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DDL Capitali by Meloni & Co. Il Financial Times lancia alert Piazza Affari

9 Gennaio 2024 13:52

Il Ddl capitali del governo Meloni minaccia Piazza Affari? Per Patrick Jenkins del Financial Times, che mette a confronto il Ftse Mib con il trend di Wall Street, il pericolo, per la borsa di Milano, c’è.

Si torna così a parlare subito, in questo nuovo anno 2024, dell’effetto Meloni sui mercati italiani.

Stavolta, il dito è puntato contro gli effetti collaterali del decreto capitali, in particolare contro le modifiche che sono state apportate al testo approvato dal Senato alla fine di ottobre del 2023. Modifiche che, più che fare bene alle aziende italiane quotate in Borsa, rendendole più competitive e appetibili agli occhi degli investitori, rischierebbero di fare esattamente l’opposto. Almeno secondo l’autore dell’articolo.

Effetto governo Meloni sui mercati: quella raffica di alert su BTP e banche

Va detto che, fin dalla nascita del governo Meloni, avvenuta nell’autunno del 2022, ma anche prima, subito dopo la fine del precedente governo Draghi, gli alert sul rischio di potenziali disastri sui mercati finanziari italiani si sono sprecati.

Per mesi si è parlato delle conseguenze che diverse misure e annunci in pompa magna arrivati da Palazzo Chighi avrebbero potuto avere sui BTP e dunque sullo spread BTP-Bund, lato titoli di stato, oppure sulle banche italiane, su Piazza Affari, lato azioni.

Le cose, nel 2023, sono andate invece più che bene, con la borsa di Milano salita sul podio dei listini azionari migliori del mondo, e i BTP e i titoli delle banche che hanno smontato le previsioni di chi paventava il peggio.

Detto questo, senza togliere nulla al lieto fine, gli scossono ci sono stati, sia sul mercato dei titoli di stato che in Borsa.

L’elenco è lungo, e comprende, tra carrellate di dichiarazioni e misure poi effettivamente varate, la chiara volontà del governo italiano di fare più deficit, incisa nella Nadef e la successiva manovra Meloni per il 2024, commentata tra l’altro dalla stessa Bce di Christine Lagarde , che ha messo nero su bianco l’impatto della legge di bilancio sui tassi dei BTP e sullo spread.

Ancora prima, a far sussultare gli investitori di tutto il mondo, era stato lo shock della tassa sugli extraprofitti delle banche, schivata poi praticamente da tutte le Big del credito.

Al momento dell’annuncio del prelievo sui cosiddetti extraprofitti delle banche, arrivato a sorpresa agli inizi di agosto, Piazza Affari è andata comunque in tilt.

Ora, ad attenzionare i mercati è il decreto Capitali, per la precisione il Ddl capitali, concepito per blindare Piazza Affari e frenare l’emorragia delle società quotate alla borsa di Milano.

Financial Times critico su Ddl capitali. Davvero una riforma pro-mercati?

L’intento del Ddl Capitali è quello di varare “misure volte a stimolare la crescita del mercato dei capitali italiano, favorendo l’accesso e la permanenza delle imprese nell’ambito dei mercati finanziari”, si legge nel testo della proposta.

La riforma è a un passo dal diventare operativa, visto che, per la sua definitiva approvazione, manca solo il voto dell’Aula della Camera, che dovrebbe arrivare entro la fine del mese.

Alla fine di ottobre il Senato ha dato la sua benedizione al testo, che ha ricevuto il 24 ottobre scorso 78 voti a favore, nessun voto contrario; 62 sono stati gli astenuti.

Quelle modifiche proposte con gli emendamenti e approvate dal Senato, volte a rendere il mercato dei capitali italiani più competitivo e le azioni di Piazza Affari più ghiotte non hanno convinto tra gli altri Patrick Jenkins, vice direttore del Financial Times che, nel raccogliere le opinioni degli esperti di mercato, ha appena lanciato un alert per Piazza Affari, con l’articolo “How Meloni’s new ‘Capital Bill’ could backfire on corporate Italy, sottolineando come il decreto capitali, se approvato, potrebbe finire con il nuocere al mondo corporate dell’Italia.

Il vice direttore dell’Ft: ultimi emendamenti hanno dato al testo connotazione protezionistica

Più che liberalizzare e aumentare gli investimenti nelle aziende del paese – si legge – si teme che il decreto possa finire con il produrre l’effetto opposto”, ha scritto nell’articolo il numero due del Financial Times, Patrick Jenkins.

Ovvero?

“Gli ultimi emendamenti presentati avrebbero dato al testo una connotazione protezionistica”, che farebbe piuttosto “gli interessi degli alleati di Meloni, scoraggiando potenzialmente gli investimenti internazionali”.

Tra gli emendamenti che destano più scalpore, ha spiegato Jenkins, c’è quella regola “che incentiverebbe in modo estremo il possesso delle azioni per 10 anni o per un periodo di tempo più lungo, conferendo agli azionisti diritti di voto dieci volte superiori a quelli che verrebbero accordati agli investitori di breve termine”.

Il problema?

