Notizie Indici e quotazioni Oro: buy scatenati a dispetto di dollaro e dubbi tassi Fed. Prezzi schizzano a nuovi record

Oro: buy scatenati a dispetto di dollaro e dubbi tassi Fed. Prezzi schizzano a nuovi record

2 Aprile 2024 14:19

Nuovo record assoluto per i prezzi dell’oro: oggi le quotazioni del bene rifugio per eccellenza sono schizzate a nuovi valori massimi della storia inanellando l’ennesimo massimo assoluto dopo quello testato nella giornata di ieri, lunedì 1° aprile 2024, e quello precedente di venerdì scorso.

La forza dell’oro sorprende, se si considera che i buy stanno scattando nonostante il rialzo dei tassi dei Treasury e del dollaro Usa.

Oggi il contratto spot sull’oro è salito fino al nuovo massimo storico di $2.266,59 l’oncia, mentre i contratti futures hanno superato anche la soglia di $2.280 l’oncia.

Va detto che, nel solo mese di marzo, il lingotto è scattato del 9,3%, riportando il rialzo mensile più significativo dal luglio del 2020.

Febbre oro: ieri il record post PCE core, dato inflazione preferito dalla Fed

Cosa succede? Succede che le quotazioni dell’oro hanno ripreso oggi a marciare, superando l’iniziale incertezza scatenata da un dato macro pubblicato negli Stati Uniti, che ieri ha sfiammato le aspettative sull’arrivo di un imminente taglio dei tassi, a giugno, da parte della Federal Reserve.

Queste aspettative erano state a loro volta rinfocolate dalla diffusione del PCE core, dato preferito dalla Fed per monitorare il trend dell’inflazione, avvenuta venerdì scorso.

Bisogna fare qualche passo indietro e tornare alla giornata del Good Friday, che ha visto Wall Street e le borse europee chiuse.

Nel giorno del venerdì santo, non è andato però in ferie il fronte macro Usa, che ha sfornato il dato PCE, ovvero l’indice dei prezzi delle spese personali di febbraio:

si è appreso così che il PCE headline è salito su base mensile dello 0,3%, a un ritmo inferiore rispetto al +0,4% atteso, e del 2,5% su base annua, come stimato dal consensus, ma a un ritmo più alto rispetto al +2,4% di gennaio.

Il PCE core invece, ed è questo il dato preferito dalla Fed per fare il punto sulle pressioni inflazionistiche – ovvero il dato depurato dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni energetici e dei beni alimentari – è avanzato del 2,8% su base annua e dello 0,3% su base mensile, in linea con le attese.

Per chi non vede l’ora che la Fed di Jerome Powell inizi a tagliare i tassi, i numeri non sono stati del tutto confortanti: il PCE core ha continuato infatti a rimanere al di sopra del target della Fed, pari al 2%, come è accaduto nel corso di questi ultimi tre anni.

Su base mensile, il dato si è tuttavia indebolito rispetto al +0,4% di gennaio, confermando la ritirata in corso dell’inflazione negli Stati Uniti. I mercati hanno preferito dunque cogliere l’ennesimo segnale del processo disinflazionistico in corso, a beneficio dei prezzi dell’oro.

L’oro è così scattato al rialzo anche nella sessione di ieri, sulla scia delle scommesse degli investitori, che hanno continuato a credere nella prospettiva di una Fed pronta a tagliare i tassi, dopo la pubblicazione del dato macro grande market mover per i prezzi dell’oro (e non solo).

Le quotazioni del metallo prezioso hanno beneficiato dunque delle aspettative di rendimenti più bassi delle obbligazioni e della natura di bene rifugio dell’oro in tempi di incertezza economica, così come di tensioni geopolitiche, vive più che mai, con le guerre in corso in Medio Oriente e Ucraina:

d’altronde sono stati questi sempre questi fattori, insieme allo shopping di oro da parte delle banche centrali di tutto il mondo, a permettere ai prezzi dell’asset di scattare del 14% circa dalla metà di febbraio.

Ieri i prezzi del contratto spot sull’oro sono saliti così fino al record assoluto di 2.265,53 l’oncia, in rialzo dell’1,6% rispetto alla chiusura delle contrattazioni di giovedì scorso, mentre i contratti futures sull’oro sono scattati dell’1,2%, a quota $2.265,70.

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La ritirata dei prezzi improvvisa con l’indice manifatturiero Usa

Nelle ore successive, i prezzi dell’oro hanno messo tuttavia il freno.

Il motivo?

La pubblicazione, ieri, di un altro dato macro Usa, ovvero del PMI manifatturiero Usa stilato dall’ISM, salito a marzo a 50,3 punti, rispetto ai 47,8 punti di febbraio.

