Credit Suisse e SVB: panico banche finito?
Credit Suisse e SVB: cosa succede ora
Boom alla borsa di Zurigo del titolo Credit Suisse che, dopo l’annuncio relativo alla decisione della banca di ricorrere al salvagente lanciato dalla banca centrale della Svizzera, Swiss National Bank, prendendo in prestito fino a 50 miliardi di franchi, vola del 30%.
Nella serata di ieri, a seguito del forte tonfo delle azioni del colosso bancario svizzero, la Swiss National Bank (SNB) si è fatta avanti, per cercare di arrestare il panico che ha infettato il mondo intero, provocando il collasso dei titoli bancari, che tra l’altro si erano appena ripresi dalla stangata americana Silicon Valley Bank, seguita da quella di Signature Bank.
Ieri le vendite hanno bruciato una capitalizzazione di mercato delle borse europee di ben 355 miliardi di euro.
Particolarmente colpito il Ftse Mib di Piazza Affari, che ha pagato la sua alta esposizione verso i titoli delle banche italiane.
Il bilancio di fine seduta è stato a dir poco drammatico.
Il Ftse Mib ha chiuso la sessione con un tonfo di quasi -5%.
In quella che è stata una vera e propria Caporetto per le banche italiane, UniCredit ha chiuso con un tonfo superiore a -9%, Intesa SanPaolo è scivolata del 6,85%, Banco BPM ha fatto -7,13%, Bper ha chiuso con un crollo del 7,23%.
Al di fuori del listino principale Mps Monte dei Paschi di Siena, che all’inizio dell’anno aveva incassato forti rally beneficiando delle varie scommesse su un risiko bancario a Piazza Affari, si è confermata l’anello debole delle banche italiane, soffrendo un capitombolo di oltre il 10%.
Un vero e proprio bagno di sangue, che ha travolto tutto il settore bancario made in Europe.
LEGGI ANCHE
Credit Suisse: e ora la Bce accende fari su banche
Bce e tassi post Svb: se Lagarde non arretra
Il doppio annuncio SNB-Credit Suisse placa l’ansia dei mercati
Oggi, i mercati tirano un sospiro di sollievo, sulla scia del doppio annuncio arrivato nelle ultime ore.
Il sentiment è migliorato ieri sera con il comunicato della Banca centrale svizzera, appunto la SNB:
La Swiss National Bank ha annunciato che, se necessario, offrirà una liquidità aggiuntiva a Credit Suisse, indicando al contempo che la banca è ben capitalizzata.
In una nota congiunta con l’autorità di Borsa svizzera Swiss Financial Market Supervisory Authority la banca centrale SNB ha puntualizzato che Credit Suisse “rispetta le richieste di capitale e di liquidità imposte alle banche con rilevanza sistemica”.
Le autorità hanno aggiunto anche che il fallimento delle due banche regionali americane della scorsa settimana, Silicon Valley Bank (SVB) e Signature Bank, non rappresentano “un rischio diretto di contagio” per le banche svizzere.
Il riferimento è stato ai crac di Silicon Valley Bank e di Signature Bank, banche che le autorità federali americane hanno deciso di chiudere alla fine della scorsa settimana.
Qualche giorno prima, la crypto bank Silvergate aveva annunciato la propria liquidazione.
Sui mercati non è arrivata solo la notizia del salvagente lanciato dalla banca centrale svizzera.
Nel giro di qualche ora Credit Suisse stessa ha annunciato l’intenzione di accogliere questo salvagente, dichiarando di prendere in prestito dalla SNB fino a 50 miliardi di franchi svizzeri.
Gli ultimi sviluppi “sosterranno le attività core e i clienti di Credit Suisse, in un momento in cui Credit Suisse adotterà i provvedimenti necessari per creare una banca più semplice e maggiormente focalizzata sulle necessità dei clienti”, si legge nella nota diffusa dal colosso bancario elvetico.
Non solo: Credit Suisse ha comunicato anche l’intenzione di riacquistare propri bond per un valore di 3 miliardi.
Così il numero uno della banca svizzera, il ceo Ulrich Koerner said:
“Queste misure dimostrano l’azione decisa intrapresa al fine di rafforzare Credit Suisse, in un momento in cui continuiamo a portare avanti la nostra trasformazione strategica, per distribuire valore ai nostri clienti e ai nostri azionisti. Ringraziamo la SNB e la FINMA, mentre attuiamo la nostra trasformazione strategica. Insieme al mio team siamo determinati ad andare avanti in modo rapido per dar vita a una banca più semplice e più concentrata sulle esigenze dei clienti”.
