Notizie Notizie Mondo Wall Street il party è finito? La stima shock di Goldman Sachs sull’S&P500 per la prossima decade

Wall Street il party è finito? La stima shock di Goldman Sachs sull’S&P500 per la prossima decade

22 Ottobre 2024 13:44

Wall Street veleggia serenamente a ridosso dei massimi storici e se non ci saranno scossoni da qui a fine anno potrebbe inanellare il secondo anno consecutivo con ritorni superiori al 20% (attualmente +23%). C’è chi però storce il naso circa le prospettive future dell’S&P500, indice guida di Wall Street che in questi anni è stato trainato dall’esuberante crescita dei titoli delle big tech.

Un decennio d’oro per Wall Street, e adesso?

Nell’ultimo decennio i ritorni medi annualizzati dell’S&P 500 sono stati di ben +13% rispetto a una media a lungo termine dell’11%. Progressi medi a due cifre che a detta degli strategist di Goldman Sachs potrebbe non ripetersi in futuro poiché gli investitori si rivolgeranno ad altri asset, comprese le obbligazioni, per ottenere rendimenti migliori.

La prestigiosa casa d’affari statunitense stima che l’indice S&P 500 registrerà un rendimento nominale annualizzato di appena il 3% nei prossimi 10 anni. Goldman Sachs indica anche una probabilità di circa il 72% che l’indice di riferimento faccia peggio dei Treasury e una probabilità del 33% che rimangano indietro rispetto all’inflazione fino al 2034.
Storicamente l’S&P ha fatto peggio dei Treasury a 10 anni solo il 13% dei periodi a 10 anni dal 1930 a oggi.

“Gli investitori dovrebbero essere preparati a rendimenti azionari nel prossimo decennio che si avvicineranno all’estremità inferiore della loro tipica distribuzione della performance”, ha scritto il team di strategist di Goldman Sachs capitanato da David J. Kostin.

Il boomerang dell’elevata concentrazione

L’emergere di una manciata di mega cap tecnologiche, con colossi quali Apple, Microsoft e Nvidia che veleggiano ben oltre i 3mila miliardi di valore di mercato, potrebbe non essere più un punto a favore dell’S&P500. L’analisi storica induce infatti a prevedere che sarà estremamente difficile che questi colossi mantengano alti livelli di crescita dei ricavi e dei margini di profitto a lungo. Un problema che riguarderà tutti gli indici altamente concentrati. “Il rischio di marcati altamente concentrati non è sempre riflesso nelle valutazioni”, avvisa Goldman che si aspetta che l’S&P 500 equal-weighted (tutti i titoli dell’indice con lo stesso peso a prescindere dalla market cap) sovraperformi il benchmark ponderato per la capitalizzazione di mercato nel prossimo decennio a un ritmo annualizzato di 200-800 punti base.

L’S&P 500, se l’anno si chiudesse oggi, metterebbe a segno l’ottavo anno di sovraperformance sull’MSCI World negli ultimi 10 anni.

Una stima su cui si sofferma anche Gianni Piazzoli, chief investment officer di Vontobel Wealth Management sim, premettendo che nel breve le società americane continueranno secondo Goldman Sachs a registrare crescite degli utili robuste, in particolare gli utili per azione. Per questi ultimi dopo il +8% del 2024 seguirà un +11% nel 2025, sempre secondo la banca d’affari Usa.

I buyback di azioni proprie attesi poi nel 2025 a quota 1,15 trilioni di dollari (dopo 1.05 $tn nel 2024) sono una fonte di miglioramento degli utili per azione superiore alla crescita degli utili stessi, questo anche per via della “cassa” generata soprattutto dal big tech.

Discorso a parte su un orizzonte di 10 anni: occorre, stando all’analisi di Goldman, riflettere sul fatto che il mercato azionario dovrebbe vedere una crescita più omogena degli utili e nella prossima decade un indice equi-pesato farebbe meglio dell’indice S&P500. “Parte centrale dell’analisi verte sulle difficoltà di mantenere margini elevati per un lungo periodo senza che ciò attragga maggiore concorrenza o modifiche normative. Lo si vede dal grafico sotto sull’analisi storica”, indica ancora Piazzoli.

L’ultimo sondaggio di Bloomberg mostra che gli investitori si aspettano che il rally dell’azionario statunitense si protragga fino a fine 2024 con la forza dell’earning season che risulta l’elemento chiave rispetto a chi vincerà le elezioni presidenziali statunitensi o le mosse della Federal Reserve.