Fmi: alert emergenti con tassi Bce, Fed & Co. mai più ‘low for long’
L’Fmi presenta il New Normal: la vice direttrice Gita Gopinath parla della possibilità che i tassi di interesse a livello globale non tornino più “low for long”, come lo sono stati a seguito della crisi finanziaria mondiale. Motivo: il rischio di ulteriori shock dell’offerta. Il riferimento alla montagna di debiti pubblici, nel discorso proferito in Sud Africa, dedicato ai mercati emergenti.
L’Fmi, il Fondo Monetario Internazionale, rimane hawkish sul trend dei tassi di interesse a livello globale, lanciando un alert, in particolare, ai mercati emergenti.
E’ possibile che i tassi non riescano mai più a tornare all’era “low for long”, ovvero al periodo “bassi per tanto tempo” : livelli che erano stati assicurati dalla Fed, dalla Bce, dalla Bank of England e da tante altre banche centrali dei paesi avanzati nel periodo successivo alla grande crisi finanziaria globale del 2008, durante l’era dei tassi a zero o, addirittura, dei tassi negativi.
A presentare il New Normal è stata la vice direttrice generale dell’Fmi Gita Gopinath, che ha parlato in occasione della
Conferenza organizzata dalla South African Reserve Bank, banca centrale del Sud Africa.
Gopinath ha incentrato il suo discorso sulle sfide a cui i mercati emergenti come il Sud Africa hanno fatto fronte negli ultimi tre anni “turbolenti”: la “pandemia Covid-19, la guerra della Russia in Ucraina e una serie di eventi meteorologici estremi”.
In questo contesto, “i mercati emergenti hanno dimostrato di essere marinai esperti in acque agitate”, ma ulteriori ostacoli, secondo il Fondo Monetario Internazionale, sono all’orizzonte.
I tassi di interesse globali rischiano infatti di rimanere alti. Colpa dei rischi di nuovi shock dell’offerta:
quelli che si sono palesati con il reopening dell’economia successivo al lungo periodo di lockdown scattato con la pandemia Covid-19 e, successivamente, con la crisi energetica scattata con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio del 2022, e con le sanzioni imposte dall’Occidente contro Mosca.
Tassi più alti, punto di non ritorno? Le sfide per i mercati emergenti
Nel discorso dedicato ai mercati emergenti, la vice direttrice dell’Fmi Gopinath ha fatto riferimento a tre grandi sfide che queste economie dei paesi emergenti sono tuttora costrette ad affrontare.
In primis, le condizioni finanziarie globali, che si stanno facendo più difficili.
La seconda sfida è rappresentata dalla crescita della frammentazione geoeconomica.
La terza è il cambiamento climatico, che sta facendo salire i costi.
“Insieme, questi cambiamenti stanno trasformando il panorama economico, rendendo il mondo più volatile e più incerto”.
I rialzi continui dei tassi lanciati dalla Bce di Christine Lagarde, dalla Fed di Jerome Powell e da tante altre banche centrali del mondo (mosca bianca si conferma tuttora la Bank of Japan di Kazuo Ueda, con la sua politica ancora focalizzata sui tassi negativi), sono stati menzionati da Gita Gopinath in modo generico, senza nessun riferimento specifico.
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Impatto tassi Fed su rendimenti bond mercati emergenti
La Fed di Powell è stata tuttavia, sicuramente, quella chiamata maggiormente in causa, per l’effetto delle sue strette monetarie sui bond dei mercati emergenti.
Gopinath ha detto di prevedere a tal proposito “condizioni di accesso ai finanziamenti ancora sfidanti per i mercati emergenti“.
D’altronde, “nei 18 mesi da quando gli Stati Uniti (dunque la Fed) hanno dato il via al ciclo di restrizione aggressiva della politica monetaria, i rendimenti dei bond EM in dollari a lungo termine sono saliti, in media, di 200 punti base circa, l’emissione di bond sovrani e di corporate bond (in valuta estera) è scesa rispettivamente della metà e di 2/3, e i flussi di portafoglio verso i principali mercati emergenti sono calati in modo significativo”.
Shock offerta: potremmo non tornare a politica tassi low for long
“Andando avanti – ha continuato Gopinath – è probabile che i tassi di interesse reali di lungo termine ritornino a livelli più bassi”.
Tuttavia, la numero due del Fondo Monetario Internazionale ha avvertito per l’appunto che “un ritorno a un contesto di tassi di interesse globali bassi è tutt’altro che certo“.
Non poteva mancare, inoltre, il riferimento alla spina del debito pubblico e alle sue conguenze:
“Livelli di debiti già elevati a livello mondiale, combinati con una spesa pubblica significativa di cui c’è bisogno per sostenere l’invecchiamento della popolazione, mitigare i cambiamenti climatici, insieme alla possibile crescita della produttività supportata dall’AI (artificial intelligence) potrebbero esercitare una pressione rialzista sui tassi globali”.
“Ma anche se i tassi di interesse dovessero scendere, potremmo non ritornare ai ‘vecchi tempi’ di quei tassi ‘low for long’ che hanno prevalso dopo la grande crisi finanziaria”, ha fatto notare Gopinath.
Il motivo? “Abbiamo imparato in questi due ultimi anni che la curva di Phillips potrebbe non essere piatta in modo affidabile, e che gli shock dell’offerta potrebbero manifestarsi in modo più frequente”.
“Entrambe le lezioni – ha sottolineato l’economista – indicano un baratto inflazione-output più difficile per le banche centrali”.
E questo sinifica che le istituzioni “potrebbero reagire in modo più aggressivo rispetto al periodo precedente la pandemia al verificarsi di shock di offerta diffusi, allontanandosi, rispetto al periodo precedente la pandemia, dalle politiche monetarie eccessivamente accomodanti, nei casi in cui l’inflazione è inferiore di poco rispetto al target e i mercati del lavoro sono vicini a una situazione di piena occupazione”.