un assetto che non riflette più i tempi di oggi, incapace tra l’altro anche di fare fronte comune.

Il risultato, ha avvertito Draghi, è che l’Europa sta pagando quelle politiche varate da altre economie. Politiche che “nel migliore dei casi sono concepite per canalizzare gli investimenti verso le rispettive economie, a nostre spese”, e che “nel peggiore dei casi mirano a renderci dipendenti in modo permanente”.

Il punto, infatti, è che l’Europa rimane alle prese con il problema sempre più angosciante dell’approviggionamento delle materie prime, di una catena di offerta manovrata da altri attori.

Citata “la Cina, “per esempio, che sta puntanto a catturare e a internalizzare tutte le componenti della catena dell’offerta relativa alla tecnologia pulita e avanzata” e che “si sta garantendo l’accesso alle risorse necessarie”.

“Questa veloce espansione dell’offerta – ha ammonito Draghi –  si sta traducendo in un eccesso di offerta in diversi settori, minacciando le nostre industrie”.

Dall’altro lato ci sono “gli Stati Uniti”, che “stanno utilizzando una politica industriale di larga scala per far rimanere nei loro confini la capacità manifatturiera domestica di alto valore” , ma anche “quella delle aziende europee”.

L’Europa che non riesce a essere Unione europea

Tutto questo, mentre l’Europa “non hai concluso accordi a livello di Unione europea” e in un contesto in cui, “anche se la Commissione europea continua a fare il possibile in suo potere e nonostante alcune iniziative positive in corso, manchiamo ancora di una strategia complessiva su come dovremmo rispondere” in molteplici contesti.

Tra le prove di questa Europa ancora attaccata al passato, il fatto che “oggi investiamo in tecnologie avanzate e digitali in misura inferiore rispetto a quanto fanno Stati Uniti e Cina, incluso il settore della difesa, e abbiamo solo quattro potenze tecnologiche europee globali, tra le 50 di tutto il mondo”.

Ancora, “manchiamo di una strategia che possa fare da scudo alle nostre aziende tradizionali”, mentre nel mondo ci sono quei casi di aziende a utilizzo intensivo di energia che beneficiano di “sussidi massicci, minacciando direttamente la capacità delle aziende europee di competere”.

La profezia, per l’Europa e la sua industria, non può che essere fosca:

In assenza di un’azione coordinata e concepita in modo strategico è logico che le nostre aziende fermeranno la loro capacità o si trasferiranno al di fuori dell’Unione europea“.

Tra l’altro, “manchiamo anche di una strategia che ci assicuri l’approviggionamento delle risorse di cui abbiamo bisogno per realizzare i nostri obiettivi, senza incrementare il nostro livello di dipendenza”.

Il risultato è che “disponiamo a ragione di una politica ambiziosa in Europa sul clima e di target severi sulle auto elettriche”, ma che siamo alle prese con unun mondo in cui i nostri rivali controllano molte risorse di cui necessitiamo”, fattore che rende necessario che le agende pur ambiziose dell’Europa si combinino con “un piano che ci faccia disporre di una nostra catena di offerta”, di materie prime che siano dunque necessarie per la produzione.

Draghi: Ue si adatti al mondo di oggi e al mondo di domani

Finora, ha fatto notare Mario Draghi, la risposta dell’Europa è stata limitata e non adatta a queste sfide, in quanto “la nostra organizzazione, il nostro processo decisionale, e i nostri finanziamenti fanno parte del mondo di ieri”:

quel mondo precedente, per l’appunto, “alla pandemia Covid, alla guerra in Ucraina, alla conflagrazione in Medio Oriente (..)”, mentre la verità è che “abbiamo bisogno di una Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e al mondo di domani”.

Draghi ha così rimarcato il suo credo:

“Credo che la coesione politica della nostra Unione richieda che agiamo insieme, se possibile sempre – ha detto l’ex premier – Dobbiamo essere consapevoli del fatto che la coesione politica è minacciata nel resto del mondo” e che “ripristinare la nostra competitività non è qualcosa che possiamo raggiungere da soli o competendo l’uno contro l’altro. E’ qualcosa che ci chiede di agire come Unione europea in un modo che non abbiamo mai fatto prima”.

Più volte Mario Draghi ha fatto riferimento alle sfide e alle lacune che caratterizzano, in particolare, i mercati dell’energia e della difesa dell’Unione europea.

Citata anche la frammentazione del mercato delle tlc europeo, contrassegnato da ben 34 società di tlc- una stima tra l’altro che l’ex timoniere della Bce definisce “prudente”- , rispetto alle tre negli Stati Uniti e alle quattro in Cina.

Di qui la necessità, in Europa, “di sostenere, e non ostacolare il processo di consolidamento” nel mercato delle tlc.

In termini di investimenti da lanciare, Draghi ha sottolineato anche l’obiettivo di tendere verso una “unione energetica”.  Con tanto di monito anche qui:

“Non riusciremo a disporre di una vera unione energetica a meno che non troveremo un accordo su un approccio comune“.

Un gap da finanziare soprattutto con gli investimenti privati

Ma in che modo finanziare le spese che necessariamente l’Europa-Ue dovrà sostenere per mettersi al passo con le altre economie globali?

L’ex presidente della Bce ha ricordato il ruolo cruciale dei finanziamenti pubblici, aggiungendo tuttavia che “la maggior parte del gap” che esiste tra gli investimenti europei e quelli del resto del mondo dovrà essere colmata dagli “investimenti privati”.

“L’Unione europea – ha ricordato l’ex premier – dispone di risparmi privati molto elevati, che sono canalizzati tuttavia verso i depositi (delle banche), non contribuendo di conseguenza al finanziamento della crescita nel modo in cui potrebbero farlo nel caso in cui ci fosse un mercato dei capitali più grande”.

“Ed è per questo motivo che progressi nel mercato dei capitali rappresentano una parte indispensabile” di una strategia volta a rafforzare la competitività dell’Europa, ha rincarato la dose l’ex presidente del Consiglio.

“Vista l’urgenza delle sfide a cui facciamo fronte, non abbiamo il lusso di rimandare la risposta a tutte queste domande importanti fino al prossimo cambiamento dei trattati. Dobbiamo sviluppare ora un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche”, ha concluso Mario Draghi.

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(in fase di scrittura)