Tassi Fed e quei tagli ora attesi nel terzo trimestre. Attenzione a parole Powell e alla sua politica attendista

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Dopo la raffica di dati della settimana passata, i mercati si concentrano ora sulla riunione della Federal Reserve (Fed) di mercoledì 7 maggio. Non sono attese sorprese dell’ultima ora, con i tassi che dovrebbero essere confermati nel range 4,25-4,5%. Tutti i riflettori sono rivolti alla conferenza stampa del governatore della banca centrale Usa, Jerome Powell, che sarà chiamato a spiegare le decisioni prese dal Fomc, il braccio operativo della Fed. Gli investitori proveranno a carpire indicazioni sulla traiettoria futura dei tassi, con un probabile taglio atteso ora non più a giugno ma tra luglio e settembre.
“L’evento principale della settimana è il meeting del FOMC della Fed mercoledì, dove Powell dovrà trovare un equilibrio tra l’annunciare tassi invariati (probabilità zero prezzata di un taglio, 35% taglio a giugno e tre tagli entro fine ’25 con il primo pienamente prezzato a luglio), lasciare aperta la porta a tagli se dovesse emergere la necessità (per depotenziare le critiche che Trump esprime sulla Fed) e ribadire il carattere temporaneo dell’impatto dei dazi sull’inflazione”, sintetizzano gli strategist di Mps Capital Services nel commento giornaliero sui mercati dal titolo “Il gioco d’equilibrio di Powell“.
Cautela. Forse è questa, di fatto, la parola più utilizzata in attesa del meeting Fed di fronte a un quadro macro incerto e alle pressioni esplicite del presidente Donald Trump affinché la Fed riduca i tassi. Non a caso, di recente i funzionari della Fed hanno evidenziato i rischi derivanti dai dazi per il doppio mandato Fed (inflazione e massima occupazione) e hanno affermato di attendere ulteriori chiarimenti. Un messaggio che, secondo gli esperti di Goldman Sachs, potrebbe essere ripetuto dal presidente Powell nel corso del terzo meeting del 2025 della Fed.
Le attese
In settimana il baricentro del mercato si sposta verso Washington. La Federal Reserve annuncerà mercoledì la sua terza decisione dell’anno sui tassi d’interesse, in un contesto segnato da segnali di raffreddamento macro e da una narrazione commerciale che evolve rapidamente. “Gli operatori si aspettano una conferma dello status quo (le probabilità sono balzate dal 66% del 4 aprile al 94,8% odierno, secondo il FedWatch Tool): tassi fermi e tono attendista, mentre cresce la pressione della Casa Bianca per allentare la politica monetaria, nel tentativo di neutralizzare l’effetto-rincaro legato ai dazi”, sottolinea Gabriel Debach, market analyst di eToro.
Qualche settimana fa, e più precisante lo scorso 16 aprile, il presidente della Fed Jay Powell ha lasciato intendere che la banca centrale si trova in una “modalità attendista”, nonostante abbia avvertito che la disoccupazione sembra destinata ad aumentare e che l’impatto economico dei dazi sarà probabilmente maggiore di quanto si pensasse in precedenza.
“Il nostro obbligo è mantenere le aspettative di inflazione a lungo termine ben ancorate e assicurarci che un aumento una tantum del livello dei prezzi non diventi un problema di inflazione continuo”, aveva avvertito Powell nel corso di un discorso tenuto ieri all’Economic Club di Chicago. Il numero uno della Fed ha evidenziato l’importanza di garantire che l’inflazione rimanga sotto controllo, avvertendo che “senza stabilità dei prezzi, non possiamo ottenere i lunghi periodi di solide condizioni del mercato del lavoro che beneficiano tutti gli americani”.
Il governatore della Fed Chris Waller è stato ancora più esplicito nel suggerire che è improbabile assistere a una mossa nel corso delle riunioni di maggio o giugno, sostenendo che dopo la pausa di 90 giorni sui dazi reciproci “non credo che vedremo abbastanza cambiamenti nei dati reali nei prossimi due mesi”.
Prospettive diventano più incerte dopo debole primo trimestre
Al momento le prospettive di crescita, inflazione e occupazione sono incerte. E’ quanto mettono in evidenza gli economisti di ING in un report dedicato alle prossime mosse della Fed. “Il PIL del primo trimestre ha subito una contrazione, dovuto a un aumento delle importazioni. Stiamo, tuttavia, assistendo a un forte calo dei nuovi ordini, mentre le spedizioni dall’estero stanno rallentando rapidamente. Il CEO del porto di Los Angeles ha avvertito che i volumi in entrata stanno diminuendo, mentre i CEO di Walmart e Target avrebbero messo in guardia il presidente Trump riguardo all’interruzione delle catene di approvvigionamento”, sottolineano gli esperti della banca olandese indicando che “uno shock dell’offerta che va a sovrapporsi agli aumenti dei prezzi indotti dai dazi rischia di causare un periodo più prolungato di inflazione al di sopra del target, rendendo la Fed nervosa sui tagli dei tassi”.
Un taglio dei tassi potrebbe concretizzarsi maggiormente a partire dal terzo trimestre, secondo la view di ING. “È probabile che un’attività economica più debole e un’inflazione in aumento lascino intatta la narrativa della stagflazione, ma non crediamo che l’inflazione persisterà”, segnalano gli economisti.
“Ci vorranno un paio di mesi prima che si accumulino dati sufficienti per giustificare un taglio. Di conseguenza, prevediamo tre tagli consecutivi dei tassi di 25 punti base a luglio, settembre e ottobre – segnalano anche da Goldman Sachs -. Le nostre previsioni rimangono accomodanti rispetto ai prezzi di mercato, riflettendo il maggiore rischio di recessione che vediamo derivante dai dazi e dall’incertezza sulla politica commerciale”.
Trump e Powell, l’eterno scontro
A pochi giorni di distanza dal meeting Fed, nel corso di una intervista a NBC Trump ha parlato anche di Powell (eletto dallo stesso Trump nel 2018. Nella foto Trump e Powell in uno scatto del novembre del 2017, quando il presidente Usa annuncia Powell come candidato alla presidenza della Federal Reserve al posto di Janet Yellen). Il tycoon, al suo secondo mandato alla Casa Bianca, ha dichiarato che non licenzierà il numero uno della Fed prima della scadenza del suo mandato, prevista per maggio 2026. Non sono mancate però le solite frecciate nei confronti di Powell. Trump l’ha definito una persona “completamente rigida” e ha sottolineato: “non taglia i tassi perché non è un mio fan, ma dovrebbe farlo a un certo punto”.
Un rapporto controverso, nonostante le “rassicurazioni” del presidente Usa sul futuro del governatore della Fed. Secondo quanto riporta da Bloomberg, alcuni collaboratori di Trump, tra cui il Segretario al Tesoro Scott Bessent, avevano esortato il presidente Usa a placare gli animi dei mercati smentendo l’intenzione di rimuovere Powell.
Le tensioni tra Casa Bianca e la Fed si sono impennate dopo che Powell ha sottolineato che “è molto probabile che i dazi generino almeno un aumento temporaneo dell’inflazione”, avvertendo che i loro effetti “potrebbero anche essere più persistenti”. Il presidente della Fed espressamente detto che la banca centrale aspetterà “maggiore chiarezza prima di considerare qualsiasi modifica alla nostra posizione di politica monetaria”.
Seguito da un ulteriore polverone sollevato da Trump. Quest’ultimo ha scatenato ulteriori timori sul futuro di Powell affermando in un post sui social che il licenziamento “non potrà mai arrivare abbastanza presto”.
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