Verdetto Ocse: non recessione, ma stagnazione. E debito e deficit previsti in peggioramento
Italia non in recessione, ma in stagnazione: è questo il nuovo verdetto dell’Ocse, che corregge il tiro, rivedendo al rialzo l’outlook sul Pil italiano, per il 2019, da quella contrazione dello 0,2% attesa all’inizio di marzo, allo zero. Crescita neanche da zero virgola, insomma, ma assente.
Certo, è sempre meglio del segno meno, ma la stima si conferma peggiore di quel +0,2% su cui punta il governo M5S-Lega, in base a quanto emerge dal Def. Upgrade dell’Ocse anche per il Pil dell’anno prossimo, che viene ora stimato in crescita dello 0,6%, rispetto al +0,5% precedente.
Il problema è che il verdetto dell’Ocse non si limita a un miglioramento dell’outlook sul Pil.
Nel suo Economic Outlook, l’ente parigino stima infatti un rialzo anche per i rapporti deficit-Pil e debito-Pil.
Il deficit-Pil è atteso al 2,4% nel 2019, dal 2,1% dell’anno precedente, e in rialzo fino al 2,9% nel 2020.
Il debito-Pil è previsto al 134,1% nel 2019, dal 132,2% del 2018, e fino al 135% nel 2020.
A tal proposito, proprio qualche ora prima il ministro Giovanni Tria aveva avvertito sulle conseguenze, per l’Italia, di sforare il vincolo Ue del 3% sul deficit.
Per i conti pubblici italiani, insomma, si mette male. E di questo è consapevole anche l’esecutivo giallo-verde, visto che è lo stesso Def che dà in peggioramento i rapporti con il Pil di deficit e debito : l’outlook del governo è tra l’altro identico a quello dell’Ocse per quest’anno, per quanto concerne il deficit (nel Def reso noto settimane fa, le stime sono state alzate dal 2,04% al 2,4% per quest’anno), anche se meno drammatico rispetto al debito-Pil (previsto in peggioramento al 132,7% quest’anno e al 132,8% nel 2020, rispetto al 134,1% del 2019 e addirittura il 135% l’anno prossimo atteso dall’Ocse).
Tutta colpa della bassa crescita – inesistente, anzi, secondo l’organizzazione di Parigi nel 2019 – e dell’aumento della spesa.
L’Ocse fa notare infatti che la manovra per il 2019 firmata dal governo M5S-Lega “prevede misure nette pari allo 0,6% del Pil”. Misure che si sostanziano soprattutto in una spesa sociale maggiore, attraverso “un nuovo regime di prepensionamento (per un periodo di tre anni, riferimento a quota 100) e un nuovo schema di reddito minimo garantito più generoso (reddito di cittadinanza)”.
E il problema, per i conti pubblici, è che l’adozione di quota 100 e del reddito di cittadinanza sono “politiche espansive che verranno compensate solo in parte dai tagli alla spesa, pari ad almeno 2 miliardi di euro come concordato con la Commissione europea e con maggiori imposte sul reddito d’impresa”.
Inoltre, si prevede che il governo “realizzerà solo la metà circa degli aumenti attesi dell’Iva nel 2020, pari a circa l’1,3% del PIL in totale”.
Di conseguenza, presupponendo che non ci saranno “cambiamenti politici significativi”, il rapporto deficit-Pil dovrebbe crescere ulteriormente, spiega l’Ocse, così come il rapporto debito-Pil. Ne consegue che, considerato il deterioramento dei suoi conti, l’Italia rimarrà in una posizione “vulnerabile rispetto alle variazioni dei tassi di interesse, limitando le scelte politiche per stimolare la crescita e perseguire obiettivi sociali”.
Oltre a diramare il verdetto, l’Ocse lancia così un chiaro appello al governo italiano, invocando un “piano di riforma a medio termine chiaro e credibile che stimoli la crescita e riduca il rapporto debito-Pil”. Un “prerequisito”, per migliorare la “credibilità” di bilancio e ridurre i tassi di interesse che pesano sul debito italiano.
L’Ocse ribadisce anche un giudizio estremamente critico su quota 100, che “avrà l’effetto di diminuire gli occupati”, il contrario di quanto ha bisogno l’Italia e che, nel medio termine ‘peserà notevolmente sulla crescita”, aggravando gli effetti negativi che già vengono dalla demografia.
A tal proposito, in un’intervista al Sole 24 Ore Radiocor Mauro Pisu, l’economista che guida il desk Italia e Grecia all’Ocse, lancia inoltre un preciso monito all’Italia, affermando che va risolto il problema della tassazione del lavoro.