Notizie Notizie Mondo Mercati azionari? Si comportano come i dinosauri. A Wall Street in scena il dramma profetizzato da Jeremy Grantham?

Mercati azionari? Si comportano come i dinosauri. A Wall Street in scena il dramma profetizzato da Jeremy Grantham?

3 Ottobre 2019 16:15

Mercati azionari giurassici, solo un’analogia con i dinosauri riesce forse a far capire cosa sta accadendo in queste turbolente sessioni. Lo dice, nell’articolo pubblicato su Bloomberg “Jurassic Stock Markets”, John Authers, riferendosi a una frase proferita da Jeremy Grantham, fondatore della società con sede a Boston GMO.

Ciò che stupisce Authers è che sembra che i mercati azionari si siano svegliati all’improvviso, che ci sia stata una presa di coscienza delle difficoltà a cui l’economia mondiale fa fronte a scoppio ritardato. Di qui, il riferimento all’analogia con i dinosauri che è stata fatta da Grantham.

Dinosauri con il cervello piccolo, ha tenuto a precisare il guru dell’alta finanza Usa e mondiale. Queste, riporta Bloomberg, le sue parole:

“Nonostante tutto, il mercato azionario sembra del tutto indifferente, con azioni volatili e rischiose che continuano a correre. Sebbene il brontosauro sia stato morso alla coda, il messaggio non ha ancora raggiunto il suo cervello piccolo, ma sta salendo lungo la sua schiena, vertebra dopo vertebra”.

La speranza che i mercati azionari dinosauri colgano alla fine il messaggio, insomma, c’è.

L’articolo di Bloomberg ha in serbo però una sorpresa. Nel leggerlo, inizialmente si ha l’impressione che si parli di un atteggiamento che i mercati azionari stanno manifestando ora. E invece no, visto che la frase di Grantham non si riferisce a oggi, né è stata proferita oggi.

La frase, spiega il giornalista di Bloomberg, è stata pronunciata nel luglio del 2007, “in un momento in cui sappiamo, ora, che il mondo finanziario stava per scivolare in una crisi. Di tutte le persone con cui parlai all’epoca, lui (Grantham) fu quello che ebbe la maggiore capacità predittiva”.

Jeremy Grantham, classe 1938 è un manager britannico, co-fondatore e chief investment strategist di Grantham Mayo van Otterloo (GMO), società di gestione patrimoniale con sede a Boston che gestiva più di $118 miliardi di asset nel marzo del 2015.

Grantham è considerato tra i maggiori esperti dei mercati azionari, dei bond e delle commodities ed è conosciuto, di fatto, anche per essere riuscito a prevedere diverse bolle speculative.

Tornando a oggi, si chiede l’autore dell’articolo di Bloomberg, “qual è stata la cosa che ha morso la coda del brontosauro?” Ovvero, quale è stato il fattore che di colpo ha destato i mercati, riportandoli alla realtà?

“Il colpevole più ovvio è l’indice Ism manifatturiero Usa, pubblicato all’inizio di questa settimana – si legge nell’articolo –  I numeri relativi al settore manifatturiero tedesco sono stati inoltre innegabilmente terribili (anch’essi al minimo da più di 10 anni). E anche i numeri relativi alla Cina, che sono stati diramati con due sondaggi diversi (vedi dato ufficiale e dato stilato da Caixin-Markit, sono stati negativi, in modo ambiguo. Non c’è stato alcun dato che ha fornito un qualche conforto”.

Al di là di quelle che possano essere le differenze tra l’Ism manifatturiero e il Pmi stilato da Markit, particolare attenzione – scrive Authers – merita “il trend degli ordini alle esportazioni che, così come ha messo in evidenza il collega Torsten Slok di Ruskin, hanno sofferto un vero e proprio collasso. Da quando i dati hanno cominciato a essere diramati nel 1988, questa componente è stata peggiore soltanto nei mesi più duri della Grande Recessione”.

E’ pur vero, però, che gli Stati Uniti non sono certo un grande paese esportatore del calibro della Germania. E, infatti, è più la Germania, insieme ad altri paesi che gravitano attorno a essa, a mostrare segnali preoccupanti di deterioramento dell’economia.

In ogni caso, i timori di un’economia peggiore delle attese stanno avendo conseguenze sul mercato dei futures sui fed funds – riporta il giornalista- “che sconta ora in misura maggiore un altro taglio dei tassi Usa da parte della Fed, pari a 25 punti base, alla fine di ottobre, e un altro ancora, con una probabilità di 50-50, nel mese di dicembre”. Previsioni che “sono giustificate sia dai dati sul settore manifatturiero che dai movimenti in atto nei mercati dei bond”.

L’articolo di Bloomberg mette in evidenza anche un altro fattore: la corsa dei titoli ciclici, che non hanno fatto mai così bene dal periodo precedente la bolla dot-com. “Sembrava che avessero testato valori massimi, ma non hanno iniziato ancora a scendere – sottolinea Authers – Non è così se si guarda invece a quanto sta avvenendo in Europa, per la precisione in Eurozona, dove i titoli ciclici hanno testato il massimo nel 2018, proprio in corrispondenza del massimo testato dall’indice ISM tedesco, per poi azzerare gran parte dei guadagni. I ciclici Usa (che includono nomi di titani del calibro di Amazon, Alphabet, holding di cui fa parte Google, Apple, hanno continuato invece a salire dopo il sell off della vigilia di Natale” a Wall Street.

Questo che significa, che sono soprattutto i mercati azionari Usa a non aver capito ancora quanto sta accadendo?

Ricorrendo ancora all’analogia dei dinosauri, ciò potrebbe significare secondo l’autore dell’articolo che “i brontosauri americani avrebbero ancora spazio per scendere, sebbene ciò non significhi necessariamente che il mercato subirà scossoni simili a quelli del 2007″.

In ogni caso, “i dinosauri del mercato azionario saranno particolarmente ansiosi di conoscere l’esito del rapporto sull’occupazione degli Stati Uniti, che sarà reso noto il prossimo venerdì”. E’ allora che la consapevolezza di una realtà sempre più traumatizzata dalla guerra commerciale arriverà, dalla coda, finalmente al cervello dei dinosauri?

In tutto questo c’è il nodo Brexit:, a dispetto delle uscite di Boris Johnson  sulla Brexit a tutti i costi, “stando ai dati di Predictit (relativi alle previsioni sui mercati), la probabilità che il Regno Unito esca dall’Unione europea il prossimo 31 ottobre è scesa al 23%, rispetto al 58% di agosto. Questo implica che l’agonia dell’indecisione potrebbe andare avanti ancora per un po’ di tempo (e che quindi ci si aspetta un’ennesima estensione dell’Articolo 50).

E se i dinosauri carnivori del mercato UK stanno prestando attenzione al pericolo, non altrettanto avrebbero fatto, almeno finora, i loro cugini dinosauri americani.