Def da brividi, Italia verso nuovo conflitto con tecnici Ue. Spread rimane il suo tallone d’Achille

Italia verso un nuovo conflitto con i tecnici di Bruxelles? La stampa italiana, ma anche quella di tutto il mondo, considera questo scenario sempre più probabile, soprattutto ora che il Def varato dal Consiglio dei Ministri ha dimostrato che l’outlook precedente del governo M5S-Lega sulla crescita economica e sul deficit e il debito non stava – come molti avevano avvertito – né in cielo né in terra. Amaro risveglio per gli esponenti dell’esecutivo giallo-verde, e forse per qualche elettore imperterrito che si era lasciato ammaliare dall’ottimismo, soprattutto, del vicepremier Luigi Di Maio (che aveva parlato di boom economico) e del premier Giuseppe Conte (famosa la frase ‘Il 2019 sarà un anno bellissimo).
E una carrellata di downgrade sull’outlook del Pil italiano è arrivata non solo dal Def, ma anche dal Fondo Monetario Internazionale.
Nessuno shock invece per i cosiddetti tecnici bistrattati più volte dal governo: tecnici di Bruxelles, che avevano già previsto una crescita da zero virgola; e tecnici intesi come economisti delle varie istituzioni nazionali e internazionali, che da mesi prevedevano per l’Italia uno scenario drammatico.
Le nuove previsioni sul deficit-Pil (stime peggiorate dal 2,04% al 2,4%) e debito-Pil (previsto in peggioramento al 132,7% quest’anno e al 132,8% nel 2020) rimettono l’Italia in rotta di collisione con l’Unione europea.
“Italy Raises Deficit Target, Risking Fresh Conflict With The EU”, scrive Bloomberg. E non è la sola. Si torna a parlare di un’Italia che rischia di scatenare di nuovo l’ira dei tecnici di Bruxelles.
Vale la pena riprendere l’articolo di addio-arrivederci all’Italia firmato John Authers, giornalista senior specializzato in mercati, nel desk di Roma per Bloomberg per qualche giorno, che ha all’attivo 29 anni di servizio presso il Financial Times, in cui è stato responsabile di Lex Column.
In arriverci Italia, Authers ha esordito con queste parole:
“Ho trascorso i miei ultimi giorni di lavoro presso il desk di Roma di Bloomberg News. Sì, ci sono vantaggi nel lavorare qui, parlando in termini culturali. Un altro vantaggio di essere a Rona, in questo momento, è che molti temono che l’Italia possa essere la prossima, dopo il Regno Unito, a lanciare una sfida all’Unione europea, una sfida che provocherebbe diversi danni”.
Contrariamente al Regno Unito, sottolinea l’esperto, “l’Italia fa parte dell’Eurozona, fattore questo di importanza cruciale. Con un debito di $2,26 trilioni, l’Italia è anche il principale mercato del debito in Europa. Detto questo c’è da dire che, nell’ultimo decennio, (il paese) ha fatto un lavoro migliore di tanti altri suoi vicini nel tenere sotto controllo il suo debito (pubblico)”.
Authers non pretende di capire del tutto le dinamiche che interessano l’Italia. Ma una cosa, dopo qualche giorno, la comprende perfettamente. “E’ lo spread che conta”, dice, corredando il suo articolo con alcuni grafici che risalgono anche ai tempi in cui il paese faceva parte dell’acronimo PIIGS, nel bel mezzo della crisi dei debiti sovrani.
Proprio lo spread conferma che “i timori sui problemi specifici dell’Italia non sono stati mai così alti dal dicembre del 2011, quando la crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona fu così severa da mandare a casa l’allora primo ministro Silvio Berlusconi e installare il governo del tecnocrate Mario Monti”.
Nello spiegare il motivo per cui la situazione italiana è così allarmante, il giornalista contestualizza i problemi del paese in vista delle elezioni europee. Elezioni che sembrano prossime a decretare l’inconfutabile maggior successo che la Lega del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini vanta nei confronti del M5S del vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, come dimostrano anche i sondaggi.
Il quadro economico rimane in ogni caso desolante: “c’è un problema di produttività, e manca l’impulso alla crescita”.
Queste caratteristiche, sottolinea Authers, hanno molto a che fare con la debolezza del sistema bancario italiano, che ha superato la crisi dei debiti sovrani con maggiore difficoltà a rispetto ad altri paesi.
