Notizie Notizie Mondo Argentina: banca centrale impone controlli sui capitali per arginare emorragia cash

Argentina: banca centrale impone controlli sui capitali per arginare emorragia cash

2 Settembre 2019 10:43

Controlli sui capitali appena terminati in Grecia, e appena imposti al popolo argentino, alle prese con l’ennesima crisi del paese culminata nel suo default: nella giornata di ieri, il governo argentino di Mauricio Macri ha autorizzato la banca centrale a limitare gli acquisti di dollari.

Obiettivo: frenare l’emorragia di riserve, che si è consumata nelle ultime settimane nel tentativo disperato di arginare la caduta del peso. Quasi $1 miliardo di riserve è stato azzerato dallo scorso mercoledì.

L’imposizione dei controlli sui capitali è arrivata in Argentina tramite decreto: “Considerati i diversi fattori che hanno avuto un impatto sull’evoluzione dell’economia argentina e l’incertezza sui mercati finanziari, l’esecutivo ha dovuto adottare una serie di misure straordinarie, volte a assicurare il normale funzionamento dell’economia, a sostenere il livello dell’attività e dell’occupazione, e a proteggere i consumatori”.

Con un comunicato la banca centrale ha precisato che la misura non impedisce né limita nessuno che voglia prelevare i dollari dai propri conti correnti.

Piuttosto, vengono imposte restrizioni a chi voglia acquistare più di $10.000 al mese, o effettuare trasferimenti, nel mese, che eccedano quella somma.

Altra conseguenza del provvedimento è il diktat alle aziende di vendere i dollari che hanno incassato con le esportazioni nel mercato locale. Sarà infatti vietato, a esse, di accumulare dollari.

I controlli sui capitali arrivano dopo che lo scorso venerdì sempre la banca centrale dell’Argentina aveva annunciato che le banche devono ottenere la sua autorizzazione nel caso in cui si apprestino a distribuire i loro utili: questo, per “impedire qualsiasi scarsità di moneta” e per preservare la liquidità del sistema finanziario.

Il paese è alle prese con quello che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha già bollato come default, nonostante il governo di Macri abbia parlato di riprofilazione su $110 miliardi di debito. Ma non è certo solo S&P a credere che il paese sia tornato in default per la nona volta nella sua storia e per la terza volta dall’inizio del millennio.

L’emorragia di capitali ha colpito Buenos Aires da quando, lo scorso 11 agosto, il presidente in carica ‘market-friendly’ Mauricio Macri ha perso le primarie contro il candidato peronista alla presidenza, Alberto Fernandez, lasciando intendere che una sua vittoria alle prossime elezioni presidenziali di ottobre sarà pressocché impossibile.

A conferma della gravità della situazione, il sito Reuters riporta che la scorsa settimana, gli spread sul rischio sono schizzati ai livelli record dal 2005, a fronte del tonfo del peso che, dall’inizio dell’anno, è capitolato del 36%.

Nelle ultime settimane i riflettori sono stati puntati anche sulla Grecia, complice la notizia della fine dei controlli sui capitali che erano stati imposti nel 2015, nel bel mezzo delle tensioni esplose con i creditori (della troika) su come risollevare un’economia messa in ginocchio da una montagna di debiti e da banche alle prese con una incessante emorragia di cash.

Rimarranno nella storia le immagini delle file di diversi cittadini greci impossibilitati a ritirare le loro pensioni, a causa della chiusura forzata delle banche, durata ben tre settimane. All’epoca, venne imposto anche un limite ai prelievi dal Bancomat pari a 60 euro al giorno.

In tutto questo, ad avere le mani legate non sono solo i correntisti, ma anche gli investitori che hanno puntato sugli asset argentini e che si sono affannati a richiedere indietro le somme investite parcheggiate nei fondi. Molti di loro hanno trovato, infatti, la porta sbarrata.