Il ceo di Credit Suisse, con la nota, ha fatto riferimento al piano di ristrutturazione “radicale” che il gigante elvetico ha lanciato nell’ottobre del 2022, che prevede il taglio di 9.000 posti di lavoro, lo spin off della divisione di investment bank e la maggiore concentrazione sul business del wealth management.
Credit Suisse ha dovuto far fronte alla fuga dei depositi da parte dei suoi clienti che, l’anno scorso, soprattutto nel corso del quarto trimestre, hanno prelevato 123 miliardi di franchi svizzeri.
La banca ha chiuso il 2022 con una perdita netta annua di quasi 7,3 miliardi di franchi svizzeri, l’equivalente di $7,9 miliardi, incassando il passivo più alto dalla crisi finanziaria globale del 2008.
Il primo azionista Saudi National Bank: crollo non giustificato
A mettere KO il titolo dell’istituto, nella sessione di ieri (ma il titolo era caduto anche nelle sedute precedenti) è stata la dichiarazione arrivata dal primo azionista della banca, la Saudi National Bank (SNB), che ha detto chiaramente che non inietterà ulteriore cash nel colosso elvetico.
“Non possiamo, perché andremmo al di sopra del 10%. Si tratta di una questione che attiene alla regolamentazione”, ha detto il presidente della banca saudita Ammar Al Khudairy nel corso di un’intervista rilasciata all’agenzia Reuters.
Detto questo, il manager ha puntualizzato che Saudi National Bank è soddisfatta del piano di ristrutturazione avviato dal gigante, aggiungendo che, a suo avviso, è improbabile che la banca possa aver bisogno di ulteriori finanziamenti.
Saudi National Bank, va ricordato, ha rilevato una partecipazione di Credit Suisse pari al 9,9%, attraverso l’aumento di capitale del valore di 4,2 miliardi di dollari lanciato dall’istituto.
Nelle ultime ore, anche la banca saudita ha commentato il collasso che ha travolto ieri le azioni di Credit Suisse. In una intervista rilasciata alla CNBC, il presidente di Saudi National Bank Ammar Al Khudairy ha definito i sell off che hanno messo in ginocchio Credit Suisse “non giustificati”.
“Se si guarda a come l’intero settore bancario è scivolato, purtroppo, viene da pensare che molta gente ha semplicemente cercato una scusa . C’è stato del un panico, un po’ di panico, che io credo sia completamente ingiustificato, che si tratti di Credit Suisse o dell’intero mercato”.
Le notizie sul gigante svizzero hanno contribuito a risollevare ulteriormente il sentiment sui mercati, in un giorno tra l’altro cruciale per l’area euro.
Oggi il Bce Day, Reichlin prevede annuncio rialzo di 50 pb
Oggi, giovedì 16 marzo, è il Bce Day.
Il focus si sposta dunque sull’annuncio imminente della Banca centrale europea guidata da Christine Lagarde.
Secondo quanto ha detto Lucrezia Reichlin, x capo economista della Bce, oggi docente presso la London Business School, in un’intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, la “Bce e la Fed stanno sottovalutando la fragilità del sistema”.
“Di certo, questo ciclo di rialzo (dei tass) è uno dei più rapidi mai visti nella storia del dopoguerra. Per di più le nostre economie, in particolare quella europea, si sono appena riprese della crisi del Covid – osserva Reichlin interpellata da La Repubblica – A mio avviso le banche centrali stanno sottovalutando la fragilità dell’economia reale”.
Detto questo, secondo Lucrezia Reichlin la Bce di Christine Lagarde oggi “alzerà i tassi dello 0,5%, come annunciato”.
Sul caso specifico di Credit Suisse e sul rischio di una crisi che travolga il sistema bancario mondiale, Reichlin ha sottolineato che “in linea di principio le banche europee hanno sufficiente capitale da poter digerire la turbolenza in corso”, facendo notare tra l’altro che “anche in un ciclo di politica monetaria restrittiva il bilancio della Bce può essere usato per immettere liquidità nei mercati”.
Ma “se il contagio dovesse continuare, e qui il futuro di Credit Suisse è cruciale, vedremo una rapida stretta delle condizioni finanziarie con conseguenze per l’economia reale e quindi l’emergere di un rischio di credito come nel 2008″.
Credit Suisse e SVB: due banche totalmente diverse, una nota come banca sistemica di rilevanza globale, l’altra come banca delle start up, che hanno sconvolto il mondo nel giro di una settimana, scatenando il panico sui mercati, terrorizzati dal rischio di un bis della crisi finanziaria globale del 2008.
Due banche che hanno costretto rispettivamente la Federal Reserve e la Swiss National Bank a intervenire, per cercare di placare l’ansia che ha infettato tutto il mondo.
Dagli Stati Uniti all’Europa e il resto del mondo con il caso Silicon Valley, dall’Europa agli Stati Uniti e al resto nel mondo nel caso di Credit Suisse.
