Dalla Fed un mini-bazooka contro impennata tassi repo. Ma Wall Street teme la fine dell’anno

La febbre repo che ha scosso Wall Street la scorsa settimana, costringendo la Fed di New York a intervenire quasi tutti i giorni sul mercato per iniettare liquidità al sistema finanziario, si è smorzata. Ma i dubbi e le paure su quanto è accaduto nelle sessioni precedenti rimangono. Rimangono anche perchè, nell’annunciare lo scorso venerdì l’ennesima sferzata per rimettere in moto il mercato interbancario, la Fed di New York ha comunicato, anche, che le iniezioni di liquidità continueranno. Il che significa, probabilmente, che le autorità monetarie temono che le impennate dei tassi repo verificatesi negli ultimi giorni possano ripresentarsi, con effetti a catena sui tassi sui fed funds.
Per questo, la banca centrale americana ha precisato che i contratti repo a 14 giorni verranno offerti alle banche anche nelle prossime settimane, per un valore aggregato di almeno $30 miliardi ciascuno. Altre operazioni giornaliere di repo, per un valore fino a $75 miliardi, proseguiranno almeno fino al prossimo 10 ottobre.
Queste misure saranno sufficienti? Un articolo dell’FT già rivela che a Wall Street si guarda con paura alla fine dell’anno, periodo in cui la capacità delle banche di erogare prestiti a breve termine è notevolmente ridotta, vista l’esigenza di fare un po’ di pulizia nei bilanci. Tanto che un banchiere senior di Wall Street ha sentenziato:
“Il danno è fatto. Il mercato è rimasto scottato. La Fed, a questo punto, dovrà concentrarsi su quello che accadrà alla fine dell’anno”.
L’articolo dell’Ft ripercorre quanto accaduto nei giorni scorsi, riprendendo le testimonianze degli addetti al settore: responsabili e analisti dei desk repo di diverse banche che lunedì scorso, come tutte le mattine, sono andati in ufficio per monitorare il mercato interbancario. Mercato in cui, ricorda l’FT, “banche e investitori si prestano tra di loro del cash in cambio di Treasuries e di altri asset sicuri, al fine di coprire necessità di finanziamento di breve termine”.
“E’ un mercato cruciale, ma non eccitante. Per lo meno, così dovrebbe essere”, si legge nell’articolo. E’ stato invece l’opposto la scorsa settimana quando, nell’arco di poche ore, il tasso repo overnight è schizzato dal 2,5% al 4%, per poi toccare il 7% e arrivare fino al 10% nelle prime ore di New York della giornata di martedì (si ricorda che il tasso repo overnight è il tasso che viene applicato a quelle operazioni di brevissimo termine, con cui chi è a corto di liquidità si rifornisce presso un’altra banca che ha una liquidità invece in eccesso e vuole trarre profitto nell’erogarla).
Tra i trader che non hanno creduto ai loro occhi per quanto stava accadendo c’è stato anche lui, Geoff Allen, del desk di Barclays di Times Square, a New York, intervistato dall’FT. Ma ce ne sono stati diversi, che hanno iniziato a preoccuparsi sul serio nel momento in cui hanno capito che le violente oscillazioni del tasso repo non avevano avuto un significato episodico, ma continuavano a ripresentarsi. Al punto da costringere la Fed a intervenire a sostegno dei mercati per la prima volta in un decennio, esattamente dalla grave crisi finanziaria mondiale degli anni 2007-2008. Dai tempi del crac di Lehman Brothers, insomma.
Diversi esperti del settore spiegavano come non ci fosse nessuna situazione di emergenza, come gli eventi fossero legati alla necessità delle aziende di drenare cash dal mercato monetario in vista di importanti scadenze fiscali e, anche, all’emissione di nuovi titoli da parte del Tesoro Usa, che avevano accelerato di colpo la presenza di bond nel mercato, facendo schizzare i rendimenti.
“Ma non importa quello che si dice in giro, la verità è che nessuno pensava che una cosa del genere sarebbe accaduta – ha detto all’Ft il responsabile dell’unità repo di un’altra banca – E’ stato pazzesco”. E sono in molti a ritenere che la Fed a questo punto dovrà prestare molta attenzione alla liquidità del mercato monetario, visto che, a loro avviso, la disponibilità di contanti si è comunque ristretta.
Una ragione ovvia è la decisione della Fed di procedere al cosiddetto Quantitative Tightening, ovvero di ridurre la quantità di Treasuries e di bond legati ai mutui che per troppo tempo – secondo alcuni – hanno gonfiato il suo portafoglio.
Lo smobilizzo ha provocato due conseguenze: 1) ha aumentato l’ammontare degli asset che gli investitori privati hanno dovuto comprare; 2) simultaneamente ha ridotto l’ammontare del cash che le banche parcheggiano presso la Fed. Tanto che viene fatto notare che le riserve totali delle banche sono scese quest’anno di $200 miliardi, a $1,46 trilioni.
Allo stesso tempo, a fronte dello smobilizzo di questi asset, il Tesoro ha ricevuto in cambio cash, drenando di conseguenza quella liquidità che era presente nel sistema.
Quando martedì i tassi repo sono balzati fino al 10%, la Fed è intervenuta con una iniezione di fondi di $53 miliardi, per decidere poi sempre in giornata di mettere a disposizione, per la giornata di mercoledì, finanziamenti fino a $75 miliardi per le banche. Che delusione assistere all’effetto contagio dei tassi repo sui tassi che la Fed prende in considerazione per orientare la propria politica monetaria, ovvero i tassi sui fed funds. Questi, per la prima volta in quattro anni, hanno sfondato il target della Fed (tra il 2 e il 2,25% prima che, qualche ora dopo, la Fed procedesse a un taglio di 25 punti al nuovo range compreso tra l’1,75% e il 2%).
“Una cosa straordinaria – ha commentato un altro responsabile della divisione del mercato monetario di una banca – La Fed ha appena perso il controllo della politica monetaria. In modo inequivocabile”.
A quel punto, in attesa della riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed- tutti i riflettori sono stati puntati sulla riunione della Federal Reserve e per l’annuncio sulla decisione sui tassi, previsto per le 14.15 ora di New York.
“Un altro taglio ai tassi di interesse Usa – al range compreso tra l’1,75% e il 2% – era ampiamente atteso – ha detto l’esperto. Ma i banchieri, gli investitori e gli analisti speravano che la banca centrale offrisse un’azione permanente, definitiva, per affrontare lo stress sul mercato repo, mentre invece il numero uno della Fed Jay Powell si è limitato a rassicurazioni sul fatto che la situazione sarebbe stata monitorata”.
“Poco più di un cerotto”, ha confermato all’FT Mark Cabana, strategist dei tassi di interesse presso Bank of America Merrill Lynch.
Fino a quando, lo scorso venerdì, oltre ad annunciare una ulteriore iniezione di $75 miliardi, la Fed ha comunicato un programma volto a garantire la liquidità al sistema, attraverso operazioni giornaliere, fino alla metà di ottobre. La speranza è che possa bastare.