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Banche italiane: nuova proposta NPL bocciata anche da S&P

27 Settembre 2023 16:51

Aumentano i giudizi negativi sull’altro piano del governo Meloni “anti-banche”: quello che riguarda gli NPL, ovvero i crediti deteriorati del settore bancario italiano, e il relativo mercato.

L’ultima bocciatura arriva dagli analisti di S&P Global Market Intelligence, che hanno stilato un report ad hoc dedicato alla questione, facendo riferimento anche a quanto emerso dall’edizione 2023 dell’Npl Meeting organizzato da Banca Ifis, che si è tenuta qualche giorno fa.

Non solo extraprofitti: c’è anche l’angoscia NPL per le banche italiane

Oltre alla tassa sugli extraprofitti delle banche annunciata agli inizi di agosto che, con l’emendamento del governo di qualche giorno fa, si è fatta più light, il governo Meloni ha sfornato un’altra misura volta ad aiutare anche in questo caso l’affollata platea dei debitori italiani, in difficoltà a rimborsare i prestiti ricevuti dagli istituti di credito: una misura già valutata dagli analisti di Scope Ratings, che non hanno avuto remore a bocciare la proposta.

Si tratta della proposta AC 843, concepita dall’esecutivo per andare incontro ai debitori italiani in difficoltà finanziaria.

Scope Ratings ha scritto chiaro e tondo che il provvedimento, definito da S&P “borrower-friendly” in quanto pensato per aiutare l’ampia platea dei debitori, potrebbe aumentare i rischi al ribasso che pendono sulla qualità degli asset delle banche italiane.

Così Scope Ratings nell’analisi dedicata al dossier:

“La proposta del governo italiano, volta a sostenere i mutuatari in difficoltà finanziaria dando loro la possibilità di riacquistare le esposizioni già vendute a terzi attraverso ABS o cessioni di crediti, ha creato notevoli turbolenze nel mercato degli NPL”. E altre potrebbe crearne.

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A bocciare la proposta è anche S&P Global, che ha dedicato alla misura l’analisi Italy’s new bad loan plan poses risks to banks, NPL market , ovvero: “Il nuovo piano dell’Italia sui crediti deteriorati rappresenta un rischio per le banche e per il mercato degli NPL”.

L’analisi di S&P ha ricordato il problema degli NPL, crediti deteriorati, che ha assillato le banche italiane per diversi anni fino a quando, con l’aiuto dello schema GACS (garanzie sulla cartolarizzazione delle sofferenze), gli istituti di credito sono riusciti a liberare i propri bilanci dalla mole delle sofferenze e altri crediti problematici.

Lo schema, ha riassunto l’agenzia di rating, ha offerto una garanzia statale sulle tranche di debiti considerate meno rischiose nei processi di cartolarizzazione.

Sul sito del Mef, il ministero dell’Economia e delle Finanze, viene data la seguente definizione della garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze (GACS):

“La Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze (GACS), uno strumento che il Tesoro mette a disposizione degli operatori del credito e della finanza per favorire lo smaltimento delle sofferenze bancarie. Si tratta di una garanzia che il Tesoro presta agli operatori che ne fanno richiesta. Lo Stato garantisce soltanto le tranche senior delle cartolarizzazioni, cioè quelle più sicure, che sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese: non si può procedere al rimborso delle tranche più rischiose, se non sono prima state integralmente rimborsate le tranche senior garantite dallo Stato. Il prezzo della garanzia è di mercato, come riconosciuto anche dalla Commissione europea, che concorda sul fatto che lo schema non contempli aiuti di Stato distorsivi della concorrenza”.

Nel suo commento S&P Global ha fatto notare che, “da quando lo schema (GACS) è stato introdotto nel 2016 lo stock di crediti problematici delle banche è sceso da una percentuale superiore al 18% dei prestiti netti totali al 2,77%, entro il 2022, stando ai dati di S&P Global Market Intelligence”.

E questa è un’ottima notizia per le banche italiane, che conferma come il processo di de-risking avviato abbia dato i suoi frutti.

Detto questo, al momento i piani per rinnovare le GACS, che sono scadute alla metà del 2022, rimangono fermi, a fronte di una nuova proposta che il governo Meloni sta finalizzando, con l’obiettivo, ha spiegato ancora l’agenzia di rating, “di dare ai debitori in difficoltà l’opzione di rimborsare i debiti caduti in sofferenza negli anni precedenti, pagando una frazione del loro valore nominale”.

In questo modo, i debitori, secondo il piano del governo, vedrebbero ripulito il loro status creditizio, riuscendo ad accedere anche a nuovi finanziamenti in un contesto di inflazione persistente.

Tutto ok? Non proprio.

La natura borrower-friendly della proposta del governo Meloni sugli NPL non sarebbe, per ovvi motivi, market friendly.

Rischio di revisioni significative dei piani industriali dei servicer

L’analisi di S&P Global ha fatto notare che, sulla base della proposta, alle famiglie e le piccole imprese verrebbe data la possibilità di riacquistare i prestiti contratti nel periodo compreso tra il 2015 e il 2021, venduti dalle banche ai servicer entro la fine del 2022.

