Notizie Notizie Mondo Draghi chiede più Europa anti-shock. Il ‘prossimo volo del calabrone’

Draghi chiede più Europa anti-shock. Il ‘prossimo volo del calabrone’

Pubblicato 12 Luglio 2023 Aggiornato 30 Novembre 2023 10:25

Mario Draghi chiede più Europa, alternative sarebbero la paralisi o l’uscita. L’ex presidente del Consiglio torna a parlare di debito comune, di Russia e anche di Brexit.

Mario Draghi, ex presidente del Consiglio ed ex numero uno della Bce, torna a parlare dall’America, chiedendo più Europa.

Draghi invita gli europei tutti a unirsi verso una maggiore integrazione, avvertendo che il continente si trova ormai di fronte a tre opzioni: “paralisi, uscita o integrazione”.

Draghi presenta il ‘prossimo volo del calabrone’ dell’Europa

In un discorso proferito alla Martin Feldstein Lecture a Cambridge (Massachusetts), Mario Draghi ‘presenta’ anche “il prossimo volo del calabrone: il sentiero verso una politica di bilancio comune nell’Eurozona”, lanciando più di un appello all’Ue, tra cui quello di chiamare le regole di bilancio, per assicurarsi che gli obiettivi sul clima vengano centrati.

In generale, l’esigenza di una maggiore integrazione si fa sempre più impellente, spiega Mr. Whatever It Takes, in un contesto in cui l’Europa si trova di fronte a un “bivio storico”:

agli europei la scelta di intraprendere un percorso ancora più ambizioso, che punti su una Europa più unita, dopo i tragici eventi rappresentati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e la stessa Brexit, che ha siglato il divorzio tra l’Ue e il Regno Unito.

Pena la paralisi o l’uscita dal percorso di integrazione, l’Europa secondo Mario Draghi deve prendere atto della volontà stessa dei suoi cittadini europei, che puntano a una unione più stretta: un obiettivo che, secondo l’ex presidente del Consiglio, deve avvenire attraverso “un processo politico” e non “tecnocratico”.

“Credo che gli europei siano ora più pronti, rispetto a venti anni fa” verso una maggiore integrazione “perché ora ci sono solo tre opzioni: paralisi, uscita o integrazione”, rimarca Draghi, che ricorda, tra le altre cose, che l’assist del NextGenerationEU non sarà infinito.

Tra l’altro, riguardo alla missione di realizzare la transizione ecologica, quando il Nextgeneration Ue “terminerà”, l’Europa non disporrà più di uno strumento comune.

A quel punto, “la sola opzione è di ridefinire la Ue, il suo quadro di regole di bilancio e, con un ulteriore allargamento sul tavolo, anche il suo processo decisionale”.

“Stiamo anche fronteggiando una transizione geopolitica nella quale non possiamo più contare su Paesi non amici per le forniture necessarie”, aggiunge Mario Draghi da Cambridge, sottolineando la necessità di avviare una “transizione verso una più forte difesa comune europea, se vogliamo raggiungere gli obiettivi minimi di spesa Nato del 2% del Pil”.

Con un’attenzione costante, comunque, al tema della credibilità fiscale:

“Dobbiamo garantire la credibilità a medio termine delle politiche fiscali nazionali in un contesto di livelli di debito post-pandemia molto elevati”, afferma Draghi, spronando l’Europa tutta a dotarsi di regole che siano capaci di blindare il continente di fronte alla minaccia di shock sempre più comuni, che interessano tutti i paesi del blocco.

Pandemia e Ucraina: “sempre più di fronte a shock comuni”

Di fatto, “la natura degli shock” secondo l’ex numero uno della Bce “sta cambiando”, come dimostrano le sfide a cui l’Europa ha fatto fronte negli ultimi anni, come “la pandemia, la crisi energetica e la guerra in Ucraina”. Eventi che hanno dimostrato che “ci troviamo sempre più di fronte a shock comuni e importati piuttosto che a shock asimmetrici”.

Di conseguenza, se si riesce a fare un fronte comune, “se il grado di convergenza all’interno dell’area dell’euro è più alto, la frequenza degli shock asimmetrici è minore e il finanziamento comune di obiettivi condivisi aumenta, più rari diventeranno i casi in cui una capacità fiscale sarà davvero necessaria“.

