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Fed, Bce, BoE: l’outlook sui tassi terminali

12 Dicembre 2022 11:35

Fed e Bce attese al varco dai mercati, ma anche Bank of England (BoE), SNB (Swiss National Bank) e Norges Bank, banca centrale della Norvegia.

Sono cinque le banche centrali che faranno i loro grandi annunci sui tassi, nel corso della settimana che si è appena aperta: gli ultimi annunci del 2022, in vista di un 2023 che vede l’economia mondiale rischiare la recessione.

Gli economisti di ING Economics si sono già attivati, come molti altri, per sfornare le loro previsioni sull’entità dei tassi.

Nel caso della Fed e della Bce, il numero chiave è ’50’: le strette monetarie varate dalle due banche centrali dovrebbero essere infatti entrambe di 50 punti base, dunque di una entità inferiore ai precedenti rialzi di 75 punti base.

La Fed di Jerome Powell è reduce da quattro strette consecutive di 75 punti base, che hanno portato il costo del denaro Usa al top dal 2008, tra il 3,75% e il 4%.

La Bce di Christine Lagarde ha annunciato il 27 ottobre scorso un nuovo maxi rialzo dei tassi pari a +75 punti base, dopo quello storico, il primo di quell’intensità dalla nascita dell’euro, dello scorso 8 settembre.

In particolare, per effetto della mossa della banca centrale europea, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 2,00%, al 2,25% e all’1,50%.

Le aspettative dei mercati sono di un nuovo rialzo dei tassi da parte di Lagarde & Co., nell’imminente meeting di giovedì 15 dicembre, di almeno 50 punti base, dopo le strette che hanno portato i tassi (sui depositi) a salire dal -0,50% di giugno all’1,5% a ottobre.

ING: outlook tassi Fed

Dopo 375 punti base di rialzi dei tassi dal mese di marzo, incluse quattro strette consecutive di 75 punti base, la Federal Reserve è giunta alla conclusione che è arrivato il momento di procedere con rialzi di entità minore”.

Il riferimento è al discorso che giorni fa è stato proferito alla Brookings Institution dal presidente della Fed, Jerome Powell:

“Ha senso moderare il ritmo dei rialzi dei tassi di interesse”, ha detto Powell, proferendo la frase magica che i mercati di tutto il mondo si aspettavano di sentire: l’intensità delle strette monetarie della Federal Reserve, ha ammesso il timoniere della banca centrale americana, “potrebbe essere moderata già nella prossima riunione del Fomc (il braccio di politica monetaria della Federal Reserve)”, ovvero quella che è in calendario domani e dopodomani, 13 e 14 dicembre.

Va detto che tuttavia il banchiere centrale aveva in precedenza avvertito che i tassi sui fed funds sarebbero saliti probabilmente fino al 5% se non oltre, al fine di sconfiggere la piaga dell’inflazione. E che da più parti, a iniziare da Elon Musk fino ad arrivare a Peter Schiff, Chief Economist & Global Strategist di Europa.com e fondatore di SchiffGold.com, avevano lanciato a tal proposito diversi alert crash .

In questo contesto ING ha scritto anche che “il mercato dubita che l’obiettivo della Fed e il recente calo dei tassi dei Treasuries e del dollaro stiano mettendo a repentaglio la determinazione della Fed a sconfiggere l’inflazione. I funzionari continuano infatti a cercare di convincere il mercato sul fatto che il tasso terminale sarà superiore al valore indicato a settembre, ma i mercati stanno facendo orecchie da mercante  concentrandosi sui dati che segnalano un rallentamento dell’inflazione e sulla sensazione che la recessione sia dietro l’angolo”.

Un equivoco? Il rischio c’è.