SVB e le conseguenze su banche Europa e Usa. M&G Investments
Il caso SVB continua a rimanere sotto i riflettori, con gli analisti che cercano di capire le sue implicazioni per le banche europee e Usa.
Un commento a tal proposito è stato rilasciato da David Covey, Adrian Cighi e Jaimin Shah, membri del Team Financial Credit Research di M&G Investments, che hanno risposto alla seguente domanda:
Cosa genera il fallimento di una banca da 200 miliardi di dollari in un contesto di alta inflazione, crescita lenta e tassi in salita?”
“Per quanto ‘contagio’ e ‘rischio sistemico globale’ siano risposte ragionevoli, nel caso di Silicon Valley Bank siamo convinti che alla fine non ci saranno né l’uno né l’altro – ha scritto il team di M&G Investments, sottolineando che “il fallimento di SVB non pone un rischio significativo per gli investitori in obbligazioni emesse da grandi banche statunitensi diversificate o, ancora meno, da istituti europei.
Nel focalizzarsi sulle banche Usa, “è difficile immaginare che attori tradizionali di grandi dimensioni subiscano una sorte simile a quella di SVB, a prescindere che siano banche Usa regionali o ‘globali di rilevanza sistemica’ – hanno scritto gli analisti , ricordando che “i depositi di SVB erano consistenti, privi di assicurazione e a favore di clienti PE/VC sofisticati esposti agli stessi rischi di finanziamento ciclici, una concentrazione unica fra le banche statunitensi con un debito di entità rilevante in circolazione sul mercato”.
E’ stato fatto notare che, “in confronto a SVB, queste banche hanno una minore esposizione agli MBS a lunga scadenza, quantità di depositi retail assicurati ampiamente superiori, un accesso generalmente maggiore al finanziamento wholesale e, si spera, anche una gestione del rischio tassi d’interesse più oculata. Inoltre, sembra che nessuna grande banca USA abbia un’esposizione di dimensioni preoccupanti a SVB”.
Ovviamente, hanno aggiunto da M&G Investments, “ci saranno ripercussioni per quelle banche statunitensi con basi di depositi deboli o altamente correlate” e “ci aspettiamo anche che le banche e i rispettivi organismi di vigilanza valutino più da vicino il pricing e le dinamiche della base di depositi”.
A questo punto, “gli eventi della settimana scorsa forse incoraggeranno la Fed, già nel pieno di una ‘revisione olistica’ della regolamentazione bancaria, a rafforzare drasticamente la supervisione delle banche minori”.
Per quanto riguarda il rischio che corrono le banche europee, i tre analisti hanno rimarcato che, “come i loro omologhi statunitensi, quasi tutti i grandi emittenti bancari europei tendono ad avere depositi più diversificati, più stabili e più assicurati rispetto a SVB”.
Va detto tuttavia che “ci sono altri motivi per cui le banche europee difficilmente subiranno le stesse pressioni del prestatore californiano”.
Ovvero? Così il team di M&G Investments:
- Uno di questi è che, diversamente da quanto accade negli Stati Uniti, in Europa i fondi del mercato monetario non fanno altrettanta concorrenza ai depositi bancari, pertanto ci aspettiamo che le banche europee continuino a beneficiare dei tassi in rialzo, anche se più nel continente che nel Regno Unito.
- Un secondo motivo è che le regole europee sulla liquidità, la gestione del rischio tassi d’interesse e gli stress test sono più robusti di quelli applicati a SVB: nel 2018 la regolamentazione per le banche statunitensi con un patrimonio inferiore a 250 miliardi di dollari è stata allentata parecchio.
- Terzo, i portafogli di liquidità delle banche europee sono meno sensibili ai rialzi dei tassi rispetto a quelli di gran parte delle banche USA.
Ribadito anche il fatto che “in Europa non c’è niente di paragonabile al mercato USA degli MBS a 30 anni a tasso fisso e la maggior parte della liquidità delle banche europee è detenuta presso le banche centrali o in titoli di Stato con scadenza relativamente breve”.
“Di conseguenza, il rischio di un deflusso rapido dei depositi che non si possa finanziare in sicurezza con la vendita di titoli o l’assunzione di prestiti dovrebbe essere inferiore in Europa di quanto non sia negli Stati Uniti al momento”.
In conclusione, M&G Investments rimarca che, “al di là dell’indubbia rilevanza del fallimento di SVB, questa e altre banche di nicchia come Signature sono casi piuttosto particolari nell’universo bancario in senso lato. Tanto particolari che difficilmente possono creare problemi concreti, dal punto di vista del credito, per una qualsiasi delle grandi banche diversificate degli Stati Uniti o d’Europa”.