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Morgan Stanley: S&P 500 crollerà. Ecco di quanto

21 Febbraio 2023 10:03

Morgan Stanley pessimista su Wall Street. Il target sullo S&P 500

Gli strategist di Morgan Stanley guidati da Michael Wilson sono decisamente bearish sull’indice S&P 500.

A loro avviso, il listino benchmark dell’azionario Usa potrebbe capitolare fino al minimo di 3.000 punti nella prima metà del 2023, scivolando del 26% rispetto ai valori attuali.

E’ soprattutto questo il consensus, in questo momento”, riferiscono da Morgan Stanley, con gli strategist che fanno notare l’atteggiamento degli investitori istituzionali attivi e dei retail, che sono bullish al record in più di un anno, in un contesto in cui i dati macroeconomici recenti arrivati dal fronte Usa non sono esattamente di buon auspicio.

Un articolo di Bloomberg segnala che, secondo gli esperti guidati da Wilson, gli ultimi indicatori diffusi negli Stati Uniti hanno presentato lo scenario di un’economia capace, probabilmente, di schivare la recessione: un fattore di per sé positivo che tuttavia fa decadere la possibilità che la Federal Reserve guidata da Jerome Powell deponga presto le armi contro la crescita dell’inflazione.

Alert Morgan Stanley sullo S&P 500. Il grafico death zone

Non per niente la stessa Wall Street ha reagito alla pubblicazione dei dati (soprattutto quelli relativi all’inflazione Usa), scommettendo su una Fed più hawkish, si legge nella nota di Morgan Stanley, in una situazione in cui le azioni Usa, in base al parametro del premio sul rischio, non sono mai state così costose dal 2007.

Per Morgan Stanley il premio sul rischio è entrato di fatto in un livello conosciuto come “death zone” (zona della morte), che rende il rapporto risk reward decisamente poco confortante, sopratutto se si considera che la Fed è decisamente lontana dal mettere il punto alla sua carrellata di rialzi dei tassi sui fed funds, e mentre le stime sugli utili della corporate America rimangono troppo alte, secondo Wilson, tra il 10% e il 20%.

Da segnalare che Mike Wilson è noto per essersi confermato al primo posto della classifica dello scorso anno Institutional Investors, dopo aver previsto il collasso delle azioni nel 2022, così come è stato.

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Wilson parla di un rally del mercato orso – bear rally – che si è trasformato in una febbre speculativa, basata su una pausa o su un pivot della Fed, che non si sta presentando”.

Cosa dicono gli altri strategist

Morgan Stanley non è sicuramente sola nel suo outlook. Pessimista è anche lo strategist di JP Morgan Marko Kolanovic, che qualche giorno fa ha avvertito che la Fed è stata fraintesa.

La scorsa settimana gli strategist di Bank of America guidati da Michael Hartnett hanno avvertito inoltre che la recessione Usa, che a loro avviso ci sarà , zavorrerà Wall Street nel secondo semestre di quest’anno.

Dice la sua anche Norman Villamin, Chief Investment Officer Wealth Management di UBP.

Nella nota “UBP: recessione o soft landing? Le economie di Usa, Ue e Cina al bivio”, Villamin fa notare che “i mercati azionari e obbligazionari hanno continuato a salire a gennaio grazie al calo dei prezzi dell’energia, alla riapertura della Cina e alla speranza di un futuro taglio dei tassi da parte della Fed, che ha spinto all’ottimismo tutte le asset class”.

Tuttavia, così come riferiscono gli altri strategist, “l’ottimismo si scontra con la crescente divergenza tra le aspettative implicite nei mercati, le comunicazioni della Fed e l’evoluzione dei fondamentali, in particolare negli Stati Uniti”.

Villamain ha messo in evidenza il trend dei mercati dei futures, “che suggeriscono che la Fed inizierà a tagliare i tassi alla fine del 2023 e in modo più aggressivo nel 2024.”.

Una buona notizia? Non proprio, visto che “un ciclo di tagli dei tassi di questo tipo ha preceduto ogni recessione dal 1990. Al contrario, un ciclo di tagli dei tassi molto più modesto ha avuto luogo durante gli atterraggi morbidi degli anni Novanta”.

Detto questo, secondo il direttore degli investimenti della divisione di Wealth Management di UBP, “nei mercati azionari e creditizi statunitensi, la crescita ancora positiva degli utili prevista per il 2023 e gli spread creditizi che si avvicinano alle medie pre-pandemia del 2017-19 sono coerenti con un atterraggio morbido dell’economia statunitense piuttosto che con il ciclo di taglio dei tassi recessivo previsto dai future sui Fed Funds”.

Il risultato è che “queste incoerenze tra i mercati degli asset statunitensi suggeriscono che gli investitori dovrebbero aspettarsi volatilità negli asset statunitensi nei prossimi mesi, man mano che la probabilità di recessione o di atterraggio morbido diventa più chiara”.

E questo secondo UBP è un elemento che favorisce la nostra allocazione agli hedge fund, che dovrebbero beneficiare di questo repricing tra gli asset”.

Dal canto loro gli strategist di Citigroup guidati da Robert Buckland hanno riferito ieri di non scommettere sui rialzi dell’indice dell’azionario globale MSCI All Country World, visto che il listino viaggia già attorno al punto più alto del target da loro fissato.

Citigroup ha aggiunto anche di preferire i titoli petroliferi, piuttosto che quelli tecnologici, dopo il balzo di questi ultimi segnato dall’inizio del 2023.