Sebbene concordiamo sul fatto che nella seconda metà del 2023 ci saranno tagli ai tassi, crediamo anche che ci sia il rischio di una risposta più aggressiva, nel breve termine, all’inflazione, con un margine potenziale di rialzo rispetto alle nostre previsioni di rialzi di 50 punti base nei meeting di dicembre e di febbraio. Potremmo anche assistere alla decisione della Fed di procedere a una velocizzazione dello smobilizzo degli asset presenti nel suo bilancio, allo scopo di rendere più ripida la curva dei rendimenti dei Treasuries sui livelli più alti”.

ING: outlook tassi Bce

Che dire invece della Bce?

ING ha fatto notare che l’inflazione dell’Eurozona è vicina al suo picco, sempre che i prezzi energetici non tornino a salire l’anno prossimo”. Detto questo, “la strada verso il raggiungimento del target del 2% della Bce sarà lunga e accidentata”.

I dati diffusi di recente hanno confermato che la crescita dell’inflazione ha rallentato il passo, di fatto, anche in Eurozona, con l’indice dei prezzi al consumo cresciuto a novembre del 10,0% annuo, rispetto al 10,6% di ottobre e al 10,4% previsto dagli analisti.

Si tratta di un ritmo di crescita ben superiore, tuttavia, al target sui tassi della Bce, pari al 2%.

Attenzione inoltre all’alert di Mazziero Research sull’inflazione in Italia.

ING spiega che il trasferimento dei prezzi del gas all’ingrosso, così come anche le aspettative sui prezzi di vendita tuttora elevate suggeriscono che le pressioni inflazionistiche persistono e che “potrebbe volerci fino al 2024, prima che l’inflazione torni al 2%”.

Questo significa che, per la Bce, il lavoro non è ancora finito. Allo stesso tempo, la recessione imminente, il rischio di una debole ripresa e l’aumento dei debiti governativi stanno facendo avvicinare la Bce a un punto in cui i rialzi dei tassi rischiano di diventare troppo restrittivi. Di conseguenza, noi stimiamo che la Bce porti il tasso sui depositi al valore terminale del 2,5% nel primo trimestre del 2023 e che la riduzione del bilancio, ovvero la riduzione del portafoglio di bond (BTP inclusi) della Bce possano diventare il principale strumento della Bce per combattere l’inflazione”.

Il riferimento è al QT-Quantitative Tightening, la grande minaccia che incombe in particolare sui BTP e su tutti i titoli di stato di quei paesi dell’area euro fortemente indebitati.

ING: outlook tassi Bank of England (BoE)

Per quanto riguarda la Bank of England, ING fa notare che, nonostante la stretta monetaria di 75 punti base di novembre, la banca centrale “ha fatto capire in modo molto chiaro che si è trattato di una mossa straordinaria, e che gli investitori stanno prezzando eccessivi rialzi dei tassi”.

Va detto,  proseguono gli economisti, “che gli ultimi dati sono stati lievemente hawkish, e che la banca centrale è consapevole del rischio che l’inflazione nel settore dei servizi e nelle dinamiche salariali potrebbe scendere solo gradualmente, nonostante l’arrivo della recessione. Allo stesso tempo, il budget di autunno del Cancelliere dello Scacchiere ha fatto forse abbastanza per dare rassicurazioni alla BoE sul fatto che la politica fiscale e la politica monetaria stiano andando nella stessa direzione visto che, anche se gran parte della batosta fiscale è stata rimandata ai prossimi anni, il governo ha comunque ridotto gli aiuti contro il caro energia previsti l’anno prossimo per le famiglie”.

Di conseguenza, “prevediamo strette monetarie di 50 punti base sia a dicembre (questo giovedì 15) che a febbraio, fino ad arrivare al picco dei tassi del 4%. Inoltre, essendo improbabile che l’offerta di lavoro diventi meno rigida l’anno prossimo, a fronte di una crescita dei salari destinata dunque a rimanere più alta rispetto a quella delle ultime recessioni, sospettiamo che il primo taglio dei tassi da parte della BoE non si presenterà fino al 2024, e che si manifesterà soltando dopo la Federal Reserve”.