Debito Usa: downgrade rating anche senza default?
Tetto debito Usa e ansia default: il rischio del downgrade sul rating
Tetto debito Usa, default Usa, data X, downgrade rating: sono questi i termini che stanno tenendo l’America e il mondo intero con il fiato sospeso.
Fino a che punto gli Stati Uniti rischiano di fare default sul loro debito, e quali sarebbero le conseguenze di un mancato accordo tra la Casa Bianca e i Repubblicani sull’economia e sui mercati? Pessime, secondo molti.
Non è detto che accada, visto che le controparti, la storia insegna, sono riuscite a trovare spesso un accordo in extremis.
Le ultime dichiarazioni che sono state rilasciate sia dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden che dallo Speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy lasciano sperare nel raggiungimento di un’intesa volta ad aumentare o sospendere il tetto sul debito Usa entro l’imminente data X del prossimo 1° giugno.
“Credo che non ci sarà un default sul debito“, ha affermato McCarthy, facendo notare che le trattative serrate stanno continuando.
Più fiducioso nell’esito positivo dei negoziati è anche il presidente Joe Biden che, parlando dalla Casa Bianca, ha detto di credere che un accordo ci sarà, “in quanto non ci sono alternative”.
LEGGI ANCHE
Tetto debito Usa, McCarthy e Biden: Niente default, non ci sono alternative
Rischio default. E non è detto che un accordo risolva le cose
Più volte nei giorni scorsi un alert sul rischio che il tetto sul debito Usa non venga alzato è stato lanciato da più parti, in primis dal segretario al Tesoro Janet Yellen.
In una lettera recente inviata al Congresso americano, Yellen ha avvertito che “aspettare fino all’ultimo minuto per sospendere o aumentare il tetto sul debito può provocare un danno grave alla fiducia delle imprese e dei consumatori, far salire i costi di finanziamento di breve termine dei contribuenti, e avere un effetto negativo sul rating degli Stati Uniti”.
Ma siamo sicuri che un’intesa, a questo punto destinata a confermarsi comunque un accordo all’ultimo minuto, riesca davvero ad azzerare le preoccupazioni sul debito made in Usa, riuscendo a preservare quei rating Tripla A di Moody’s e Fitch di cui l’America continua (nonostante tutto) a beneficiare, dopo la bocciatura shock, nel 2011, di Standard & Poor’s?
A non essere certi dell’impatto positivo che una stessa intesa avrebbe sui fondamentali dell’economia americana, sono gli analisti di Wall Street interpellati da Sam Sutton, come riporta l’articolo pubblicato su Politico.com.
Anche un accordo su debito Usa potrebbe affossare i mercati
“Why a debt limit deal could sink the financial markets“. Ovvero: “Perchè un accordo sulla soglia del debito potrebbe affondare i mercati finanziari”.
“E’ imbarazzante che un paese arrivi a questo punto”, ha detto Jenny Johnson, direttore generale e ceo del gigante dei fondi di investimento Franklin Templeton, in un’intervista rilasciata a Politico nel corso di una conferenza che si è tenuta a Manhattan, New York, nella giornata di ieri.
Sebbene creda che alla fine le controparti arriveranno a una intesa e che gli Stati Uniti continueranno a dominare i mercati finanziari mondiali, Johnson ha fatto notare che il ripetersi di questi drammi sta erodendo la fiducia degli investitori, in un momento in cui, con la crisi delle banche scatenata dai casi SVB- Silicon Valley Bank – e Credit Suisse: , e continuata con il fallimento anche di First Republic, con l’inflazione che rimane ben lontana dai desiderata delle banche centrali, ci mancava soltanto questa impasse a rendere più complicato il quadro.
L’eventuale raggiungimento di una intesa, inoltre, potrebbe avvenire soltanto se le richieste di tagli importanti alla spesa federale Usa avanzate dai Repubblicani venissero accolte dalla Casa Bianca.
In quel caso, la prospettiva dei tagli potrebbe innervosire ulteriormente i trader, gli economisti e gli strategist di colossi del calibro di Morgan Stanley, JPMorgan e Bank of America , che già hanno sfornato outlook che non promettono nulla di buono sia per i mercati, che per l’economia americana.
