Istat: deficit-Pil peggiora al 12,1%, giù pressione fiscale
Italia: l’Istat annuncia dati deficit-Pil, saldo primario e saldo corrente, pressione fiscale. I conti pubblici si confermano una piaga per l’Italia
L’Istat annuncia un peggioramento nel rapporto deficit-Pil dell’Italia, nel corso del primo trimestre del 2023.
Così si legge nella nota diramata dall’Istituto di Statistica:
“Nel primo trimestre del 2023, l’indebitamento delle AP (amministrazioni pubbliche) in rapporto al Pil ha mostrato un peggioramento rispetto allo stesso trimestre del 2022 per la minore incidenza delle entrate, riflesso in una riduzione della pressione fiscale”.
Deficit-Pil peggiora nel I trimestre 2023, Istat: sale al 12,1%
Per la precisione, si legge nel rapporto dell’Istat, nei primi tre mesi di quest’anno il rapporto deficit-Pil dell’Italia si è attestato al 12,1%, rispetto all’11,3% dello stesso periodo del 2022.
Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato negativo, con un’incidenza sul Pil del -8,8% (-7,6% nel primo trimestre del 2022).
Negativo anche il saldo corrente, con un’incidenza sul Pil del -6,0%, rispetto al -5,9% del primo trimestre del 2022).
La pressione fiscale si è attestata al 37,0%, in riduzione di 0,9 punti percentuali su base annua.
Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato del 3,2% rispetto al trimestre precedente, mentre la spesa per consumi finali è cresciuta dello 0,6%.
La propensione al risparmio delle famiglie è stata pari al 7,6%, in aumento di 2,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
‘Sensibile rallentamento della dinamica dei prezzi’
L’Istat ha commentato i dati, sottolineando che se il potere d’acquisto delle famiglie è aumentato del 3,1% rispetto al trimestre precedente, è stato “grazie al sensibile rallentamento della dinamica dei prezzi”.
Per quanto riguarda invece la propensione al risparmio delle famiglie, “pur continuando il suo calo in termini tendenziali”, il dato ha messo in evidenza il primo rialzo “in termini congiunturali dopo diversi trimestri di diminuzione, attestandosi al 7,6%“.
In poche parole, le famiglie italiane hanno deciso di risparmiare di più, in una situazione economica caratterizzata ancora dall’ansia per l’inflazione a dir poco ostinata.
La quota di profitto delle società non finanziarie, si legge ancora nel rapporto Istat, è stata pari al 43,7%, in ribasso di 0,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, mentre il tasso di investimento delle società non finanziarie, pari al 24,0%, è diminuito di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Il rapporto deficit-Pil continua a confermarsi tasto dolente dell’Italia, alle prese anche con un rapporto debito-Pil che continua a essere ostinatamente alto.
Tarlo conti pubblici per l’Italia
Nel mese di aprile, i dati diffusi da Eurostat hanno messo in evidenza come, nell’intero 2022, il rapporto deficit-Pil dell’Italia sia stato il più alto, pari all’8% dell’Unione europea, a fronte di un deficit-Pil dell’intera area euro, scesa dal 5,3% del 2021 al 3,6% lo scorso anno.
Nel 2022, il deficit dell’Unione europea ha registrato invece una flessione dal 4,8% al 3,4%.
In quell’occasione, Eurostat aveva riferito anche che il rapporto debito-Pil dell’Italia, nel 2022, era stato pari al 144,4%, il secondo più alto nell’UE dopo quello della Grecia, pari al 171,3%.
Ma la beffa c’è anche in questo caso, visto che l’Italia starebbe rischiando di strappare alla Grecia il triste primato di paese più indebitato dell’Eurozona, in una situazione in cui l’ansia per il debito dell’Italia, e per tutti i paesi del blocco, è stata scatenata dai rialzi dei tassi anti-inflazione e al piano QT lanciati dalla Bce.
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Il miglioramento dei conti pubblici della Grecia era emerso in modo significativo già dai programmi di Stabilità riferiti al periodo 2023-2026 che sia Roma che Atene hanno presentato alla Commissione europea.
In base a questi piani, si prevede che il debito della Grecia, dopo essere sceso rispetto al Pil di 23,3 punti percentuali nel 2022, quando è calato al 171,3% del Pil, dovrebbe segnare ulteriori flessioni, fino al 162,6% a fine 2023, al 150,8% del Pil nel 2024, al 142,6% del Pil nel 2025 e al 135,2% del Pil nel 2026.
Anche il rapporto debito-Pil dell’Italia dovrebbe imboccare un trend ribassista, ma in misura decisamente inferiore, scendendo dal 144,4% del Pil del 2022 al 142,1% nel 2023, al 141,4% nel 2024, al 140,9% nel 2025 e al 140,4% nel 2026.