Banche centrali divise tra inflazione e crescita economica. Si va verso aumento tassi di 50 punti base
Ci avviciniamo alla fine dell’anno e se da una parte i cittadini si preparano a festeggiare il Natale e l’inizio dell’anno nuovo, dall’altro le Banche centrali rimangono impegnate. Nella prossima settimana, infatti, tutte e tre le principali banche centrali occidentali: la Fed, la Banca centrale europea (BCE) e la Banca d’Inghilterra (BoE), annunceranno le loro decisioni di politica monetaria, le ultime mosse del 2022.
In quest’ottica, il consensus degli analisti raccolto da Bloomberg stima che tutte e tre le Banche centrali aumenteranno i tassi di riferimento di 50 punti base, ma le ragioni di questa scelta differiscono da un caso all’altro, vediamo quali.
Fed: pronta a portare il tasso oltre il 4%
Nelle ultime settimane abbiamo avuto numerose dichiarazioni di diversi esponenti del board americano e il risultato di questi interventi evidenzia come sia sempre più probabile un rialzo dei tassi di 50 punti base nella prossima riunione del FOMC in programma il 13-14 dicembre, un valore ben al di sotto dei precedenti rialzi di 75 punti base.
Tuttavia, secondo Christian Scherrmann, economista statunitense di DWS, un rialzo da 50 punti base non deve essere visto come un cambiamento della Fed verso una posizione di politica monetaria più dovish. L’inflazione infatti rimane troppo alta e il mercato del lavoro è ancora troppo forte, con l’offerta e la domanda troppo squilibrate, tutti elementi che impedirebbero alla Fed di abbassare la guardia.
In particolare, per la Fed rimangono questi i principali fattori da monitorare: l’inflazione che nonostante nelle ultime rilevazioni abbia mostrato un rallentamento, rimane ad un livello estremamente elevato, +7,7%; ma soprattutto la tenuta del mercato del lavoro che rivela come vi siano ancora 1,6 posti di lavoro vacanti per ogni disoccupato e questo significa che la domanda di lavoro rimane forte, con i salari che aumentano di oltre il 5% all’anno. Come osserva Christian Scherrmann “questa è una configurazione tutt’altro che incoraggiante per l’economia americana”.
Un minor rialzo non indica una Fed colomba
L’obiettivo della Fed è quello di domare l’inflazione danneggiando il meno possibile l’economia e la società, ma questa lotta avrà i suoi costi e secondo l’analista di DWS “le proiezioni economiche della Fed nella prossima riunione di dicembre rifletterà questi costi, oltre che la disponibilità ad accettare una crescita inferiore e tassi di interesse più elevati nel 2023″.
In tal senso, il dot-plot della Fed, ovvero le previsioni dei vari membri della banca centrale americana sulla traiettoria dei tassi di interesse statunitensi, secondo gli analisti di DWS mostrerà con tutta probabilità un tasso di picco leggermente superiore al 5,0%, mentre la crescita economica per l’anno prossimo potrebbe essere declassata a meno dello 0,5%, poco al di sotto della previsione di recessione.
Da questo punto di vista, secondo l’analista di DWS “mantenere un atteggiamento falco di fronte a una lieve flessione dell’inflazione potrebbe servire a diversi scopi, infatti, se i tassi di interesse rimarranno elevati fino al 2023, si potrebbe garantire che l’inflazione rimanga bassa negli anni successivi”.
Per questo motivo, solo nel 2024 i membri del FOMC indicheranno probabilmente le loro aspettative di normalizzazione della politica monetaria e a quel punto saranno probabilmente previsti dei tagli ai tassi di interesse.
Gli investitori non dovrebbero quindi entusiasmarsi troppo per i minori rialzi della prossima riunione, infatti, questo non indica che la Fed inizierà ad allentare la politica per aiutare la crescita o che stia tornando alla cosiddetta “Fed put”.
BCE: atteso aumento di 50 punti base
È probabile che anche la Banca Centrale Europea, in occasione della riunione di giovedì 15 dicembre, si muova in direzione di un rialzo dei tassi, ma dopo i recenti due aumenti di 75 punti base dei tassi di interesse di riferimento, gli analisti di DWS si aspettano che a dicembre tutti i tassi di interesse di riferimento vengano aumentati solo di 50 punti base.
Da questo punto di vista, Ulrike Kastens, Economista Europa di DWS, si aspetta che a partire dal secondo trimestre del 2023 “i reinvestimenti dal programma di acquisto di attività (APP) vengano ridotti del 50%, ma l’impatto sul bilancio della BCE sarà probabilmente piuttosto ridotto, poiché non ci aspettiamo né vendite attive di obbligazioni né modifiche al Programma di acquisto di emergenza per le pandemie (PEPP), i cui reinvestimenti rappresentano un backstop in caso di stress di mercato e durano almeno fino alla fine del 2024″.
Inoltre, a dicembre la BCE presenterà per la prima volta le sue proiezioni di crescita e inflazione fino al 2025. In tal senso, “nonostante l’indebolimento della crescita, l’inflazione nel 2023 e nel 2024 sarà ben al di sopra dell’obiettivo di inflazione della BCE e questo richiede un orientamento di politica monetaria restrittivo, che a nostro avviso richiederà ulteriori aumenti dei tassi di interesse di 100 punti base nei prossimi mesi”, commenta Ulrike Kastens.
Regno Unito già in recessione, BoE verso aumento da 50 pb
Anche la Banca d’Inghilterra (BoE) si riunirà il 15 dicembre e gli analisti si aspettano un rialzo di 50 punti base. In Inghilterra attualmente il tasso d’inflazione è pari all’11,1% annuo, un valore ben al di sopra di quello dell’area dell’euro e degli Stati Uniti, con le pressioni sui prezzi che sono ampiamente diffuse in tutte le categorie del paniere di consumo.
Questa situazione si riflette anche nell’elevato numero di scioperi, con i dipendenti che non vogliono accontentarsi di aumenti salariali inferiori al tasso di inflazione. Allo stesso tempo, come avverte Katrin Loehken, economista britannica di DWS, “il Regno Unito si trova già in recessione, poiché il calo dei redditi reali deprime la domanda interna e i precedenti aumenti dei tassi di interesse di riferimento si ripercuotono sull’economia”. Allo stesso tempo il mercato immobiliare si sta raffreddando rapidamente e le aspettative di inflazione sembrano essersi almeno stabilizzate.