Larry Fink (Blackrock): Fed sarà cauta nei tagli, regna ottimismo su Wall Street

Quando Larry Fink parla gli investitori ascoltano e prendono nota. Durante un incontro avvenuto nei giorni scorsi in Arabia Saudita, il CEO di Blackrock (gruppo con oltre 10 trilioni di dollari in asset gestiti) ha fatto le sue considerazioni sulle politiche della Fed, alle prese con un’inflazione non ancora domata, e la situazione del mercato azionario, nel mezzo di un periodo bullish ma con alcuni indicatori problematici.
Fink prevede unico taglio tassi nel 2024
Sulla Federal Reserve, Fink è andato un po’ controcorrente, prevedendo solamente un ulteriore taglio dei tassi di interesse nei prossimi due incontri del FOMC, il ramo della Banca Centrale Americana responsabile per le decisioni di politica monetaria. “Mi pare si possa dire che avremo almeno un taglio di 25 punti base (0,25%) ma, detto questo, dire che abbiamo un’inflazione endemica nel mondo più alta di quanto si sia mai visto”, ha detto Fink durante la Future Investment Initiative a Riyadh, secondo quanto riporta Cnbc.
In settembre la Fed ha operato un maxi-taglio di 50 punti base, segnalando una svolta rispetto alle sue politiche restrittive degli ultimi anni e di voler ammorbidire la lotta all’inflazione stimolando la crescita. Un consensus di analisti ha predetto allora due ulteriori tagli dei tassi di interesse entro la fine del 2024, e l’aspettativa è che ne arriveranno altri nel corso del 2025.
Scelte politiche rendono “endemica” l’inflazione
“Abbiamo un governo e delle politiche che sono molto più inflazionistiche“, ha sottolineato Fink, citando per esempio l’ “onshoring“, ossia il riportare la produzione all’interno dei confini di un paese. “Nessuno si chiede ‘a che prezzo’. Storicamente direi che eravamo un’economia più guidata dai consumi. Tendere ad avere prodotti il meno costosi possibili era il modo migliore e più progressista di fare politica”.
Il riferimento all’onshoring chiama in causa certe politiche dell’amministrazione Biden degli ultimi anni come l‘Inflation Reduction Act e l’Infrastructure Investment and Jobs Act. Obiettivo di questi sforzi legislativi è stato la riduzione della dipendenza del paese da filiere produttive straniere, focalizzandosi allo stesso tempo su investimenti domestici, in particolare nel settore manifatturiero. Il discorso di Fink ha sottolineato che queste politiche hanno fatto aumentare il prezzo dei beni al consumo, essendo il costo della manodopera americana più alto ad esempio di quella cinese.
Politiche che, secondo lui, sono endemicamente inflazionistiche e quindi “non penso che vedremo dei tassi di interesse al livello di riduzione che molti prevedono”.
Prezzi dei titoli sono “estremi” ma molta liquidità da investire
Fink ha anche parlato del mercato azionario, che nel 2024 ha toccato diversi record di performance ma il rapporto price/earning, il rapporto tra il prezzo dell’azione offerta e l’utile per azione, è particolarmente alto, potenzialmente un segnale di sopravvalutazione.
Il numero 1 di Blackrock ha ammesso che i prezzi delle azioni siano generalmente “a livelli estremi”, sottolineando come gli utili tuttavia stiano “colmando il divario” nelle valutazioni P/E. Fink ha inoltre fatto notare che i money manager hanno a disposizione “9 mila miliardi di dollari” di liquidità che potrebbero portare ad “una fioritura di investimenti” nel prossimo futuro.
S&P 500 continua il rally, resta qualche perplessità su rapporto P/E
Nel contesto dei money manager, si fa riferimento tradizionalmente al rapporto P/E forward, in cui l’utile per azione è quello stimato per i futuri 12 mesi da un consensus di analisti professionali. Secondo Dow Jones, che riporta analisi di FactSet, i titoli sull’indice S&P 500 sono scambiati ad un P/E forward di 21,8, che rappresenta il 119% della sua media decennale di 18,4.
Queste indicazioni sono state alla base di un recente report di Goldman Sachs, che nonostante l’andamento formidabile dello S&P 500 ha messo in guardia da una “lost decade” di performance azionaria, prevedendo un rendimento complessivo per i prossimi 10 anni solamente del 3% annuale. Tra i rischi enfatizzati dagli analisti della banca d’affari newyorkese ci sono l’alta concentrazione dei titoli più performanti tra le “Magnifiche Sette” della Silicon Valley, e appunto un troppo elevato rapporto P/E.