L’indice è tornato a superare la soglia di 50 punti – linea di demarcazione tra fase di contrazione (valori al di sotto) e fase di espansione (valori al di sopra) –  per la prima volta dal settembre 2022, particolare che è stato più che sufficiente per ribaltare la convinzione su una Fed prossima a tagliare i tassi, e che ha riproposto l’interpretazione di una banca centrale Usa che può ancora aspettare prima di iniziare a sforbiciare il costo del denaro Usa.

Il record degli ultimi 18 mesi testato dall’indice ISM manifatturiero ha portato i trader a fare di nuovo i loro conti, e il risultato è stato l’arrivo di nuovi dubbi su un primo taglio dei tassi Usa a giugno:

di conseguenza, nella sessione di ieri, il dollaro Usa si è rafforzato, così come si sono rafforzati i rendimenti dei Treasury Usa, a dispetto dei prezzi dell’oro.

Il rialzo dei tassi dei Treasury continua anche oggi: occhio ai rendimenti dei titoli di stato Usa con scadenza a 10 anni, che balzano al 4,395%, in crescita di quasi 7 punti base, al record delle ultime settimane e vicini ai massimi livelli del 2024.

Nelle ultime ore, il Dollar Index è salito inoltre fino a quota 105,13, al valore più alto dal 14 novembre.

Il market analyst di eToro Gabriel Debach ha riassunto bene quanto avvenuto alla vigilia, scrivendo che “i recenti dati economici, più robusti del previsto, accompagnati dai recenti commenti del FOMC, hanno allontanato le aspettative di un imminente taglio dei tassi da parte della Fed”, tanto che ora il FedWatch del CME Group “indica una probabilità del 56,3% che il primo taglio dei tassi avvenga a giugno, in calo rispetto al 63,8% di una settimana fa”.

A commentare nello specifico il trend dell’oro sono stati anche Warren Patterson e di Ewa Manthey, rispettivamente responsabile della divisione di strategia di Commodities e Commodities Strategist di ING, che hanno sottolineato che il rally del metallo prezioso – dimostrato dai valori record dei  prezzi spot, saliti oltre la soglia di $2.265 l’oncia – è stato interrotto dall’altro dato macro Usa piombato a Wall Street.

“I dati sul settore manifatturiero Usa di marzo più forti delle attese hanno zavorrato il rally dell’oro”, hanno scritto in una nota i due esperti, facendo notare che “l’espansione inattesa dell’attività manifatturiera avrebbe alimentato dubbi sulle aspettative dei mercati di un taglio dei tassi a giugno, da parte della Fed”.

Questi dubbi hanno fatto salire il dollaro e i tassi dei Treasury, frenando la corsa dell’oro, che però poi, nelle ultime ore, è tornata di nuovo protagonista, sconfessando (solo per ora) la cautela mostrata dal mondo degli strategist.

Nella nota dedicata all’oro, Warren Patterson e Ewa Manthey avevano avvertito, di fatto, che dopo quei record segnati ieri dall’oro, sarebbe stato “probabile assistere a una ulteriore volatilità (del metallo), questa settimana, soprattutto con la pubblicazione del report occupazionale Usa che avverrà” venerdì prossimo.

I due strategist di ING avevano parlato anche di una “condizione di ipercomprato” che “sicuramente avrebbe creato “il potenziale di una ritirata (dei prezzi) nel breve periodo, soprattutto in caso di arrivo, nella sessione di venerdì, di altri numeri solidi dal mercato del lavoro”.

A parlare di condizioni di overbought, dunque di ipercomprato, era stato qualche ora fa anche Tim Waterer, responsabile analista di mercato di KCM Trade, che si era mostrato tuttavia, nella giornata di ieri, più ottimista sul trend del bene rifugio, prevedendo nuove sorprese in arrivo.

Così Waterer, stando a quanto riportato dalla CNBC:

“L’oro è salito a un nuovo valore record, sebbene quel massimo si sia  presentato anche in una condizione in qualche modo di ipercomprato, che si è tradotta in un dietrofront moderato”. Detto questo, ha continuato Waterer, “le recenti flessioni dell’oro hanno presentato una natura superficiale, a causa della presenza di potenziali acquirenti, che stanno aspettando alla finestra in attesa di punti di ingresso migliori”.

E proprio questi acquirenti, evidentemente, hanno fatto sentire oggi la loro voce, permettendo all’oro di testare nuovi record.

Il trend dell’oro, ha confermato Ole Hansen di Saxo Bank, si spiega infatti proprio con la domanda, che vede protagonisti non solo le richieste degli investitori retail e delle banche centrali ma, per l’appunto, “gli speculatori che seguono il momentum, che hanno esteso le loro posizioni long già elevate, dopo che i prezzi hanno sfondato la soglia di $2.20o”.

Un altro fattore, ha spiegato Hansen, “è che non c’è alcun dubbio sul fatto che le tensioni geopolitiche abbiano fornito un altro elemento di sostegno”.