Il riacquisto avverrebbe, secondo i calcoli di Fitch Ratings, versando un premio, rispetto al prezzo pagato dal servicer per acquistare il portafoglio di NPL della banca, pari al 20% nel caso in cui il processo di recupero del credito non fosse ancora iniziato, oppure pari al 40%.

Il punto, ha contestato S&P citando quanto detto da Fitch, è che “la natura retroattiva della misura andrebbe a detrimento dei servicer, traducendosi in una revisione significativa dei piani industriali sia delle società stesse, che degli acquirenti e provocando, anche, un impatto sulla redditività degli investimenti attuali aventi in NPL”.

S&P ha condiviso l’opinione degli analisti di Scope Ratings, secondo cui sempre la natura retroattiva della proposta crea di per sé una situazione di “ambiguità tra gli investitori e i partecipanti al mercato”: fattore, questo, che “rischia di far crollare l’appetito per le vendite di NPL italiani, in un contesto in cui si prezza l’incertezza legale della misura”.

Insomma, un rischio alla fine per le banche italiane e per il mercato degli NPL.

Cosa è emerso dal Npl Meeting. Il comunicato di Banca Ifis

Proprio qualche giorno fa Banca Ifis ha diramato un comunicato a commento del Npl Meeting, l’annuale appuntamento dedicato all’industria
del credito deteriorato che si è tenuto il 22 settembre a Cernobbio, quest’anno con il titolo ‘Step Up’.

Dal meeting è emerso che, “alla fine del 2023, il tasso di deterioramento del credito delle banche italiane si dovrebbe attestare all’1,2%, un livello inferiore ai minimi del periodo precedente alla crisi dei mutui subprime”.

Banca Ifis ha sottolineato come il “lavoro dell’industria italiana degli Npl” stia continuando ad assicurare una “migliore qualità del credito grazie al lavoro sinergico con il settore bancario che sta favorendo il risanamento dei bilanci”.

I dati parlano chiaro:

  • Negli ultimi otto anni, l’industria italiana del credito deteriorato ha contribuito a generare 55 miliardi di euro di riduzione dello stock Npe, portandolo dai 361 miliardi di euro di inizio 2015 ai 306 miliardi di euro di fine 2022.
  • Nello stesso periodo, gli operatori specializzati nel mercato degli Npl hanno favorito il processo di de-risking degli istituti bancari italiani, con 352 miliardi di euro di crediti deteriorati transati tra il 2015 e il 2022. Di questi, ben 42 miliardi di euro sono stati ceduti nel 2022, sebbene fosse già stato raggiunto nel 2021 il target EBA del 5%, a conferma di sinergie destinate a proseguire anche nel prossimo triennio grazie al lavoro di una industry Npl strutturata.

Quelli appena elencati si sono confermati i “principali temi che sono emersi dal “Market Watch Npl” elaborato dall’Ufficio Studi di Banca Ifis e
presentato in occasione della 12esima edizione del Npl Meeting.

Il forte calo in Italia dell’Npe ratio. Paragone con Francia, Germania e Spagna

Banca Ifis ha rimarcato che il percorso di de-risking delle banche italiane che, ha sottolineato, non trova eguali in Europa, ha messo il sistema finanziario nazionale nelle condizioni di generare una migliore qualità del nuovo credito, come dimostrato dall’evoluzione dell’Npe ratio.

Questo è diminuito di quasi 14 punti percentuali, passando dal 17% del 2015 al 3,1% del 2022, con una ulteriore diminuzione prevista per fine 2023 quando dovrebbe attestarsi al 3%, un livello di gran lunga inferiore alla soglia del 5% definita dall’EBA.

Detto questo, è stato l’avvertimento, “anche se le principali previsioni di scenario delineano una forte resilienza delle economie globali, sul futuro del credito italiano permane l’incognita dello scenario macro: il mix tra il prolungato periodo di tassi elevati, l’eventuale mancanza di correzione delle politiche sui tassi da parte delle banche centrali in relazione al rallentamento economico e le tensioni geopolitiche potrebbe generare nuovi flussi di crediti deteriorati”.

Dal canto suo, nel suo commento S&P Global ha avvertito che “l’ultimo piano sui crediti deteriorati varato dal governo arriva dopo la proposta della tassa sugli extraprofitti delle banche., che ha scioccato i mercati e che ha attirato le critiche della Banca centrale europea, secondo cui il prelievo potrebbe danneggiare la fiducia degli investitori”.

Due misure, quella della tassazione sugli extraprofitti e sugli NPL, non proprio pro-banche, tutt’altro.

L’agenzia di rating ha sottolineato che, seppur in netta discesa rispetto agli anni precedenti, alla fine del 2022 il ratio aggregato degli NPL delle banche italiane si è attestato al 2,77%, comunque superiore rispetto alla media dell’1,8% dell’Unione europea e rispetto, anche, ai ratio di Francia e Regno Unito.

Il rapporto italiano, è stato fatto notare ancora, si è comunque attestato a un valore inferiore rispetto al 3,62% della Spagna.

Precisazioni sul decreto NPL a cui sta lavorando il governo Meloni sono arrivate lo scorso 17 luglio 2023, con le Disposizioni per agevolare il recupero dei crediti in sofferenza e misure a tutela dei debitori ceduti“.