Notizie Trading e Mercati Correzione mercati: opportunità da rotazione settoriale e volatilità

Correzione mercati: opportunità da rotazione settoriale e volatilità

10 Marzo 2025 12:08

Sono ormai diverse settimane che i mercati non hanno vita semplice, tra dazi, spese militari fuori bilancio ed esorbitanti, previsioni di Pil riviste al ribasso. Tutti ingredienti che portano le borse europee e internazionali a segnare performance negative, che in alcune giornate sono state anche molto pesanti. E alla fine chi paga il conto sono sempre gli investitori e i consumatori.

Il caos attuale sta portando gli investitori ad assumere un atteggiamento più difensivo, “spostando capitali dai settori più speculativi verso quelli più resilienti, come sanità e beni di prima necessità”, spiega Alessio Garzone, Portfolio manager di Gamma Capital Markets, nel suo aggiornamento About Markets. Tra i settori che stanno soffrendo di più in questo periodo ci sono il tech e beni di consumo discrezionali, che avevano guidato il rally degli ultimi due anni e ora vedono le valutazioni rientrare su livelli più sostenibili. “Allo stesso tempo, vediamo capitali muoversi dalle azioni Usa verso mercati europei e cinesi”, spiega Garzone.

Mercati volatili con dazi, effetto inatteso sul Pil Usa

Questa settimana i mercati finanziari hanno subito una forte ondata di vendite, con l’S&P 500 in calo del 3,1% e il Nasdaq 100 che ha perso il 3,76%. A prima vista, potrebbe sembrare una semplice correzione, ma in realtà dietro questo ribasso si nasconde una combinazione di fattori che ha portato a un vero e proprio scossone sui mercati, lasciando aperti molti interrogativi sulle prospettive economiche e finanziarie delle prossime settimane.

Uno dei principali elementi di pressione è la delusione per i dati economici più recenti: negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione è salito al 4,1%, la crescita occupazionale è risultata inferiore alle attese e il settore manifatturiero mostra segnali di debolezza. Anche la fiducia dei consumatori è in calo, alimentando il timore di un rallentamento economico.

Non aiuta poi la volatilità dei dazi imposti da Trump; fin dalla sua campagna elettorale aveva promesso che avrebbe introdotto queste imposte e puntualmente, pochi giorni dopo il suo insediamento, ha iniziato ad annunciare tariffe sulle importazioni da diversi Paesi, come Cina, Canada e Messico, salvo poi sospenderle, reinserirle e poi sospenderle di nuovo. Indecisioni che hanno spaventato i mercati.

I dazi dovrebbero in teoria rafforzare l’economia americana, ma per il momento hanno avuto un effetto immediato inaspettato: le aziende si sono affrettate ad acquistare beni dall’estero prima dell’aumento dei costi. Il risultato? Un improvviso boom delle importazioni che ha distorto il calcolo del Pil. Negli ultimi giorni, infatti, la stima della Fed di Atlanta è precipitata dal +2,3% a -1,5%, generando allarme tra gli analisti. Tuttavia, questo non significa che l’economia statunitense sia crollata: a crescere sono state le importazioni, che nella formula del Pil vengono sottratte dal totale.

Perché le tariffe sono un’arma a doppio taglio per Trump

Uno degli obiettivi principali della politica commerciale di Donald Trump è l’Europa, a causa dello squilibrio negli scambi tra le due economie. Gli Stati Uniti registrano infatti un deficit commerciale strutturale con l’Unione Europea, che ha raggiunto i 179 miliardi di dollari. In altre parole, gli americani acquistano più prodotti europei di quanti ne esportino verso il Vecchio Continente.

E tra i settori più colpiti da questa disparità c’è l’industria automobilistica, motivo per cui Trump ha introdotto dazi del 25% sulle auto europee, con l’idea che un aumento dei prezzi dei veicoli importati possa incentivare l’acquisto di modelli prodotti in patria. Ma le conseguenze di questa scelta potrebbero rivelarsi controproducenti. Molti marchi europei hanno già stabilimenti negli Stati Uniti – BMW in South Carolina, Volkswagen e Mercedes producono Suv e pick-up direttamente sul territorio americano – e colpire queste aziende con nuove tariffe non penalizza solo l’Europa, ma rischia anche di mettere in difficoltà l’occupazione negli stessi Stati Uniti.

Le conseguenze sui mercati: il peggio deve ancora arrivare?

Tutto questo ha portato la liquidità nei mercati a ridursi, spingendo gli investitori a cercare rifugio nei settori difensivi come beni di prima necessità, telecomunicazioni e assicurazioni. Nell’ultima settimana, l’unico comparto a chiudere in positivo è stato quello sanitario, dimostrando una maggiore resilienza in un contesto di forte volatilità, mentre il settore tecnologico e quello dei consumi hanno subito pesanti perdite, con Nvidia e Tesla tra i peggiori. Le aziende del commercio al dettaglio e le compagnie di crociera hanno registrato cali significativi, evidenziando il nervosismo degli investitori nei confronti della crescita futura.

Questo significa che dobbiamo aspettarci un crollo prolungato? “Probabilmente no – spiega meglio Garzone – Correzioni come questa sono normali e spesso creano opportunità. La volatilità spaventa, ma storicamente il vero rischio non è il ribasso di breve termine, è non saperlo sfruttare. Un ribilanciamento ponderato, una maggiore diversificazione e la capacità di individuare asset sottovalutati possono fare la differenza tra subire il mercato e anticiparne i movimenti. Quello che conta ora è capire dove stanno andando i flussi di capitale e posizionarsi di conseguenza. Perché alla fine, chi riesce a interpretare il cambiamento prima degli altri, è chi alla fine raccoglie i migliori rendimenti”.