Per fare fronte comune è necessario, secondo Mario Draghi, superare alcune asimmetricità specifiche presenti in Europa. Tra queste, quella che caratterizza lo spazio fiscale europeo, che è asimmetrico in quanto ci sono “alcuni Paesi che sono in grado di spendere molto più di altri”.

E il risultato è che questo spazio fiscale si conferma alla fine “sprecato quando si tratta di obiettivi condivisi come il clima e la difesa”.

Di conseguenza, Mario Draghi torna a premere per una maggiore emissione di debito comune, che “potrebbe espandere lo spazio fiscale collettivo che abbiamo a disposizione”.

Più Europa, dunque, magari con regole che vengano aggiornate per tenere conto delle sfide comuni.

L’urgenza di non rimanere impantanati nella paralisi è stata messa in evidenza dall’ex presidente della Bce con il senso di insicurezza manifestato dai cittadini:

“I sondaggi ci dicono che i cittadini sentono un crescente senso di minaccia esterna soprattutto dall’invasione russa e questo rende la paralisi inaccettabile”.

Finora, l’ipotesi di uscita si è invece concretizzata, passando “dalla teoria alla realtà con la Brexit” : un fenomeno, secondo Draghi, che ha manifestato “benefici molto incerti e costi tutti visibili”, e che ha dimostrato anche che “i costi di una ulteriore integrazione sono minori”.

Un anno fa la crisi che avrebbe sancito fine governo Draghi

Intanto, in un momento in cui i dubbi sull’esecuzione del PNRR si fanno sempre più affollati, c’è chi, sui social, rimpiange il governo Draghi. Governo Draghi saltato in aria quasi un anno fa, con la crisi di luglio 2022 che ne ha decretato la fine.

Così, in quei giorni roventi di luglio, Jason Horowitz riassumeva la crisi nell’articolo Italy’s Unity Government Teeters, as Mario Draghi Offers to Resign:

“Draghi, un titano dell’Europa chiamato spesso Super Mario per aver salvato l’euro ai tempi in cui era presidente della Banca centrale europea (come dimenticare il suo “WhateverItTakes?”) è riuscito a risollevare immediatamente – con la nascita del suo governo a inizi 2021 – la reputazione internazionale dell’Italia e la fiducia dei investitori.“.

Horowitz continuava:

“La promessa della sua guida ferma al volante dell’Italia ha aiutato il paese a ricevere più di 200 miliardi di euro dai fondi europei (appunto il NextGenEU), una somma che ha dato all’Italia la migliore occasione degli ultimi decenni di modernizzazione”.

“Mr Draghi – si legge ancora nell’articolo del New York Times – ha portato in Italia una crescita moderata, ha varato riforme per il sistema giudiziario e fiscale, snellendo la burocrazia dell’Italia, e trovando diverse fonti di energia al di là della Russia”.

Il governo Draghi giungeva alla sua conclusione quasi un anno fa, dopo i commenti a suo favore che, fin dalla sua nascita, erano arrivati soprattutto dal mondo dell’alta finanza.

Gli economisti di Goldman Sachs avevano definito Mario Draghi addirittura il Political lender of Last Resort, ovvero ovvero l’ultima frontiera per la politica italiana.

Ironia della sorte: l’addio di Mario Draghi dal palcoscenico della politica italiana arrivava proprio in occasione di uno dei Bce-Day più cruciali della storia: un Bce Day che avrebbe visto la presidente dell’Eurotower Christine Lagarde annunciare il primo rialzo dei tassi di interesse dell’area euro per la prima volta in più di un decennio, inaugurando un ciclo di strette monetarie che, a distanza di un anno, è destinato a continuare ancora, al fine di piegare la crescita dell’inflazione.

Il nome di Draghi, in queste ore, torna a circolare anche alla luce dei problemi sull’esecuzione del PNRR che continuano ad assillare il governo Meloni, sebbene proprio ieri il ministro per il PNRR Raffaele Fitto abbia cercato di smorzare i timori sull’arrivo della quarta rata del piano:

“Nessun altro Paese ha già fatto richiesta della quarta rata”, ha spiegato Fitto nella conferenza stampa seguita alla cabina di regia convocata nella giornata di ieri, che ha stabilito i cambiamenti per 10 dei 27 obiettivi relativi alla quarta rata relativa al primo semestre 2023.

Ma l’ansia PNRR assilla sempre di più l’Italia e le parole di Fitto non sono certo bastate a far rientrare il dubbio che l’Italia stia perdendo l’occasione storica di fare le riforme con i soldi europei.

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