Semplice:  pur se concepita per essere applicata a qualsiasi tipo di azionista, la disposizione “di fatto favorisce alcune categorie di investitori italiani”, praticamente quelle “aziende di tipo familiare che hanno come obiettivo quello di continuare a detenere il controllo delle società, così come alcuni tipi di fondazioni che sono da tanto tempo, spesso politicizzate, azionisti delle banche italiane”.

Ddl capitali, FT: ‘un favore a Caltagirone, azionista chiave di Generali e Mediobanca?’

L’articolo del Financial Times va avanti facendo anche il nome dei possibili vincitori della riforma del Ddl capitale della riforma, o meglio il nome:

quello del “miliardario Francesco Gaetano Caltagirone, l’ottuagenario barone dei media e delle costruzioni, azionista importante di due dei gruppi di servizi finanziari più potenti in Italia, ovvero di Generali e Mediobanca”.

Viene ricordato che Caltagirone e i suoi finora sono stati battuti nei loro tentativi di insediare nuovi cda in entrambe le big di Piazza Affari. E, anche, che Caltagirone “è un alleato chiave del governo Meloni, visto che detiene la proprietà di quotidiani di rilievo nelle regioni dove il sostegno (nei confronti di Meloni) è forte”.

Jenkins motiva la sua preoccupazione anche con un’altra norma presente nel decreto capitali, che darebbe maggior voce agli azionisti nei casi di nomine degli esponenti dei consigli di amministrazione: qualcosa che, di primo acchito, “potrebbe sembrare positivo”.

E che, invece, andrebbe a ostacolare l’azione degli hedge fund, dei fondi speculativi: conseguenza questa positiva solo in apparenza, visto che l’introduzione del nuovo iter si tradurrebbe nella presentazione di “nuovi meccanismi contorti di nomine”, che finirebbero con il rendere “un regime di corporate governance al momento già bizzarro, potenzialmente non funzionante, secondo gli esperti”.

A tal proposito, il giornalista ha menzionato anche il contenuto di un rapporto della Consob, l’Autorità di Borsa, che sottolineerebbe che le riforme auspicate dal ddl capitali, se rese esecutive, potrebbero “rappresentare un caso unico a livello internazionale, mettendo a repentaglio gli obiettivi di semplificazione, di stabilità e di comprensione delle norme che disciplinano il settore”.

E norme più complicate sull’iter di votazione dei vertici delle aziende quotate finirebbero nella peggiore delle ipotesi per provocare danni anche al trend dei titoli delle società interessate, a Piazza Affari.

La stessa Piazza Affari che ha appena finito di brindare a un anno, il 2023, che ha dato grandi soddisfazioni.

Ddl capitali ma non solo. L’FT ricorda trauma tassa extraprofitti banche

E’ lo stesso Financial Times, nell’articolo di Jenkins, a mettere in evidenza l’ottima performance incassata dal Ftse Mib, l’indice benchmark di Piazza Affari, con tanto di grafico della performance. Ottima performance che non si riferisce solo al 2023, ma agli ultimi tre anni di contrattazioni:

“Dimenticatevi dello S&P 500 e dell’eccitazione febbrile delle ultime settimane, che hanno visto l’indice (azionario) Usa flirtare con livelli record. A raccontare la vera storia del boom è l’indice Ftse Mib delle 40 principali azioni italiane che, nel corso degli ultimi tre anni, ha eclissato lo S&P 500″, in termini di valute locali”.

Di fatto, si legge, a fronte dello S&P 500 che nell’ultimo anno non ha ancora testato un nuovo record nella storia e che a gennaio è sceso (riferimento alle prime sedute di questo 2024 di Wall Street), il mercato italiano ha continuato a salire.

Il boom secondo Jenkins ha avuto anche più ragione di essere, in quanto “più sano” visto che, “se a contribuire ai guadagni della borsa Usa sono stati i titoli dei Magnifici 7, nel caso dell’Italia il mercato toro è stato sostenuto da società di diversi settori: tra di loro il colosso della difesa Leonardo, che ha visto i suoi titoli raddoppiare nel corso dell’ultimo anno; il produttore di auto Ferrari (titoli +50%), e le banche, guidate da UniCredit (+77%)”.

Peccato che ora il problema sia rappresentato proprio da questo Ddl Capitali, la cui nuova versione fa sorgere interrogativi su quello che potrebbe essere ben presto il nuovo quadro normativo di Piazza Affari e, in particolare, della corporate governance delle società quotate.

Se la legge passerà così come è stata proposta – avverte il numero due dell’Ft – si tratterà del secondo passo all’indietro che i mercati italiani avranno fatto nel corso di pochi mesi”.

Ed è qui che l’autore dell’articolo menziona chiaramente quell'”annuncio caotico della tassa sulle banche” arrivato dal governo Meloni nel mese di agosto, responsabile del crollo dei titoli bancari, ricordando, ovviamente, anche la fine della tassa che non c’è, con il governo stesso che ha finito con il blindare le banche con una scappatoia di Stato.

Se è vero che il peggio, per le banche italiane è stato sventato, il danno reputazionale sofferto dall’Italia è stato comunque notevole.

“Tasse a hoc e dietrofront da parte della politica hanno reso molti gestori di asset degli Stati Uniti cauti nei confronti di mercati come quelli dell’Italia, della Spagna e del Regno Unito”, ha avvertito Jenkins.