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S&P 500: Jeremy Grantham prevede bis KO

25 Gennaio 2023 12:51

Jeremy Grantham, l’investitore leggendario americano che aveva lanciato già qualche mese fa l’alert Super bolla sull’azionario Usa, consigliando agli investitori di prepararsi all’ “atto finale”, o meglio a “un finale epico”, non ha certo cambiato idea con l’inizio dell’anno nuovo.

Tutt’altro: il co-fondatore di GMO, gestore patrimoniale di Boston, 84 anni, tra le voci più note nel mondo dell’alta finanza, ha detto di ritenere che lo S&P 500 terminerà il 2023 attorno ai 3.200 punti circa, valore inferiore di quasi il 17% su base annua e del 20% YTD.

Per il gestore, l’indice benchmark potrebbe scivolare durante i minimi del 2023 anche a livelli più bassi, fino a quota 3.000.

Niente ripresa dunque per il listino nel 2023. Dopo un 2022 da dimenticare, lo S&P 500 farà il bis del KO, terminando il 2023 ancora in ginocchio.

La portata dei problemi è più ampia del normale, forse mai così imponente”, ha detto Jeremy Grantham, in un’intervista rilasciata a Bloomberg.

Ci sono più cose che possono andare male rispetto a quelle che possono andare per il verso giusto – ha aggiunto, rimarcando che c’è un’alta probabilità che il sistema vada male a “livello globale”.

Jeremy Grantham è tra i gestori maggiormente conosciuti a Wall Street per essere ribassisti: una reputazione confermata dal timore che lo S&P 500 possa scendere anche fino a quota 2.000, nel bel mezzo di “un declino brutale”.

La storia gli sta dando ragione, se si considera che la GMO Equity Dislocation Strategy, che è long sulle azioni value e short su quelle società che prezzano “aspettative di crescita non plausibili”, ha guadagnato quasi il 15% l’anno scorso, fino al mese di novembre, stando a quanto riporta ancora Bloomberg.

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Jeremy Grantham ha reiterato la validità di questa tesi, sottolineando che, a suo avviso, le azioni value potrebbero sovraperformare i titoli growth fino a 20 punti percentuali nell’arco dei prossimi 1-2 anni.

Va precisato che sulla Super bolla destinata a esplodere, la motivazione non è né nella guerra in Ucraina e nel conseguente balzo dell’inflazione, né nei problemi che hanno colpito la catena di approviggionamento a seguito dei lockdown imposti all’inizio della pandemia Covid-19.

A suo avviso, il brusco dietrofront era infatti inevitabile, visto che l’azionario ormai stava ricalcando lo stesso schema di altre rare “esplosioni di fiducia degli investitori” che si erano presentate nel 1929, 1972 e 2000.

Non per niente il gestore leggendario aveva presentato le sue previsioni da incubo per lo S&P 500 alla fine di gennaio del 2022, quando la Russia di Vladimir Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina.

Riguardo ai titoli value VS i titoli growth, va detto che le strategie di investimento che puntano sulle azioni value avevano reso poco nel decennio successivo alla crisi finanziaria globale, a fronte dei forti buy che si erano riversati durante il mercato toro made in Usa soprattutto sulle azioni growth.

Tuttavia, con la Federal Reserve che continua ad alzare i tassi per sconfiggere l’inflazione, le strategie value si sono fatte sempre più convincenti.