Authers presenta a tal proposito un grafico di Lorenzo Codogno, fondatore e responsabile economista presso la sua società di consulenza Lorenzo Codogno Macro Advisors Ltd e docente senior presso la LUISS School of European Political Economy di Roma. Il grafico rispecchia tutta la vulnerabilità dell’economia italiana.
Vengono citate le stesse parole di Codogno, pubblicate nell’articolo del blog dell’LSE. L’economista puntualizza che, “presso le banche più grandi, i problemi sembrano essere risolti”, ma “i problemi rimangono” e portano il nome di NPL.
“In Italia – precisa l’economista – le autorità e le banche non hanno riconosciuto in modo sufficientemente tempestivo il veloce deterioramento degli NPL (crediti deteriorati), e gli effetti che tale deterioramento ha avuto sui prestiti (erogati dalle banche) e (dunque) sull’economia. In più, l’elevato rapporto debito-Pil ha limitato gli interventi del governo. Il risultato è che la situazione ha continuato a peggiorare fino al 2016. Alla fine del 2016, il governo italiano ha stanziato 20 miliardi di euro per creare un fondo di aiuti alle banche attraverso il ricorso a diversi strumenti. Di fatto, questa iniezione di fondi pubblici ha affrontato ciò che rimaneva della crisi e l’impatto che si faceva ancora sentire sugli NPL”. Allo stesso tempo, scrive Codogno, “l’economia è migliorata e le banche si sono impegnate diligentemente a smaltire i loro NPL”.
C’è da dire che “i problemi delle banche, in Italia, hanno richiesto soldi pubblici in misura notevolmente inferiore che in altri paesi. Tuttavia, “gli interventi inferiori (rispetto a quelli approntati in altri paesi europei a favore delle loro rispettive banche), e il ritardo con cui sono stati dispiegati hanno comportato un costo”.
L’Italia non è tuttavia un’economia zavorrata da diversi problemi. Authers cita quanto affermato da Andrea Montanino, responsabile economista di Confindustria, che ha messo in evidenza tutti quelli che sono i lati positivi del paese: l’ampio surplus commerciale, il fatto che l’Italia rimanga nel ‘club’ del G10, ovvero delle dieci principali economie del mondo; e, ancora, il settore manifatturiero, che è il secondo in Europa.
Per questi motivi, in teoria, l’economia italiana “non dovrebbe essere vulnerabile come lo fu la Grecia all’inizio del decennio. In più, l’Italia ha anche maggiori ragioni rispetto a tante altre economie di lanciare uno stimolo fiscale. Eppure è proprio questa la questione spinosa, che rischia di tradursi in un nuovo conflitto tra l’Italia e Bruxelles.
Fermo restando che, secondo il giornalista di Bloomberg, il governo resisterà alle elezioni europee, il rischio è che le priorità di spesa del governo M5S-Lega si scontrino con il volere dei tecnici Ue. Un conto infatti è spendere i soldi bene, per progetti considerati essenziali, un altro è spendere quei pochi soldi che si hanno a disposizione per interventi che vengono considerati inutili. E qui il dito è puntato contro il reddito di cittadinanza.
“Ci sono diversi progetti sulle infrastrutture che potrebbero stimolare l’economia italiana – scrive ancora Authers – incluso il piano ambizioso che tende a rendere più efficienti i suoi porti, per garantire che la Cina non debba necessariamente approdare ai porti di Rotterdam e Amburgo. Ma il piano principale del governo è pagare un reddito ai disoccupati, qualcosa che i tecnici vedono solo come un gesto svuotato di significato e improntato al populismo. E la maggioranza sembra orientata a puntare su un deficit che rischia di sfondare i limiti formali stabiliti dal Trattato di Maastricht, mettendo a dura prova la pazienza della Commissione europea”.
“Roberto D’Alimonte, professore di relazioni Italia-Ue presso l’Università Luiss di Roma, ritiene che un conflitto sia inevitabile. Allo stesso tempo, un confronto cruciale potrebbe vedere protagonista il mercato dei bond. Visto che l’Italia non ha più una propria banca centrale, essendo paese membro dell’euro, la sua politica monetaria è praticamente stabilita dal mercato dei bond attraverso lo spread tra i tassi sui BTP e quelli tedeschi. E più lo spread si allarga, più si fa dura per il governo“.