Notizie Notizie Mondo Argentina alle prese con piaga inflazione e diktat Fmi: tassi, banca centrale li alza al 42,5%

Argentina alle prese con piaga inflazione e diktat Fmi: tassi, banca centrale li alza al 42,5%

18 Febbraio 2022 12:15

Maxi rialzo dei tassi in Argentina, dove la banca centrale del paese, costretta a fare i compiti assegnati dal Fondo Monetario Internazionale, ha alzato i tassi di riferimento di 250 punti base al 42,5%.

Argentina: banca centrale costretta ad alzare tassi a record dal 2019 per obbedire ai diktat dell'Fmi in vista rifinanziamento debitoIl rialzo è stato il più forte dall’agosto del 2019, quando i tassi vennero alzati fin oltre l’80%.

C’è chi sta peggio: potrebbero consolarsi in questo modo il numero uno della Fed Jerome Powell e la presidente della Bce Christine Lagarde. E l’Argentina, sicuramente da molti – troppi anni – non se la passa affatto bene.

La stretta monetaria, la seconda dall’inizio dell’anno, segue il diktat dell’Fmi (l’ennesimo), che ha chiesto alle autorità del paese, nell’ambito dei colloqui febbrili con il governo di Buenos Aires, di portare i tassi a un valore superiore a quello dell’inflazione, che viaggia al ritmo annuale di oltre il 50%.

Un funzionario che ha preferito optare per l’anonimato intervistato da Bloomberg ha sottolineato che la stretta varata dalla banca centrale nella giornata di ieri porterà il tasso annuale effettivo al 51,9% rispetto al precedente 48,3%, in linea dunque con quanto chiesto da Washington, in quanto superiore al tasso di inflazione.

Argentina-Fmi: ‘coppia infelice che cerca di salvare un matrimonio finito’

Un articolo di Bloomberg riassume i giorni convulsi di trattative tra le controparti,  paragonando l’Fmi e l’Argentina siano a una coppia infelice che cerca di salvare un matrimonio ormai finito.

“Non importa quanto spesso decidano di riprovarci, il risultato finale è sempre lo stesso: promesse non rispettate e il riaffacciarsi di vecchie dispute”.

E ora ci risiamo: la coppia è vicina a siglare l’ennesimo accordo, il 22esimo della sua storia travagliata.

Dopo aver raggiunto un’intesa preliminare su alcune questioni chiave alla fine di gennaio, il board del Fondo si è riunito di nuovo questa settimana per discutere sui progressi compiuti nelle trattative. Dal canto suo, il governo spera di riuscire a raggiungere un accordo con l’Fmi prima del mese di marzo.

Il patto, che deve ricevere ancora l’approvazione del Congresso del paese e l’ok definitivo del Fondo, ha come oggetto il rifinanziamento di un debito da 44 miliardi di dollari che venne contratto dal governo precedente di Mauricio Macri.

L’Fmi erogò finora all’Argentina un prestito di 44 miliardi di dollari, nell’ambito del piano di bailout record da $57 miliardi varato nel corso della crisi valutaria esplosa nel paese nel 2018.

In cambio, Buenos Aires si impegna a ridurre gradualmente il proprio deficit e ad alzare i tassi al fine di combattere l’inflazione.

L’articolo di Bloomberg mette in evidenza come l’accordo permetta all’Argentina di tirare un sospiro di sollievo almeno nel breve termine. “Ma non inaugura quel percorso di cambiamenti di cui l’economia necessita, e ancora meno migliora la capacità di lungo termine di rimborsare il debito. Se il governo del presidente Alberto Fernandez non presenterà un piano più chiaro per incentivare gli investimenti privati, diversificare l’economia dall’agricoltura ed espandere la base imponibile, l’Argentina sarà comunque destinata a fare default sul proprio debito verso la fine di questo decennio”.

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Il Fondo Monetario ha riconosciuto di aver sbagliato quando ha concesso 57 miliardi di dollari al governo di Macri nel 2018: gran parte della somma è stata sprecata infatti con il tentativo inutile di sostenere il peso.  I problemi, d’altronde, non ci misero molto a ripresentarsi nell’economia disastrata del paese, con lo stesso Macri che si ritrovò presto alle prese con l’ennesima grave crisi da gestire.

Argentina, cambiano i governi ma non alert Fmi

La crisi si tradusse nella vittoria alle elezioni del 2019 del peronista di centrosinistra Alberto Fernandez, che dopo le primarie coglieva la palla al balzo per denunciare come il paese fosse già in default:

“Esiste una sola realtà incontrovertibile ed è che l’Argentina in queste condizioni non è in grado di pagare gli obblighi assunti”. E ancora: “Dobbiamo capire che siamo praticamente in condizioni di default, ed è per questo che i bond argentini valgono quello che valgono, perché il mondo si rende conto che non può essere pagato”.

Erano i mesi di agosto-settembre del 2019: la banca centrale si faceva avanti nella missione disperata di arginare l’emorragia di cash varando controlli sui capitali.

Alla fine di ottobre del 2019, Macri veniva sconfitto alle elezioni, e iniziava ufficialmente  la nuova era del peronista Alberto Fernandez. Ma già dopo qualche mese arrivava il nuovo alert del Fondo Monetario Internazionale, che tornava a far tremare i bond argentini.

Così si leggeva nel comunicato del Fondo:

Il surplus primario di cui ci sarebbe bisogno per ridurre il debito pubblico e i bisogni di finanziamento a livelli gestibili e tali da garantire il potenziale di crescita non sono fattibili né da un punto di vista economico né politico”.

E ora, per l’appunto, ci risiamo. Il problema di fondo è sempre quello: la credibilità.

“I mercati finanziari non credono all’Argentina”, ha commentato Miguel Kiguel, ex sottosegretario del Ministero delle Finanze del paese. E come potrebbero? Dall’indipendenza dalla Spagna nel 1816, Buenos Aires ha fatto default sul proprio debito nove volte, con l’inflazione che è schizzata fino al ritmo annuale pari a +5000%.