Argentina da incubo, è di nuovo default: governo annuncia riprofilazione debito ma S&P non ci casca
Riprofilazione delle scadenze su $110 miliardi di debito: è questo il piano del governo di Mauricio Macrì, in Argentina, per frenare l’emorragia di capitali che ha colpito il paese da quando, lo scorso 11 agosto, il presidente in carica ‘market-friendly’ ha perso le primarie contro il candidato peronista alla presidenza, Alberto Fernandez.
Macri ha ottenuto nelle primarie appena il 32% dei voti, contro il 47% di Fernandez. Quest’ultimo accusa da tempo Macri di aver lanciato misure di austerity che hanno finito per provocare la stagnazione economica del paese, l’alta inflazione e la fuga dei capitali.
In passato, lo stesso Fernandez aveva lanciato un appello affinché Macri ristrutturasse il pacchetto di aiuti, ergo bailout, da $57 miliardi, ricevuto dal Fondo Monetario Internazionale, per “porre fine alla catastrofe sociale” imposta sul popolo argentino.
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Dal giorno della sconfitta alle primarie di Macri, temendo una disfatta anche nell’appuntamento cruciale delle elezioni presidenziali di ottobre, e la vittoria di Fernandez che potrebbe riportare al potere la stessa Cristina Fernandez de Kirchner nelle vesti di vicepresidente di un nuovo governo, gli investitori hanno venuto a man bassa gli asset argentini. Il risultato è che il peso è crollato di oltre -20% nelle ultime due settimane, mentre la borsa di Buenos Aires è precipitata del 30%.
Nessun effetto ha avuto il tentativo disperato della banca centrale di risollevare le quotazioni della valuta con acquisti, questo mese, per un valore di $1,5 miliardi. La mossa ha avuto piuttosto l’effetto di drenare ulteriormente liquidità dalle riserve in valuta estera, già scarse, sprofondate a un valore inferiore ai $60 miliardi.
Il ministro delle finanze Hernan Lacunza ha così annunciato la scelta del governo: quella, appunto, della riprofilazione del debito. Si tratterebbe nel caso specifico dell’Argentina di una ristrutturazione del debito, che comprende anche i 57,4 miliardi dollari che sono stati prestati a Buenos Aires dal Fondo Monetario Internazionale.
Riprofilazione debito Argentina: l’annuncio del ministro
Lacunza ha precisato che il paese rinegozierà il suo debito “senza tagli di capitale e interessi, ma per tentare di ottenere tempi più lunghi (nei rimborsi di quanto dovuto), che permettano di dare stabilità all’economia, riducano l’inflazione e mettano sotto controllo il cambio con il dollaro”.
Ma la parola riprofilazione non ha incantato l’agenzia di rating Standard & Poor’s, che ha fatto capire chiaramente che il paese fa fronte a un default. La decisione di Buenos Aires di estendere unilateralmente le scadenze dei titoli di breve termine “costituisce un default in base ai nostri criteri”, si legge nella nota con cui l’agenzia ha annunciato il downgrade del rating. S&P ha infatti tagliato il rating sul debito sovrano in valuta locale ed estera a “SD”, ovvero a selective default, e il rating sulle emissioni di breve termine a “D”, ovvero default.
La parola default è stata più che sufficiente a dare il via a disperate richieste di riscatti da parte degli investitori. E S&P non è certo l’unica a ritenere che il paese sia ormai in default. Sarebbe il nono della sua storia e il terzo dal 2000. Il peggiore è stato quello del 2001, quando l’Argentina ha fatto default su $95 miliardi di bond.
Dello stesso avviso anche Edward Glossop, economista dell’America Latina presso Capital Economics.
“La decisione del ministero delle finanze dell’Argentina di estendere le scadenze di alcuni bond locali di breve termine, e di avviare trattative con i creditori esteri, equivale a un default”.
“La riprofilazione – ha continuato Glossop – è la forma meno drammatica di ristrutturazione del debito, visto che non comporta tagli alla somma dovuta (i creditori non devono dunque accettare di ricevere meno soldi) o mancati pagamenti. Ma rimane una forma di default, dal momento che riduce il valore presente netto del debito”. Allo stesso tempo, l’esperto si dice anche ottimista sulla possibilità che il peggio possa essere sventato: “Gli investitori preferirebbero trattare con il governo di Macri che con quello post elezioni, che sarà probabilmente guidato da Fernandez”. L’avvertimento non è però mancato: “Non è chiaro se l’estensione della maturity del debito argentino sarà sufficiente. Sebbene il governo potrà disporre di più tempo, la mossa non necessariamente riuscirà ad assicurare la sostenibilità del debito”.