Notizie Notizie Mondo Ocse a Fed e Bce: continuate ad alzare i tassi

Ocse a Fed e Bce: continuate ad alzare i tassi

17 Marzo 2023 14:55

Tante polemiche sui tassi, ma secondo l’Ocse la Fed di Jerome Powell e la Bce di Christine Lagarde, così come in generale le banche centrali alle prese con la piaga dell’inflazione, devono continuare a portare avanti le loro strette monetarie.

Nel suo ultimo outlook dedicato all’economia globale, l’organizzazione parigina ha rivisto al rialzo il proprio outlook sulla crescita del Pil mondiale dal +2,2% previsto a novembre al +2,6%.

L’Ocse ha avvertito che il ritmo di crescita dell’economia mondiale rimarrà al di sotto dei trend degli anni precedenti sia nel 2023 che nel 2024, con rischi rivolti verso il basso.

Tuttavia, le pressioni sui prezzi, ergo l’inflazione, continueranno a essere più intense rispetto a quanto precedentemente previsto, a causa dell’aumento dei costi che ha colpito il settore dei servizi, così come anche per gli elevati profitti ravvisabili in alcuni settori e per la difficoltà delle aziende a reperire la forza lavoro necessaria.

Di conseguenza, ha avvertito l’Ocse, “è necessario che la politica monetaria rimanga restrittiva, fino a quando non ci siano segnali che indichino che le pressioni inflazionistiche si stanno smorzando in modo durevole”.

E ancora, in un messaggio che sa di doccia fredda per l’Italia e per l’area euro, appena reduci dall’ennesimo rialzo di 50 punti base arrivato dalla Bce di Christine Lagarde, a dispetto dei timori che continuano a ossessionare il mondo sull’avvento di una crisi bancaria, l’Ocse si è così espressa:

“Ulteriori aumenti dei tassi di interesse sono ancora necessari in molte economie, incluse quelle degli Stati Uniti e dell’area euro”.

Dunque, un chiaro messaggio alla Bce e alla Fed.

Ocse: le nuove stime su Pil e inflazione

L’Ocse ha annunciato oggi le nuove stime sulla crescita e sull’inflazione a livello mondiale.

Il Pil globale è stato rivisto per l’appunto al rialzo dal 2,2% al 2,6% per il 2023.

Rivisto invece al ribasso l’outlook sul Pil del 2024, dalla crescita precedentemente attesa del 2,9% al 2,7%.

Per i paesi del G20, le proiezioni sull’inflazione headline sono state lievemente ridotte dal 6% al 5,9%, mentre le stime sull’inflazione core delle economie avanzate del G-20 sono state alzate dal +3,8% al +4%.

Maxi upgrade per l’outlook del Pil Usa,  rivisto al rialzo dal +0,5% atteso lo scorso novembre al +1,5%.

Nel caso specifico degli Stati Uniti, l’Ocse ha annunciato di prevedere anche un rialzo dell’inflazione core maggiore, pari a +3,9%, rispetto alla precedente previsione di un aumento del 3,6%.

Migliorato anche l’outlook sul Pil dell’Eurozona, atteso ora in espansione, quest’anno, al ritmo dello 0,8%, rispetto a quello del +0,5% atteso a novembre.

Riviste al rialzo anche le stime sull’inflazione core dell’area euro, dal +4,7% al +5,2%.

Pur sostenendo la necessità che la Bce e la Fed varino ulteriori aumenti dei tassi, l’Ocse ha invitato le banche centrali a monitorare le conseguenze delle loro strette e a mostrare dunque cautela, a causa del rischio che il danno arrecato alle rispettive economie si confermi più alto delle aspettative, mettendo in evidenza anche la vulnerabilità di alcune istituzioni finanziarie.

Secondo l’organizzazione di Parigi, anche i governi devono dare un contributo alla lotta delle banche centrali contro l’inflazione, assicurandosi che gli stimoli fiscali attivati contro la crisi energetica si concentrino soltanto su chi ne ha veramente bisogno.

Aiuti più mirati e una riduzione tempestiva degli aiuti complessivi aiuterebbero ad assicurare la sostenibilità fiscale, a preservare gli incentivi a consumare meno energia e a limitare gli stimoli aggiuntivi alla domanda, in un momento di elevata inflazione”.

I vari attenti dell’Ocse e il caldo consiglio alle banche centrali per convincerle a mantenere la rotta sui tassi arrivano in un momento in cui i mercati lanciano a loro volta i loro attenti sul rischio che si ripresenti un evento Lehman Brothers.

Crisi banche, mondo sull’attenti con casi First Republic e Credit Suisse

Si può dire che il mondo è cambiato nell’arco di una settimana appena.

Negli Stati Uniti è fallita Silicon Valley Bank, la seconda banca americana più grande a fare crac dai tempi di Washington Mutual. E, sebbene diversi siano stati gli economisti a spiegare la natura eccezionale del caso Svb, in queste ore si continua a guardare alle banche regionali degli Stati Uniti, in particolare , tanto che la domanda che i trader e gli investitori si pongono è la seguente: Bce tra inflazione e crisi banche. Rialzi tassi al capolinea?

A Wall Street è scattato di nuovo l’allarme sulla banca regionale First Republic, che pure aveva annunciato domenica scorsa di essersi assicurata una liquidità di oltre 70 miliardi di dollari dalla Federal Reserve e da JP Morgan .

E che ora è stata appena soccorsa dalle undici banche americane più grandi, tra cui si mettono in evidenza i nomi di Goldman Sachs, Citigroup e JP Morgan.

In Europa rimane l’ansia per le sorti di Credit Suisse, la banca svizzera sistemica che ha affondato le borse appena l’altroieri, prima di accogliere il salvagente lanciato dalla Swiss National Bank (SNB), per un valore di ben 50 miliardi di franchi svizzeri.

Il titolo torna a perdere terreno nella giornata di oggi, mentre circolano voci sull’opzione di una combinazione con UBS.

I problemi delle banche americane ed europee e soprattutto il rischio di un contagio che replichi il dramma di Lehman Brothers continuano a deprimere le borse.

Ma la Bce e la Fed hanno anche il problema dell’inflazione che, così come ha messo in evidenza l’Ocse, non è stato ancora risolto.

E dunque, da Parigi arriva il consiglio: si proceda con l’aumento dei tassi di interesse.