E si sa, in casi di recessione l’ultima cosa che serve è mettere un freno alle spese del governo, e frenare dunque ulteriormente gli investimenti pubblici.
Caso Obama: S&P strappò tripla AAA anche con intesa
E’ quanto accadde, ricorda Politico, nel 2011, quando l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama e i Repubblicani riuscirono a raggiungere un accordo due giorni prima della X-data, ovvero della data X.
“Fu quasi paradossale, ma il mercato azionario, lo S&P 500, scese dopo l’intesa sul tetto del debito”, nel 2011, ha commentato Mike Reynolds, vice direttore generale della strategia di investimenti presso Glenmede.
Di fatto, nel 2011, ai tempi dell’amministrazione di Barack Obama, le azioni Usa iniziarono a perdere terreno alla fine di luglio, 10 giorni circa prima della data X, allora rappresentata dal 2 agosto – per continuare a scendere fino a quando Obama e i Repubblicani annunciarono l’intesa, il 31 luglio di quell’anno.
I sell sui mercati, tuttavia, non si fermarono lì.
Due giorni dopo la firma di Obama, Wall Street soffrì le perdite peggiori dalla crisi finanziaria, con i trader che capirono che quella intesa si sarebbe tradotta in grandi tagli alle spese, che avrebbero ulteriormente eroso i fondamentali dell’economia americana, ancora in difficoltà a quei tempi.
Non per niente, il 5 agosto arrivò l’annuncio storico dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, che tagliò la valutazione sul debito americano, mettendo ulteriormente sotto pressione l’azionario.
La morsa della volatilità si fece più stretta e il trend del mercato azionario non tornò positivo fino all’anno successivo. La mossa di S&P privò il rating Usa della massima valutazione “Tripla A”:
“We have lowered our long-term sovereign credit rating on the United States of America to ‘AA+’ from ‘AAA’ “, annunciò Standard & Poor’s il 5 agosto 2011.
Debito Usa: rischio downgrade rating agitato da Fitch
Intervistato anche lui da Politico Richard Bernstein, ex responsabile strategist della divisione di investimenti di Merrill Lynch, ha detto di ritenere che la possibilità di un downgrade sul rating Usa sia oggi superiore al 50%.
E va detto che il rischio di un downgrade non è stato ignorato dalla stessa Yellen e da altri funzionari dell’amministrazione Biden, che avrebbero parlato dello spettro di una bocciatura con vari esponenti del Congresso.
Vale la pena ricordare a tal proposito l’alert lanciato all’inizio di marzo dall’agenzia di rating Fitch (che, insieme a Moody’s), continua a riconoscere al debito Usa un rating pari alla Tripla A.
“Siamo molto preoccupati questa volta”, ha commentato James McCormack, responsabile globale della divisione di rating sovrani di Fitch, in un’intervista riportata dalla CNN.
“Stavolta siamo più preoccupati”, ha ammesso McCormack, parlando del rischio di una perdita di fiducia da parte degli investitori.
“Il fatto che gli investitori debbano pensare a quel rischio (di default sul debito) non è proprio qualcosa che accade quando si guarda a un asset privo di rischio, giusto?”
Di conseguenza, anche nel caso in cui gli Stati Uniti dovessero schivare lo spettro del default, gli investitori potrebbero decidere di “riconsiderare” l’assunto secondo cui i Treasuries siano davvero asset privi di rischio.
La CNN ricorda che “l’America dispone di un rating sul debito perfetto da parte di Fitch e Moody’s, ma non per i fondamentali dei suoi conti pubblici. Questi già appaiono non in ordine e sono stati la causa principale del downgrade senza precedenti arrivato da S&P Global Ratings nel 2011. La montagna di debiti e di costi per gli interessi dell’America è solo peggiorata da allora”.
“Invece che sui fondamentali – ha ricordato la CNN – il rating a tripla A si basa davvero sullo status dell’America di paese dominante nel mondo finanziario. Il dollaro Usa è una riserva valutaria globale e i Treasuries Usa vengono visti dagli investitori alla stregua di asset privi di rischio, due caratteristiche che danno agli Stati Uniti una potenza di fuoco finanziaria senza eguali”. Almeno fino a oggi.